L’inferno è qui e ora.
Posted on 21. apr, 2023 by L.P. in Argomenti
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Ho sofferto tanto la prigionia del Covid. A impormela leggi, se non decreti, che definire bislacchi sarebbe un errore. Quei divieti sono stati un’aberrazione del diritto, una tortura della civiltà, un’imposizione tirannica e inutile.
Oggi lo sappiamo per certo.
E, dicevo, l’ho sofferta tanto da sfidare l’Autorità facendomi multare perchè in giro, in un luminoso giorno di pasquetta, con la mia bici. Ricordo i grugni dei poliziotti decisi a fare giustizia, a violentare il ribelle, a sanzionarlo, con una spocchia mai più, probabilmente, mostrata ai veri delinquenti.
Ma sappiamo bene come sia facile la vigliaccheria del potente col debole e di come scemi, invece, di fronte al vero destinatario dell’ordine, dichiaratamente delinquente. L’approccio autorevole riesce meglio col presunto debole, che si becca la doppia dose di vigliaccheria, accollandosi anche quella destinata a chi la meriterebbe.
So, però, che la maggior parte degli italiani ha obbedito con convinzione, e qualcosa dovrà pur significare.
Il fatto è che quando a tiranneggiare sono leggi e decreti anonimi, il popolo si crede addirittura libero.
Quindi o delinqui o rientri nel plotone di quegli stupidi che si credono liberi perché esiste una legge, anonima, che li costringe a casa come in prigione.
Talchè mi vien da pensare che la libertà non sia affatto il bene supremo, desiderosi come siamo, in maggior parte, di regole, e quanto più sono ferree, tanto più ci sentiamo protetti.
D’altro canto il fiorire delle migliori idee difficilmente matura nelle democrazie, che garantiscono a tutti lo stesso livello di vita, per lo più basso o insulso. Le democrazie abbassano il livello medio strutturale del paese: ti trovi assessore un fesso qualsiasi che non ha né arte né parte, ministro un ex portaborse, e legislatore uno che non mette assieme due parole. E questo livellamento in basso, per forza di cose, impedisce l’ascesa del merito.
Per dirla diversamente, un politico di scarso valore, non si circonderà mai di persone di genio e di valore, ma soltanto di suoi pari che non gli facciano ombra. Oggi i politici sono tutti, per lo più, di scarso valore.
Chi vale vive di stenti, soprattutto psicologici e la ricchezza si distribuisce secondo regole malsane tese a favorire la vanità, i perdigiorno e gli inutili.
Ci ritroviamo città ricche e città povere, con le stesse abitudini, le stesse tendenze, le stesse vanità, solo distribuite a livelli diversi, economicamente parlando: al suv da 50.000 euro si sostituisce il suv da 100.000 euro, e null’altro.
Ma l’onta più insopportabile, oltre a quella di subire una legislazione indisponente, è quella di essere amministrati da persone che non hanno una virtù, una competenza specifica, una particolare attitudine.
Che siano i governanti o gli oppositori, assieme, mettono in scena uno scandaloso spettacolo che ci tocca subire perché propinato, alla fine, senza interruzione.
E io che pensavo che fra i supplizi dell’inferno ci fosse quello di essere costretti a leggere gli scrittori autodefinitisi tali. Macchè. L’inferno è qui e ora.
Porca miseria.
Esegesi di un decreto sindacale, con pernacchia finale.
Posted on 15. apr, 2023 by L.P. in Argomenti

Visioni.
Posted on 04. apr, 2023 by L.P. in Argomenti

Ai politici di oggi, non so fino a che punto anche a quelli di ieri, manca una visione del futuro. Tale deficit, che è di sostanza, non avendo nulla di utile per la comunità un politico che non ne abbia, insomma stanno lì per questo, è causato dalla impossibilità di avere due visioni contemporaneamente.
La visione che li sostiene è quella di se stessi: diventano consiglieri? E si vedono assessori. Da assessori si immaginano con la striscia tricolore. Da sindaci a Presidenti di regione e poi onorevoli, ministri e chissà qualcuno che ha una seria visione di se stesso, anche primi ministri.
Del resto chi mai dubita delle proprie capacità, soprattutto in un momento nel quale non se ne richiedono?
Ecco, forse una volta si riusciva a far coesistere le due visioni nella convinzione che, averne una buona del futuro, significasse poterne avere anche una di se stessi.
Vi renderete facilmente conto che, avendo in testa programmi ben precisi sul proprio personale futuro, che prevede, quali combustibili, ambizione e stipendio congruo, ma diavolo cosa cappero può importare se, per esempio, una città o una regione languono? In definitiva, e continuo con gli esempi, che un cantiere rimanga aperto, ma non operoso, per un tempo tanto indeterminato da sembrare immutabile, ma che gliene frega all’amministratore di turno?
Potenza e la Basilicata ne sono fulgido esempio.
Entrambe le amministrazioni nate sotto la stella illuminata e illuminante dell’epocale cambiamento, stagnano fra buchi finanziari e buche nelle strade;
fra sistemazioni di fedeli adepti (con riconoscimento doveroso e politicamente corretto anche di poltrone per gli avversari, che, sentitamente ringraziano e non fanno opposizione) e slogan rassicuranti (che, poi, rassicurano solo loro stessi); fra tavoli (si dice così, burple) e compromessi, percorsi e definitivi “detto questo”.
La scena è talmente scadente da preferire gli stucchevoli convegni di presentazione del tal libro o la partita del Potenza, con annessi rigori sbagliati, sempre dallo stesso calciatore che, evidentemente, sa davvero e sempre sbagliarli (l’importante è saperle prima certe cose per potersi regolare).
Dopo più di qualche anno di questa minestra, nonevèro, si potrebbe obiettare che, cavolo, uno pure può meritarsela qualcosa di meglio. E invece no! Stiamo pagando il conto di quella irresponsabilità civile che ci ha portati a mendicare una raccomandazione anzichè studiare di più e provare a meritarsela qualcosa.
I media, infine, sono davvero crudeli. Arrivano a parteggiare, quasi tutti, anche in zona, per una parte politica, per fini sicuramente non nobilissimi, ma di bottega, perpetuando quella mancanza di visione che dal politico si trasferisce, pari pari, all’informazione e poi alla cultura (quelle tracce rinvenibili) e alla conduzione di enti, club e associazioni varie (queste non mancano mai e sono come i quotidiani, letteralmente per lo più impalpabili).
Fortuna che esistono le letture buone, la Champions, la musica, i film, altrimenti varrebbe la pena di optare per una scelta minimalistica, tipo fare il barbone o clochard (a seconda se si è di destra o di sinistra, che balordi).
Il barbone, o clochard, ha di nobile, che, pur fra mille stenti, non alimenta questo sistema neanche con un nichelino di zio Paperone (fumetto statunitense, ma regolarmente tradotto in italiano, per la serenità di Ramelli), il che lo erige a eroe di questi tempi. Il secondo posto, in questa ideale classifica di eroi, va agli evasori e il terzo va ai disoccupati. Sarà per questo, e non per altro, che la nostra repubblica (tutti in piedi) è fondata sul lavoro.
Che roba.
L’arte di vivere precariamente.
Posted on 24. mar, 2023 by L.P. in Argomenti

Che a voi sembrerà pure comodo non avere regole e vivere in perenne precarietà. Eppure vi assicuro che è provante, difficile e infelice.
Basta dare un’occhiata a una giornata più o meno tipo di un terrone lucano come me.
Mi alzo di buon’ora perché da Potenza devo andare a Matera per una causa. Appena fuori di casa a darmi il buongiorno è il cantiere della torre Guevara, fermo da tempo, dopo aver ridotto i già esigui parcheggi e promesso mirabilie. Fermo, chiuso, come ogni opera pubblica italiana, a maggior ragione da Roma in giù, che si rispetti. Le motivazioni della chiusura non vengono rese pubbliche per il semplice fatto che dei cittadini non frega niente a nessuno, men che meno a quelli che campano, nel senso proprio di stipendio, per aver avuto il consenso dei potentini.
Vabbè, ci ho fatto l’abitudine, a quel triste macchinario fermo in mezzo al cantiere e anche alla recinzione che ogni tanto il vento forte mette a dura prova.
Dunque a Matera; prenderei il treno, quello ad alta velocità che ci mette mezz’ora, come un padovano qualsiasi che deve andare a Venezia, ma no, a me non spetta, perché generazioni di politici lucani, ivi inclusi primi ministri, ministri, vice ministri di lungo corso, non sono stati capaci di fare il miracolo, né, invero, ci ha pensato lo Stato di suo perché evidentemente aveva altro per la testa.
Quindi ci vado con la macchina. Parto presto perché l’unica strada che porta a Matera è una gimcana fra due e quattro corsie, con restringimenti, deviazioni e trucchi vari. Sono mesi e mesi che fanno lavori. Chissà quanto ci impiegheranno, e tutto perché i progettisti dell’epoca avevano la vista corta e immaginarono che un divisorio fra le corsie di marcia fosse un lusso inutile per quei contadini dei lucani.
Nota di colore, anzi note di colore: nel corpo delle carreggiate chiuse al traffico, quelle centrali, in genere, il manto stradale si è spaccato per far venire fuori ciuffi d’erba; credo si tratti di un messaggio della natura che, pare dire, alla fine vince sempre lei sull’uomo. Certo sembra di percorrere quelle strade abbandonate e ormai chiuse al traffico, in genere segmenti sostituiti da nuove curve o nuovi rettifili, dove l’erba pareggia i conti con la pavimentazione stradale, roba di quasi apocalittico, ma, diamine, siamo sempre in Basilicata, suvvia e quindi tutto va bene. L’altra nota è che a un certo punto ti trovi in un tratto di strada drittissimo, già completato, dove fanno un bell’effetto i cartelli stradali di limitazione della velocità a 40 KM all’ora. Si tratta, credo, di refusi (si può dire?) dei recenti lavori, non rimossi, forse, per vedere se un austriaco di passaggio non arrivi addirittura e comicamente a rispettarli.
Noi lucani, che abbiamo fatto il militare a Cuneo, nati, come dire, imparati, lo sappiamo e ce ne freghiamo, ma la sensazione che danno i segnali è che si tratti di un tratto di strada dove possono attraversarla gli elefanti o comparire fantasmi.
Alla fine si arriva a Matera, non rispettando i limiti e con un po’ di culo, in poco più di un’ora.
Devo andare in tribunale. Di fronte al palazzo di giustizia, tutti in piedi, c’è un grande parcheggio che non costringe alla bestemmia. O meglio, c’era. Oggi è tutto chiuso per lavori in corso. Non ci sono soluzioni alternative allo girare intorno e sperare che qualcuno esca di casa. Ovviamente lo trovo a un paio di chilometri in pieno divieto di sosta anche perché, pur distando non più di cento metri dal tribunale in linea d’aria, devo fare una specie di circumnavigazione della bella e desolata stazione. Ho una forma di sciatica che mi rende provvisoriamente e parzialmente disabile, ma chissenefrega, avranno pensato, che rimanessero a casa se non son capaci di camminare. Pregevole.
Alla fine comunque, essendo partito per tempo, quasi a presagire ostacoli di ogni sorta, arrivo più che in orario. Ora io ho un atteggiamento autistico nei confronti della puntualità. Soffro come un cane se non sono puntuale. Mi illudo che della stessa strana malattia soffrano gli altri terroni e puntualmente mi sbaglio. Specialmente se si tratta di magistrati.
Il magistrato, infatti, non è mai puntuale, perché sa che se non c’è lui la fiera non ha inizio. Non ho mai capito dove nasca una tale indifferenza per le esigenze degli altri, ma so che è ben radicata, tanto che quando ne trovi uno puntuale sei talmente sfigato che quella volta sei tu a non essere in orario, magari di cinque minuti, fatali, però, perché si proceda senza di te. E sì, perché un miracolo dei processi è che questi si celebrano quando dice il giudice e chi c’è c’è, chi non c’è si fotte. Questo è un motivo per il quale l’avvocato muore di infarto e il giudice mai. Ma tanto a chi frega? A nessuno, men che meno agli avvocati che della sudditanza al magistrato hanno fatto un credo, tante di quelle volte gli manchi di rispetto e ti fa perdere la causa, hanno il vizio di pensare, indifferenti beffardamente ai loro sacrosanti diritti.
Nel mio caso non sono capitato con l’eccezione e, dopo tre quarti d’ora di ritardo, il giudice ancora latita, mentre gli avvocati scalpitano senza polemizzare. Io vorrei restare, ma alle undici ho un’altra causa a Potenza, devo decidere quale causa affidare a un delegato, ma partono i nervi e decidono loro: a Matera non aspetto più, corro a Potenza. Viaggio inutile, insomma, e solo per la mancanza di puntualità del magistrato, che, chissà, forse stava ancora decidendo quali calze indossare.
Avrei voluto aspettare, dicevo, per porgere al magistrato le mie scuse per essere arrivato in anticipo, come dicevo a una compagna di scuola che arrivava sempre con un quarto d’ora di ritardo e che era così carina che neanche i professori più grevi e burberi la rimproveravano. Roba da non credere, non stessimo al sud.
E fin qui ce ne è abbastanza per cominciare a capire quanto costi vivere precariamente nella parte bassa della penisola.
Insomma mi rimetto in macchina e via, verso la giustizia potentina, immemore di quella materana e non per colpa mia.
Sulla Basentana ritrovo il sorriso, il panorama è bello, il sole caldo e luminoso e, poi, c’è il camion di tal Notaro di Saviano che sul retro ha scritto “che follia imitarci”, che mi costringe a 50 all’ora sulla corsia unica, quando, nonevèro, avrei tranquillamente toccato i cento, io che austriaco non sono; la bassa velocità mi spinge a scribacchiare su facebook, leggere le notizie e fischiettare una canzone. Roba da mille euro di multa, ma, insomma, ci sarà pure un vantaggio a essere terrone?
E alla fine, in perfetto orario, nonostante lavori in corso, magistrato non rispettoso, corsia unica, Notaro da Saviano, parcheggio inesistente, sono in Tribunale a Potenza, un eroe, insomma, irrispettoso delle norme, e meno male, chè altrimenti i clienti mi citavano per danni.
Sì, questa è la vita di un terrone, costretto alla precarietà perenne, sconfitto quotidianamente dalla tracotanza di chi può, coi pochi mezzi che la Basilicata offre, facendo quello che tanti altri fanno meglio, più facilmente e meglio pagati, nel resto d’Italia.
Vero non ho regole e quando incontro l’austriaco di turno, a Villach, che limita la velocità a sessanta solo perché lo dice un cartello, rido e penso ai cartelli scherzosi, residui di un cantiere, della mia terra e dico che anche loro, forse, dopo una settimana di Basilicata capirebbero che se non ti arrangi semplicemente non vivi.
Qui, se rispetti le regole, loro non rispettano te. Qui sei sempre un suddito con più di un re, che sia un politico, un magistrato o uno molto ricco. Qui, dove la precarietà è la regola, non ci sono servizi pubblici ma il da fare è lo stesso che altrove, o sei un fuori legge o esci pazzo. Sarà per questo che “potete fare le leggi che volete, tanto chi se ne frega? è il refrain non cantato dei meridionali; insomma, pareggiamo prima i conti col nord e poi vedremo cosa si può fare. O no?
26 centesimi per il servizio più due euro per la banca, un mesetto di attesa e il certificato è tuo.
Posted on 15. mar, 2023 by L.P. in Argomenti
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Viviamo una stagione, nonevèro, in cui il progresso macina chilometri su chilometri, si dimostra infaticabile e detta nuove norme comportamentali di tutto beneficio per l’umanità.
Al Comune di Potenza, infatti, non si fanno più le file agli sportelli, il che costituisce una conquista di civiltà, cavolo. Certo mancano le chiacchiere e le relazioni che una fila stimolava, tipo il “Ah!, sti socialisti” di una volta, ora devi raccontartelo da solo mentre, che so, vedi il TG e sfila un politico.
Le file allo sportello sono state sostituite dagli accessi telematici che funzionano pressapoco così:
il 28 febbraio fai la tua bella richiesta di un certificato, tipo di residenza, specificando che il certificato va rilasciato in carta libera, cioè senza la vecchia marca da bollo.
Dopo 17 giorni, che non sono uno scherzo, ma neanche l’eternità, suvvia, brontoloni del piffero, il Comune si ricorda di te e ti scrive una bella letterina, recapitata con tutte le cerimonie che una pec comporta, dove più o meno leggi che per il rilascio del certificato, sebbene esente da bollo, bisogna pagare i diritti di segreteria, e ci mancherebbe, non fosse che per la solerzia, pari a ben 26 centesimi. La richiesta che, alla fine, è ingiusta, ma non esosa, però va assolta attraverso un bonifico o bollettino postale, che comportano una spesa che va da un euro a due euro, importo che intascano le banche. Cioè la meccanizzazione a me, cittadino, comporta solo un tempo di rilascio di, finora, 17 giorni, ma che diventeranno chissà 25, 30, boh, e alle banche un cospicuo e ingiusto gruzzoletto. Una mediazione bancaria imposta come quando eri piccolo e il medico ti introduceva la supposta. Dire che sono soldi rubati è reato? Non lo so, ma è un cincinin liberatorio.
Nella lettera che ti avvisa dell’obolo bancario, ti si dice anche che per ritirare il certificato allo sportello, quando sarà pronto, non viene infatti indicata una data perchè cazzo non sappiamo neanche se arriviamo a domani, diamine, occorre prenotarsi telefonicamente, altrimenti …. boh! Ovvio che al telefono non rispondono neanche se ti raccomandi al Padreterno (giuro ho testato il servizio personalmente e non mi hanno risposto in un arco di oltre un’ora), quindi occorre sperare che il certificato ti venga recapitato per pec. E dico sperare perchè la comunicazione non dice niente. Quando?
E che palle, sempre con questa fretta.
Ma la meccanizzazione, se non sveltisce, e non sveltisce, anzi, perbacco, rallenta in maniera spericolata, se non fa risparmiare, se fa guadagnare solo le banche, che già, poffarbacco e baccone ti spellano di loro, a cosa piffero serve?
Mistero dei misteri.
Ora la domanda più pertinente è: funziona così solo il Comune di Potenza o tutti i comuni d’Italia funzionano così?
Ho la prova che molti Comuni non chiedono soldi, alias marchette bancarie o per diritti di segreteria, e rispondono nel giro di un paio di giorni massimo.
C’era un sistema che funzionava, per la verità, gratuito e velocissimo e quindi è stato prontamente dismesso. Non sia mai che una cosa funzioni bene in Italia. Quindi, ciccia.
L’Italia prona subisce e il Comune di Potenza si sta specializzando in cilentanizzazione dei comportamenti, cioè, con calma, per piacere, seppur pagando e quando cazzo ci piace a noi.
Che dire? Niente, solo che cotanto efficiente scassamento del sistema riproduttivo è nel suo genere un’eccellenza.
Viva il Comune di Potenza, esempio di pubblica amministrazione efficiente, dove la burocrazia ha i connotati delle officine di un tempo, quando entrarvi comportava una buona dose di coraggio e una pazienza biblica, e dove o si è soddisfatti o non si è rimborsati.
Per dire, of course.
E il ministro ordinò: cagatevi addosso.
Posted on 09. mar, 2023 by L.P. in Argomenti

Allora, dobbiamo farli cagare sotto, in maniera tale che, poi, potremo chiedere loro di fare qualsiasi cosa. Vedrai, alla fine, pure ci sarà qualche frescone che fra due o tre anni, da solo nella sua autovettura, ancora indossa la mascherina. Le risate che ci faremo.
Possiamo farli stare a casa, qualcosa si inventeranno, che so, cantare e suonare sui balconi, hi hi.
E se qualcuno, solitario, andrà a correre sulla spiaggia, gli molliamo dietro poliziotti, carabinieri e guardia di finanza, ah!, cavolo, che goduria.
Ho sempre sognato di fare il bene del mio paese divertendomi come se gli italiani fossero tanti omini della Lego.
E poi, vuoi mettere, questo immane gioca jouer, che spettacolo:
Tutti a casa!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
mascherina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Lavare le mani!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Distanze!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Amuchina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
smart working!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Tachipirina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Vigile attesa
Paraparippipiripiripò Paraparippipara
Bravi, vedo che vi state divertendo, ma ora il ritmo incalza, facciamo un altro giro:
Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Di nuovo, Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
E’ bellissimo. Mamma come mi diverto.
Claudio Cecchetto – Gioca Jouer – YouTube
La parata
Posted on 18. feb, 2023 by L.P. in Argomenti
Se c’è una cosa di cattivo gusto è la parata che mettono in essere i politici quando si inaugura una nuova opera pubblica.
Portatori di sorrisi soddisfatti, con lo sguardo comprensivo di chi ha in agenda solo il bene della cittadinanza, sfilano davanti alle telecamere come attori protagonisti di un film premiato con l’Oscar.
Si danno appuntamento e non ne manca nessuno, ovviamente relativamente alla parte politica che governa al momento dell’inaugurazione.
La cosa che più che sconcerta, e che lascia davvero perplessi per la faccia tosta, è che i loro pistolotti, post o commenti che siano, lasciano trasparire come ogni merito sia il loro, finanche quando l’opera è stata ideata, progettata e finanziata con un’amministrazione di colore completamente diverso.
E’ quanto accaduto in queste ore a Potenza, con l’inaugurazione dell’apertura (era ora) del sottopasso della ferrovia che sbocca in via Mazzini.
Orbene quest’opera ha origine ben datata, non credo di sbagliare nell’indicare la giunta Santarsiero nell’organismo politico che ha avuto l’idea e ci ha messo tutto quello sforzo che occorre quando si crea un’opera pubblica. Un lavoro fatto di mediazioni fra amministrazioni, spesso sorde nel dialogo interistituzionale, di progettazione, insomma quello sforzo che normalmente si chiede a un’amministrazione e che ancora ci stupisce quando è rinvenibile.
La circostanza, or ora indicata, avrebbe dovuto imporre un atteggiamento meno spavaldo, da parte dei governanti di oggi, umile e soprattutto di riconoscimento dell’altruità dell’idea e della sua attuazione.
Garbo amministrativo, lo chiamerei.
A margine, comunque, della inopportunità della sfilata che ha visto anche politici che con l’opera davvero non ci azzeccano nulla, e che semmai, in un’altra epoca, l’avevano pure criticata.
Io avrei fatto qualcosa di molto sobrio con il riconoscimento, ufficiale, dell’altrui sforzo, dagli odierni amministratori soltanto, e con fatica, portati a compimento.
Ma io non sono buono per la politica, come disse un vecchio marpione, poi caduto in disgrazia, quindi quello che avrei fatto io non conta, e ci mancherebbe; conta la sfilata, i sorrisi soddisfatti, direi di persone sazie e pronte al ruttino per l’abbuffata di generosa dimostrazione della loro presunta e autocertificata competente operatività.
Colgo l’occasione per ricordare agli amministratori lo stato di abbandono in cui versa la città, nella quale ogni giorno si aggiunge una zona “a rischio”, di cui l’unico avviso è la presenza di qualche sbarramento arrugginito e una serie di strisce biancorosse che una volta poste, abbiamo la certezza che decoreranno il panorama per un periodo inimmaginabile, ma sicuramente più lungo del quadruplo del doppio del triplo e ancora del triplo, più le sospensioni per il cattivo tempo e i calli del capomastro, del tempo sufficiente a rimediare al pericolo.
E, a proposito, sarebbe possibile sapere perchè via della Pineta, a Potenza, non è più percorribile, visto lo sbarramento che fa solo presumere un qualche rischio? O è chiedere troppo? Insomma, non si può proprio passare o sono a rischio solo le autovetture?
Grazie per quanto saprete chiarire.
Bacioni, estensibili.
Fabrizio de André – La cattiva strada | Sub. Español (Testo) – YouTube
Una riforma da gustare.
Posted on 16. feb, 2023 by L.P. in Argomenti
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Imbattersi in un articolo di codice come modificato dalla cosiddetta riforma Cartabia è un’esperienza avventurosa.
All’italiano approssimativo si accompagna una genericità fuori da ogni immaginazione. Il legislatore, evidentemente, quando ha scritto le norme veleggiava con la mente su mondi insospettabili. La mia avventura è coincisa con il primo pratico impatto con l’art. 127 ter del codice di procedura civile, norma che, di fatto, abolisce le udienze civili da fare in presenza, secondo una decisione discrezionale del giudice, cioè secondo quello che passa per la mente del giudice, senza quindi essere costretti a trovarsi all’interno di una fattispecie specifica. Del tipo “vuolsi così colà dove si puote”.
Ma, perbacco, l’avvocato può opporsi! Eh eh! Non si capisce bene a cosa, ma questo è un dettaglio. L’esegesi più semplicistica porta a ritenere che l’opposizione riguardi la decisione di evitare l’udienza con la presenza fisica delle parti, sostituita con le famigerate note scritte (e che siano sintetiche, mi raccomando) ma è solo una deduzione. Se fosse appunto per opporsi alla trattazione scritta, ebbene, la nuova legge, scritta sicuramente da personaggi metà linguisti e metà giuristi, non specifica se basti o meno la semplice e formale opposizione a evitare la corrispondenza scritta o se non sia necessaria una forma di motivazione della richiesta. Di certo il giudice valuterà, cosa e secondo quali criteri non è dato sapere. Talchè è immaginabile che deciderà secondo quello che gli passa per la testa, tipo: quel difensore, sia esso maschio femmina ovvero altro, è carino, a, um, quindi facciamolo venire, oppure oggi sono proprio scocciato, a, um, quindi non mi alzo dal letto, che facciano le note scritte.
Il giudice, leggendo bene l’articolo, non dovrà giustificare la sua decisione, ma deciderà in conformità, giuro c’è scritto proprio così. Ora cosa possa significare in conformità è rimasto nella penna del legislatore che, secondo indiscrezioni, quando scrisse la bozza dell’articolo aveva dolore ai calli. Ovviamente nessuno ha poi corretto la bozza che è diventata definitiva e quindi legge. Tiè!
Chicca delle chicche, direbbe tal Michele A., il giudice deve decidere entro trenta giorni (termine ovviamente non perentorio, perchè ai giudici non si impone mai un termine, solo alle parti) anche un semplice rinvio, mentre se facesse l’udienza il rinvio te lo darebbe subito. Del tipo “come ti accorcio i processi”.
Ora so cosa mi aspetta. Lo studio di tutta la riforma Cartabia richiederà pazienza, intuito, immaginazione e una buona dose d’ironia.
Ah!, i legislatori di una volta, ma dove sono finiti?
Cartabia, una dei migliori del governo Draghi. E ho detto tutto.
Del che è verbale, non in presenza, of course.
Bacioni, estensibili in famiglia.
Il calcio secondo cantiere Aperto. La partita perfetta.
Posted on 13. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

Del Potenza, non posso parlare, dopo un primo tempo in cui è stato in balia del Picerno, ho cambiato canale.
Ma un esempio di calcio moderno, fisico, tecnico, serio, l’ha dato l’Atalanta sabato sera con la Lazio.
Nel corso di tutta la partita non ha avuto un calo fisico in nessuno degli undici. Una squadra corta dal primo al novantesimo, lucida, prestante, appassionata, una squadra che ha alternato giocate dei singoli a un giocate collettive. In ogni parte di campo c’era un atalantino in più di un laziale. Veloce, dinamica, aggressiva, palpitante, prolifica. Un gioco europeo, visto in Italia difficilmente. E di fronte non aveva una squadretta, bensì un fior di squadrone.
Calcio moderno, calcio spettacolo. E dire che ha giocato con due duemilatre fino a ieri sconosciuti e un altro sconosciuto pescato in premier.
Altra storia il Napoli che, oggi, è la squadra con il meccanismo più oliato, con la tecnica più raffinata e col gioco di squadra più collaudato.
Il resto delle squadre sono solo tentativi, a oggi, di giocare un calcio serio, ma più di qualcuna lascia ben sperare. Mi riferisco all’Udinese, al Sassuolo, all’Empoli e al Torino.
Avere un’idea di calcio, questa sembra la maggiore esigenza in Italia, proprio come in politica. Infatti in entrambi i casi si scimmiotta qualcosa di solo visto e neanche studiato.
Porca miseria.
Da Gramsci, passando da Berlinguer, a Benigni e Enogu.
Posted on 11. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

I pensatori della sinistra hanno subito una evoluzione (!) sistemica: da filosofi a pallavolisti, da storici a guitti. Di certo non è un fenomeno solo italiano, basti pensare a Zelensky per farsene una ragione.
Dalle nostre parti anche Grillo ci ha seriamente provato, riuscendoci pure. Insomma la tendenza è quella.
Coerentemente cambiano anche i palcoscenici: dalle fabbriche ai teatri, e non quelli dove si recita, ma quelli dove si canta.
Anche le ragioni della sinistra si sono, di stagione in stagione, immiserite. Dalla lotta per i deboli alle ciance dei benestanti, se non proprio ricchi.
E i nuovi pensatori pensano appunto bene di darmi del razzista. Dalla rete principale della TV, chissà, forse anche in mondovisione, una nera, sportiva-pensatrice, cresciuta e ben pasciuta in Italia, mi ha dato del razzista. Il solo fatto che le abbiano consentito di offendermi in diretta è di per sè razzista, per la verità, ma, perbacco, vi sembra razzista uno stato che concede la libertà a un nero di insultare milioni e milioni di bianchi?
La sinistra italiana, poi, si inventa insuccessi del governo in Europa e ne gode, quasi non fossero italiani anche loro. Mondo boia. Poi vai a scoprire le carte (basta una lettura congiunta e parallela di un quotidiano di sinistra e uno un pò più libero di testa), e scopri che non è neanche vero che l’Italia sia stata isolata. Cioè è stata isolata, svenduta e offesa, ma solo a Sanremo, nuovo ritrovo di quel che rimane dell’intelligenza di sinistra.
Brutta fine?
Ma no è l’evoluzione, quella che accantona le intelligenze e promuove i divi, ai quali è concesso di sparare cazzate; l’evoluzione che santifica la normalità (arriverei a dire banalità) del Mattarella esternatore ( di certo non quello politico, chè rimane uomo politico schierato, altro che garante), che glorifica le fissazioni di pochi e che prova a lavare i cervelli con una scadente propaganda dalle dimensioni gigantesche.
A sinistra, serve invece profondità, acume, trasparenza e quanto manca una sinistra seria.
A proposito sempre nel concetto di evoluzione della sinistra c’è la confidenza con le euro mazzette, il carcere preventivo e l’uso distorto del potere.
I divi a ridisegnare il pensiero e i politici a ingrassare le casse. Un binomio vincente? Non lo so, di certo un binomio caratterizzato dalla putrefazione. Sì, la putrefazione di ogni principio morale.
Da un neo razzista, battezzato tale da tal Enogu, una che ne capisce.
Il calcio secondo Cantiere Aperto. Potenza colabrodo, passeggia e perde malamente.
Posted on 05. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

Brutta crisi per il Potenza. Gli avversari ancora una volta hanno fatto un figurone, mentre i nostri prodi non hanno mostrato nè corsa, nè tecnica, nè impegno. È evidente che sono in crisi atletica, perchè quanto al tasso tecnico è sempre lo stesso.
Certo nove gol in due partite sono davvero tanti, da colabrodo, da cacciarli tutti. Insomma la gestione Macchia è cominciata in ripida salita.
Praticamente ha sbagliato tutto finora, ma non ci si inventa manager di calcio dall’oggi al domani, ci vuole tempo per tutto, soprattutto per trovare i collaboratori giusti, ci vuole esperienza e bisogna capirne di calcio. Sbagliare due allenatori su due, è un bel record e se ne occorre un terzo, sarebbe il caso che stavolta lo scegliesse qualcuno che ne capisce assai.
Ho visto l’Italia del rugby perdere con la Francia. Spettacolo ben diverso dal calcio. Nonostante per regola il pallone vada passato solo indietro, attaccano sempre, ogni azione tende a fare punti. Nel calcio, no. Esiste la tattica in base alla quale una squadra può decidere di impiegare il 60% del suo possesso palla per far finta di giocare senza tentare di fare gol. Due palle!
I tecnici più avanti sembrano Palladino, Motta e Zanetti.
il primo forse è anche il più moderno.
Se le grandi puntassero su di loro, forse sarebbe meglio, ma non hanno palle e quindi ciccia.
Il 41 bis e la pecorella smarrita.
Posted on 02. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

Il problema del carcere duro, quello del 41 bis famigerato, non è un problema di poco conto e non riguarda solo Cospito, ma riguarda tutti i condannati a tale tipo di pena.
Se il carcere ha funzioni rieducative e di reinserimento nella società, e questo è un principio di diritto, è facile concludere che il 41 bis va contro questo principio. Dovremmo chiederci, insomma, se è ammissibile negare ogni chance di redenzione a determinati criminali. Negarla comporta una specie di tortura col carcere duro a vita, senza alcuna speranza anche di un premio per condotta irreprensibile. Oltre che contro il principio suindicato la qualcosa sarebbe contro ogni principio cristiano.
Del resto il carcere duro è misura temporanea e prima o poi andrebbe revocata.
Ma tutto questo anche per un altro motivo: il carcere duro non serve a combattere la mafia, la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti. Si parla addirittura di un’evoluzione dei metodi mafiosi, tale da produrre attività imprenditoriali finanche apparentemente totalmente legittime, tale è il chirurgico o leninista inserimento sociale della mafia. Pensare di limitare la criminalità organizzata col 41 bis è pia illusione o un mezzo per far vedere alla gente che lo Stato fa qualcosa, sebbene, davvero riesca a fare tanto poco quanto niente.
La verità è che questo Stato, questa giustizia, non sono in grado di arginare il fenomeno malavitoso. Dovremmo ritenerci appagati del fatto che lo Stato di diritto ancora riesca a convivere con lo Stato della malavita, ma la verità è che non esiste affare lucroso che non sia a rischio contaminazione mafiosa.
Far finta di essere severi, con il carcere duro, è una manifesta confessione di incapacità di vincere la mafia.
Perchè, alla fine, siamo tutti un pò mafiosi. Quella tendenza alla scorciatoia, alla raccomandazione, alla corruzione, altro non sono che segnali di illiceità capillarmente diffusa, difficile da combattere se non riusciamo a metter su un Parlamento e un Governo, totalmente cristallini, tipo un parlamento di marziani, insensibili totalmente a qualunque richiesta che non sia prevista dal diritto. Quindi mi permetto di pensare che sia tutta una colossale presa in giro, dalla severità del carcere duro, alla responsabilità di chi ci governa, e questo dal 1946 in poi. Se in quasi 80 anni non si è stati capaci di estirpare il fenomeno mafioso vuol dire che non lo si vuole semplicemente fare.
Quindi, almeno, finiamola di fare i torturatori ed eliminiamo il carcere duro, chè non serve a niente se non a violare diritti umani da riconoscere a chiunque, anche ai mafiosi.
L’Oroscopo di Fred Mulligam. L’Ariete nel mese di febbraio.
Posted on 02. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

Da tempo hai smesso di sorridere, ti sei incupito e hai brutti presagi. Ma arrivano buone notizie. La luna, inciampata all’angolo del trigono con Venere, sbucciandosi le ginocchia ha sedotto Marte che, di conseguenza, torna a essere benigno coi nati del segno.
Sarà necessario, però, curare la pulizia delle orecchie in maniera certosina, magari perdendoci molto tempo, infatti sono in agguato germi pusillanimi dalla faccia torva, dediti alla proliferazione in habitat di cerume espanso.
Torna anche un pò di fortuna: esclusi rischi di pestaggio cacche e favoriti i parcheggi in centro.
Quanto all’amore bisogna che facciate attenzione: gli sguardi intensi potrebbero essere dovuti solo a miopia non al vostro fascino.
Più soldi, non escludo una vincita alla morra o un ambo sulla ruota di Torino.
Pensate in grande, comunque, nel prossimo mese sono favoriti i viaggi in provincia, lato mare, gli incontri e non escludo un invito al “Parente misterioso”.
Fred Mulligam, l’astrologo preferito da Nero Wolfe.
Teddy Thompson “Looking For A Girl” Live on Soundcheck – YouTube
Il calcio secondo Cantiere Aperto. Sprofondo Potenza.
Posted on 01. feb, 2023 by L.P. in Argomenti

L’Atalanta che si snatura e regala i due uomini migliori all’avversario, Lookman e Oylund, è la notizia del giorno. Sembra incredibile ma è andata così. Al posto dei due uomini del momento due sbiaditi Pasalic e Zapata. Un regalo all’Inter davvero inspiegabile. A volte gli allenatori pretendono di essere sempre e comunque determinanti e riescono a rovinare quello che pure hanno genialmente creato.
Il Potenza, invece, ne prende quattro, oltre due traverse e una manciata di ulteriori occasioni per un Avellino superiore, tecnicamente, tatticamente e fisicamente.
La squadra poi si offre, come usa oggi, alla curva per riceverne i fischi.
Quest’anno non ne hanno azzeccata una. Due tecnici che non hanno dato una personalità e un gioco alla squadra, oltre alla giusta benzina nelle gambe.
Anno da dimenticare, ammesso che finisca bene, evitando i play out.
Il calcio se non è spettacolo è indigeribile e una sconfitta, se non si gioca neanche bene e non si profonde tutto l’impegno possibile, è un supplizio.
Il calcio secondo cantiere aperto. Generazione emergente.
Posted on 29. gen, 2023 by L.P. in Argomenti

Il calcio di questa settimana ha già emesso, alle 18:00 un paio di sentenze: eccezion fatta per i big, e cioè Mourinho, Spalletti, Sarri e Gasperini, gli altri “vecchi” allenatori, come Pioli e Allegri, sono bell’e andati. La nuova generazione, targata Dionisi, Palladino, ma anche Zanetti e Sottil, nonostante squadre con un gap tecnico monumentale, si stanno dimostrando superiori.
Il Monza ha per lunghi tratti mantenuto il bandolo della partita passandosi sapientemente la palla, senza sprecarne una e cercando sempre di giocarla. La Juve è smarrita e senza un gioco. Uguale il Sassuolo col Milan.
Dicono che i grandi giocatori fanno grande una squadra, certo, ma la componente “allenatore” è ancora più fondamentale. Puoi avere Di Maria, Rabiot, Milik, Danilo e non vedere la palla contro Pessina, Caldirola e Colpani, se i due tecnici sono di due mondi diversi.
La Juve aveva Sarri, e ci vinse l’ultimo scudetto, ma evidentemente non sopporta gente con una testa. Ha preferito perdere con Pirlo, che non vale molto come allenatore e poi perdere con Allegri, dopo aver comprato campioni e tromboni meglio sostituiti, in corso d’opera, da ragazzotti con un bel futuro. la Juve ha davvero fallito su tutto il fronte. Diverso per il Milan che, un anno fa, aveva Mercurio favorevole e Venere suggeritrice, per dire che gli è andato tutto troppo bene. Oggi paga la presuntuosa e pretesa infallibilità sul mercato e un tecnico che non poteva essere diventato un genio a fine carriera.
Il calcio italiano dicono sia il peggiore fra i paesi calcisticamente evoluti, ma non è così; la verità è che ci portiamo sulle spalle eredità scadenti, come la mancanza di coraggio (vedi Juve) nel provare a fare calcio propositivo e far giocare i giovani.
Poi è d’uopo una parentesi sulla preparazione fisica delle squadre italiane: com’è che le squadre inglesi e quelle spagnole, ma anche tedesche, corrono il triplo? Nessuno se lo è chiesto mai?
Beh, coraggio, chiedetevelo: forse si allenano meglio e di più. da noi sta provando a farlo solo l’Atalanta e una volta Zeman. Già, ma prima si preferivano le farmacie. Ma quanto cazzo aveva ragione Zeman?
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