Manifesto per una democrazia reale e una giustizia sociale
Posted on 27. dic, 2017 by L.P. in Argomenti, Diritto e giustizia, Politica nazionale, religione, Società e costume
Manifesto per una democrazia reale.
Parte Prima
Il Garante
In democrazia ci si è inventata la figura del Garante quale baluardo di specifici interessi, ritenuti preminenti e di attenzione superiore, di carattere diffuso e concernenti settori importanti della popolazione.
I cittadini, cioè, vengono considerati in gruppi, ognuno contenente specifiche caratteristiche. L’infanzia, i consumatori, i risparmiatori, i lavoratori, ecc. Molte di queste fasce di popolazione si è pensato abbiano dei diritti, spesso affidati, per la loro tutela, a una figura di garanzia che è appunto chiamata, spesso, garante.
A prescindere dalla effettività di queste figure nelle dinamiche sociali e giuridiche che sfiorano questi interessi particolari, spesso prive di poteri effettivamente incidenti nei processi decisori o sanzionatori, può essere utile riconsiderarne ruoli e poteri in termini di democrazia effettiva.
Le figure dei garanti andrebbero innanzitutto tipizzate, quindi la loro autonomia non dovrebbe essere solo dichiarata ma concretamente realizzata.
Tanto per cominciare andrebbe consolidato il filo diretto che lega il garante alla fascia di popolazione che deve tutelare, indi bisogna rendere questa tutela effettiva.
Ne consegue, innanzitutto, che la loro nomina non possa essere politica: dovendo rappresentare e tutelare gli interessi della popolazione nei confronti, anche, dell’attività propriamente amministrativo-governativa provvedimentale e di controllo, che rimane di appannaggio della politica, la loro nomina non può che discendere da libere elezioni circoscritte al territorio di competenza.
Il momento elettorale, inoltre, non dovrebbe vedere protagonisti i partiti per le medesime considerazioni che soddisfano l’esigenza di autonomia della figura del garante.
Conseguenza ovvia per chi scrive, meno per chi fa politica, è che un garante non possa fare politica, neanche dopo la scadenza del suo mandato e per un considerevole lasso di tempo, per evitare che l’esercizio della sua funzione possa essere determinato proprio da un obiettivo personale politico.
Il garante deve diventare, poi, interlocutore privilegiato, in ogni ambito che solo lambisca gli interessi tutelati, se non con poteri autentici di veto, quantomeno con poteri che condizionino l’attività amministrativa in termini significativi.
Corollario di tutto questo è che il garante costituisca figura di sicuro spessore e competenza., non garantita dal semplice favore di un diffuso consenso. E’ immaginabile realizzare una specifica scuola per garanti, anch’essa gestita con autonomia dalla politica, dalla quale sia possibile ottenere un titolo utile per la candidatura.
In tempi in cui la scienza, tutta considerata, è asservita al potere politico ma soprattutto economico e finanziario, però, contemporaneamente sarebbe il caso di garantirne la totale autonomia, anche della scienza, attraverso misure di salvaguardia che rendano effettiva la democrazia.
Sono misure minime di salvaguardia della democrazia, se proprio questo deve essere il sistema politico del futuro, da attuare immediatamente. Misure che dovranno tener conto di ogni momento decisivo della vita di un popolo, se non di più popoli, se è vero che un futuro non è prevedibile se non in una visione unitaria, e non solo di Europa.
Un governo del mondo presto sarà immaginato e realizzato concretamente, soprattutto con riferimento a quegli argomenti di comune interesse, quali l’ambiente, la salute e la giustizia.
Segue.
Potenza 5 Francavilla 0
Posted on 05. nov, 2017 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Società e costume, Sport

Dopo tanti anni, come molti, sono tornato allo stadio. Bella giornata, anche se sul Viviani il sole scompare presto. Le emozioni sono diverse, che vuoi, con gli anni si mitigano passioni e ardori.Unico fremito iniziale è per la curva, rumorosa, festosa, compatta. Per il resto un gran pubblico, ma posato, riservato, come sempre, del resto, anche se, tanti anni fa, qualche tifoso appassionato lo si trovava anche in tribuna, dove, sempre raramente, si faceva anche a botte.
Il Potenza è forte, non c’è partita. Il Francavilla è ordinato, il dieci elegante e preciso, chissà come si chiamerà, ma si sente che al primo affondo sarà gol per il Potenza.
E così avviene, e poi ancora per altre quattro volte.
I gol sono stati tutti belli, costruiti, spettacolari, ma sembrava un’amichevole, forse è così quando si vincono i campionati: due o tre partite chiave e il resto allenamenti.
Ma non sarà facile, comunque, stare sempre concentrati e vincerle tutte, o quasi. Si vede che c’è un signor allenatore, anche se tante appassionate sgridate sembrano inutili, ma che ne capisco io, di calcio.
Al di là dello spettacolo, bello per i cinque gol, le emozioni, alla fine, le ragala sempre la curva: non ha smesso mai di cantare, tifare, sostenere, per il resto, ripeto, come al cinema, anzi come al teatro, con l’applauso finale, tutti in piedi, peccato non si possa chiedere il bis.
La squadra festeggia con tutti i settori dello stadio, ma la festa più appassionata è con la curva, come è giusto.
Era ora, comunque, che noi si fosse primi, non ti cambia la vita, ma ti inorgoglisce un po’. Una maniera per sentirsi potentini, una volta tanto.
Se si può trarre un auspicio dallo sport, beh, è un gran bell’auspicio.
Speriamo solo che le vittorie in fila non diano assuefazione, anche se la fame atavica dovrebbe compensare anche un campionato senza sussulti, con solo vittorie, nientepopodimenochè come la amata-odiata Juve.
Tornerò allo stadio? Non lo so. Può darsi, anche se mi sembra di rubare lo spettacolo a quelli che non ne hanno mai fatto a meno e che anche nei periodi di magra stavano al Viviani. Magari con il loro permesso, forse.
Ma quante ne pensano
Posted on 04. nov, 2017 by L.P. in Diritto e giustizia, Società e costume

2011, becco una multa per eccesso di velocità. Trovandola ingiusta, la oppongo.
Si svolge il giudizio e mi viene data ragione. Bene, mi dico ingenuamente.
Infatti nell’anno 2017 mi viene intimato il pagamento del doppio della multa, pena l’esecuzione forzata. Dopo sei anni ho faticato a ricostruire cosa fosse accaduto, ma pensa che ti ripensa, riaffiora il ricordo. Rispolvero il fascicolo e trovo la sentenza.
Ora la domanda è se ci sono o ci fanno. Insomma ci provano dolosamente o non è cosa loro? E poi, con quanti la fanno franca e passano per un ingiusto ulteriore incasso?
Perchè bisogna sempre temere che ci facciano fessi?
Ora dovrò fare una nuova opposizione e se chiedo i danni mi liquideranno due euro, se pure, in quanto per il giudice italiano non esiste un danno in re ipsa ma dovrei provare che quantomeno mi sono arrabbiato e mi è salita la pressione. Insomma due euro, appunto.
Alle fiamme!
Il terremoto è una livella, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 24. ago, 2017 by L.P. in Argomenti, Politica nazionale, Società e costume
Per scoprire l’abusivismo e come sono state costruiti i fabbricati senza permesso ci vuole un terremoto, con annesse vittime, in Italia.
Non bastano svariati corpi di difesa, dalla polizia municipale alla guardia di finanza, passando per carabinieri e polizia; così come non bastano un giudice penale, uno amministrativo e un sindaco per disporne la demolizione.
Faccio un esempio, rimanendo al nostro territorio.
Ti sei fatto il tuo bel manufatto abusivo. Dopo qualche anno, complice un vicino invidioso, vieni scoperto dalla polizia municipale, che, da sola, difficilmente ci sarebbe arrivata e chissà poi perché; parte l’iter solito che porta, da un lato, al provvedimento di demolizione, dall’altro in Procura della Repubblica.
Il procedimento penale è facile che cada in prescrizione; quello amministrativo, che non conosce prescrizione, languirà fra il Tar e il Consiglio di Stato per una decina d’anni, se ti va male, altrimenti anche il doppio.
Nel frattempo ti avranno negato le richieste di sospensiva, ma il fabbricato non andrà giù, perché? Beh!, dai, vediamo prima come finisce il giudizio, finito il quale l’abbattimento comunque non viene disposto. Non ci sono fondi, perché mettersi contro e nanì e nanera. Risultato: ti tieni il tuo bel fabbricato; certo, non potrai venderlo, ma per il resto tutto ok, lo abiterai tranquillamente.
Insomma se non ci pensa il terremoto a buttartelo giù, perché lo avevi costruito con la farina doppio zero, nessuno te lo leva.
Poi arriva pure qualche politico che decide che non è il caso di buttarlo giù se lo abiti con la tua famiglia, o almeno non prioritariamente rispetto agli altri mille e il gioco è fatto.
L’illecito diventa nella sostanza lecito.
Ma è la vecchia storia dell’Italia, dove ci sono tante leggi, ma davvero tante, forse troppe, calmierate, però, dalla loro generale violazione. Una realtà virtuale, quella prevista dalle norme e dai codici, con tanto di giochi e giochini, sempre virtuali, come i processi, i ricorsi, i condoni, gli handicap e i premi se arrivi al via e ci stazioni pure. Nella realtà la tua violazione della legge rimane un fatto insormontabile. Ripristinare la legalità è solo una minaccia. A vedersela completamente ripristinata sono solo i disgraziati, i maledetti e quelli rifiutati anche da Satana, per il resto una via si trova sempre.
Ma il bagno di retorica moralizzatrice a ogni disgrazia non ce la leva nessuno. Si parte dalla solidarietà per finire alle assicurazioni passando dalle promesse. Un teatrino nauseabondo, contraddetto dall’impatto con la quotidianità già all’indomani della puntuale tragedia.
In fondo non è tanto coi condoni che dobbiamo prendercela, chèalmeno questi prevedono una regolarità tecnica e/o sismica, quindi un controllo. Lo sconcerto viene fuori dal fatto che è facilissimo aggirare e violare la legge. Tu puoi costruire beatamente senza che nessuno ti dica niente fino a opera finita e strafinita e solo dopo, ma molto dopo, l’Autorità fa capolino per cominciare quella tarantella che porterà a un nulla di fatto, come spiegato prima.
La catena della illegalità parte soltanto dall’originario abuso, ma si estendi alle catene del controllo e della prevenzione che, sistematicamente, non funzionano o funzionano malissimo.
A che serve una sentenza che conferma l’abbattimento se non verrà mai eseguita?
Chiediamolo a Mattarella, qualcosa saprà dircela, diamine. Ma non è detto, potrebbe anche non dire niente. Tanto il suo compito arriva alle condoglianze di Stato e alla assicurazione che lo Stato ci sarà vicino. Forse per non applicare la legge e chiudere un occhio quando la violiamo, però? In fondo è pure questa una forma di vicinanza, dai.
Leggi, regole e peperoncino. Editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 18. ago, 2017 by L.P. in Amenità, Attualità, Società e costume
L’Italia vive una eterna contraddizione, da un lato vorrebbe un generale e compiuto rispetto delle leggi, dall’altro non le riesce proprio di sopportarle, le leggi.
Ma l’Italia che conosce bene l’arte di arrangiarsi, anche in questa tragica situazione psicologica, ha trovato la soluzione, che va assolutamente declinata in prima persona: tutti devono rispettare le leggi tranne che io.
La soluzione, invero geniale, non trova una rigida applicazione, ma rimane elastica, quindi adattabile a ogni particolare contingenza.
Quindi saremo tolleranti innanzitutto con la famiglia, poi con gli amici più stretti, infine con chi ci sta simpatico e non ci rompe le balle.
Sarete d’accordo che anche in questo frangente il genio italico ha fatto centro, che roba di noi, direbbero al nord.
Qualche esempio per chiarire meglio: non si fuma in luoghi chiusi, ma io alla mia sigaretta non rinuncio, oppure, bisogna battere gli scontrini per ogni consumazione, ma che vuoi che facciano due caffè. Come in ogni frangente calamitoso, di fronte alla legge, poi, si scopre la solidarietà che comporta la gratuita cessione dei diritti di furbata al vicino, al passante o a chi capita.
Quando ci capita cotanta generosità ringraziamo sorridendo, ovvero, se siamo noi a dispensare furbate, assumiamo la faccia di chi non vuole proprio tirarsela, anzi.
Sarà per questa genetica propensione alla illegalità che non ci mette a disagio sapere che un amministratore è sotto processo per corruzione o che il tal cassiere lo è per furto, anzi, elevando il concetto a raffinata speculazione abbiamo esteso l’ambito di azione del principio di non colpevolezza, da concetto giuridico e processuale, a regola di vita. Processi rigorosamente lumaca, poi, affievoliscono le bramosie dei fanatici dell’onestà, ai quali, beninteso si ammicca sempre col sornione sorriso di chi, oltre a saperla lunga, pare ricordare al censore di turno che non gli conviene, in Italia, assumere rigide posizioni, chè prima o poi capita a tutti di violare la legge e sentirsi pure beato.
E sì, perché il violare la legge è un metodo di vita, una filosofia, un vezzo, oltre che una comodità economica e non.
Il limite di velocità è di settanta orari?, va bè, che sarà andare a settantacinque, dai. E via discorrendo.
Il fenomeno è talmente cromosomico che farsi beccare nel pieno rispetto di leggi, regolamenti e prassi, quasi fa vergognare: ma come, fai la fila? T’insegno io come si fa. Ma no, che dici, mi ero solo distratto.
Evidentemente vivere con questo credo induce anche e sempre a tentare di far cambiare idea a chi, beccatici in piena infrazione, provi a sanzionarci. “Guardi che devo andare a prendere il bimbo a scuola” e scuse del genere pur di evitare una multa. Segue, inevitabilmente, il dispetto per chi non abboca, se non il più profondo disgusto, del resto se è una religione, violare uno dei comandamenti è sconveniente, un vero e proprio peccato.
Sarà anche per questo che i tutori dell’ordine, i giudici e gli ispettori somo persone malviste, salvo quando si mostrano con noi elastici. Che vuoi siamo tutti italiani e non è concepibile che il mondo della giustizia inteso in senso ampio non abbia delle profonde crepe. E quindi tutto torna. Dicono che siamo cattolici, dai, siamo solo imbroglioni.
Mafiopoli, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 11. ago, 2017 by L.P. in Attualità, Diritto e giustizia, Politica nazionale, Società e costume
Val la pena chiedersi se lo Stato italiano abbia ben in mente quanto sia diffusa, potente e tentacolare la delinquenza organizzata. Nel nostro paese, dalla cultura giuridica millenaria, esistono sacche di illegalità dalle dimensioni enormi. Pare ci siano territori letteralmente inaccessibili per le forze dell’Ordine, che, in questi casi, fanno la parte delle guardie giurate in un attacco alla banca da parte di un esercito di delinquenti, cioè, carne da macello.
I tanto decantati successi dello Stato, quando per esempio catturano uno che era latitante da vent’anni, sono fuochi d’artificio buoni per dare un segnale di esistenza, ma non sono pochi a ritenere che una cattura ogni tanto sia solo l’osso che la mafia offre in pasto ai tutori dell’ordine.
Gli enormi guadagni della malavita organizzata, poi, vengono investiti in attività lecite e spendibili con tanto di biglietto da visita e inaugurazione col politico di turno. I figli della malavita, infine, provano anche la strada dello studio, diventando professori, medici, avvocati e magistrati, oltre che imprenditori.
Lo Stato è accerchiato e incapace di combattere seramente la malavita, tanto che verrebbe da pensare che non lo voglia fare, preferendo trovare un’intesa.
La situazione è a dir poco allarmante sol si pensi a come il campo di azione della mafia non conosca più confini, essendosi esteso anche al nord e alle istituzioni. Nel parlamento più corrotto d’Europa, infatti, sarebbe da stupidi non pensare che qualche parlamentare, se non molti di loro, siano in odore di malavita.
Quando poi territori ancora poco malavitosi godono del presidio di quelle che vengono chiamate mafie bianche, dove cioè il sistema mafioso investe direttamente le istituzioni, che gestiscono l’unica ricchezza, costituita dal danaro pubblico, è più facile pensare a rapporti di affari che altro, per quanto attiene ai due tipi di mafie, quella vera e quella bianca. Perché il sostegno reciproco rimane alla base del successo di entrambe.
Io continuo a pensare che truccare un concorso per far vincere tizio anziché caio sia mafioso, poco cambiando se per imporsi invece della minaccia o dell’omicidio basti saper aprire le buste.
Ma le scene da far west, abituali nel napoletano o nel profondo sud, ora sono quotidiane anche nel foggiano e presto arriveranno ovunque, tenendo conto che, ove mancanti, significa solo che si è trovata una maniera per convivere, null’altro.
Il marciume è manifesto e arriva ovunque, temo anche nella magistratura, oltre che nel parlamento e nei salotti buoni.
Se non è materia, questa, per stabilire delle priorità irrinunciabili, priorità che vedano la lotta alle mafie quale primo scopo di un paese che, diversamente, deve rincorrere se stesso avvilendo la vita di chi rimane per bene, vuol dire che il marcio è arrivato ai vertici massimi.
Se lo ius soli o la legge elettorale, per fare due esempi, sono prioritari sulla lotta alle mafie, vuol dire che a decidere sono già le mafie, non vedo altre spiegazioni.
Traffico di droga immane, prostituzione, gioco d’azzardo, scommesse clandestine, appalti, corruzione, e, di fronte, forze dell’Ordine umiliate con stipendi da fame, autoveicoli vecchi e in numero sempre più ridotto, con paesi privi della stazione dei carabinieri, una volta presidio irrinunciabile per finire ai tribunali eliminati, sono lo specchio di un paese alla deriva, che gioca a essere civile, apparendo solo goffo, ignorante e truffaldino fin nelle sue viscere.
Nell’attesa della prossima sparatoria sentitamente ringraziamo.
I love John, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 09. ago, 2017 by L.P. in Amenità, Politica nazionale, Regione Basilicata, Società e costume
Tenerezza, simpatia, ammirazione? Non è facile capire cosa auspicasse l’ottimo Pittella quando si è fatto immortalare al momento di cominciare una ennesima avventura inglese finalizzata alla conoscenza della lingua che più lo ha reso famoso. Il suo inglese ha fatto ridere, sorridere, ha affascinato per la faccia tosta, qualcuno si è innamorato di quel personaggio che tutti hanno immaginato come novello e ironico messaggero dell’Europa unita.
Poi la doccia fredda. Non era un comico, ma un politico buffo, alle prese con la lingua straniera come solo un italiano alle scuole medie che non ha mai canticchiato neanche i Beatles, avrebbe potuto essere, cinquant’anni fa.
Il giro del mondo del suo video, si dice virale, oggi, non lo ha frenato, però, dal riprovare a offrire una immagine di uomo impegnato che con testardaggine vuole arrivare dove miliardi di persone sono arrivate senza affanni, e cioè al bilinguismo.
Meta che sembra inarrivabile, visti i risultati davvero scadenti, nonostante full immersion, frequentazioni europee e incarichi internazionali, ma che non lo smontano affatto.
La foto, postata su facebook, sembrerebbe di repertorio, viste giacca, camicia e foulard in un presumibile torrido giorno a Salerno, ma deve essere stata scattata invece proprio all’atto della partenza di questi giorni.
La didascalia ci parla della sua volontà di apprendimento di una lingua ostile, della sua abnegazione, del suo spirito di sacrificio, un esempio per tutti, suvvia.
Avrebbe potuto registrare un audio, in inglese, che attestasse anche i miglioramenti in barba a chi ancora sghignazza, ma forse preferisce stordirci tutti al ritorno con una conferenza sulla migrazione direttamente per la BBC o con un commento sul Manchester United in madre lingua.
Il timore è che l’impresa, invero ardua, diciamo da eroe, gli riesca quando sarà troppo tardi, quando sarà fuori del parlamento europeo e attorno avrà solo paesani o lucani, quando, cioè, per non correre il rischio di dimenticare quanto appreso nel corso di una vita, dovrà ricorrere al vecchio sistema dell’amico di penna, londinese o di Manchester, tiè.
A questi si rivolgerà col solito garbo e con lo stile di sempre: my dear friend of pen, how are you? I’m fine. Do you know? Here the pen is on the table and the door is open. …. e carinerie del genere.
Oppure conserverà l’abitudine di intercalare espressioni british al parlare normale, chiamerà pound l’euro, scusandosi immediatamente per lo sbaglio involontario dovuto alle frequentazioni di sempre, e berrà scotch dopo cena.
Eppure io ho un sogno, che Il video famoso e tutto quello che è venuto dopo siano il frutto di una voluta sceneggiata, che Gianni Pittella abbia fatto tutto recitando una parte, che il nostro abbia voluto dimostrare al mondo che fare il comico è facile, almeno per lui, mentre è fare il politico che non riesce a tutti, soprattutto ai comici di professione.
Fosse davvero così, se, insomma, quel bonario sorriso mentre stroppia l’inglese a reti unificate, fosse il frutto di una colossale presa in giro, ebbene, avrei trovato il mio eroe, finalmente, e mi offrirei di servirlo umilmente.
Ma i sogni non si avverano, purtroppo.
Hallo, John, I love you.
Neymar e il pil, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 04. ago, 2017 by L.P. in Società e costume

Duecentoventidue milioni per l’acquisto di Neymar, oltre all’ingaggio, cioè il guadagno del giocatore. Nel calcio si investono ingenti ricchezze, chissà come accumulate, poi.
Vince chi spende di più, al noventanove per cento dei casi. In Italia, infatti, vince la Juventus da sei anni.
In Europa e nel mondo la Spagna la fa da padrona e in Spagna giocano i migliori calciatori.
Ma l’Italia si sta facendo di nuovo sotto. Dicevamo la Juve, ma anche le squadre dei cinesi stanno incominciando a spendere tanto.
Un business che sembra non avere freni.
Anche nelle serie inferiori si sta cominciando a spendere qualcosa di più e ne sappiamo qualcosa noi potentini che forse quest’anno avremo qualche gioia calcistica, mancante da svariati anni.
Alla domanda se sia morale tutto questo circo non c’è risposta, perché posta in questi termini tanti altri fenomeni andrebbero analizzati, e sarebbe il caso di approfondirli.
C’erano anni, neanche tanto tempo fa, nei quali il lusso, lo spendere smodato, erano fenomeni più riservati; non dico che ci si vergognava a essere tanto ricchi, ma, insomma, non lo si diceva in giro. Oggi la ricchezza te la sbattono in faccia. I più deboli non hanno neanche uno straccio di ideologia o decenza a difenderli. Tutto fa di loro merce o al più spettatori della vita degli altri.
C’è puzza di decadenza quando uno sceicco spende tanti soldi per regalare alla sua squadra un campione; c’è puzza di decadenza quando le regole sul far play finanziario hanno eccezioni così eclatanti.
L’impressione è che tutto sia stato finanziarizzato. Non c’è momento della vita che non si risolva in una contesa fra chi ha più potere o soldi, a qualsiasi livello. Vuoi l’alto grado di corruzione, vuoi la bramosia di una vita da leoni, alias una vita da spendere, non c’è altro valore che il danaro.
Qualsiasi idea, se davvero buona, viene monetizzata, acquistata e venduta.
C’è spazio per i sentimenti e lo spirito, purchè non invadano il campo, non diano fastidio e semmai, producano soldi. Quindi si vende anche il dolore, per esempio: “toh, ho una sciagura, chissà che non ci faccia su un po’ di soldi!”
Il tutto mentre, udite udite, il parlamento italiano prova a inserire criteri di valutazione del benessere non solo economici nei suoi bilanci. Il Buthan ci ha pensato anni fa, favorito da un credo religioso ancora immune dal tarlo della finanza o del guadagno. Noi, e non siamo gli ultimi, lo stiamo facendo in questi mesi. Niente di ufficiale, ancora, ma nelle commissioni parlamentari il progetto va avanti. Questo non dà alcuna certezza di completamento del progetto, ma il solo fatto che qualcuno ci stia pensando lascia intravedere una finestra aperta, seppur piccolissima, sul mondo degli orrori che stiamo vivendo.
Criteri di valutazione non economici significano parametri che studiano le reazioni psicologiche o sociali della popolazione, per esempio, a determinati fenomeni. In maniera più estesa un domani si potrebbe pensare a provvedimenti amministrativi studiati esclusivamente sul benessere dei cittadini. E questa è sicuramente la scommessa della politica mondiale.
Siamo ancora lontani anni luce, per la verità, e la classe politica, nella sua stragrande maggioranza, non sa neanche cosa si stia portando avanti in commissione parlamentare bilancio, ma non fa niente. Peggio, temo sia difficile fare, un assessore in più alla regione per accontentare bramosie di partito e personali e roba del genere, credo siano le ultime manifestazioni egoiche di una politica allo sbando e in via di trasformazione totale. Sono cicli lunghi, perbacco, vero, ma mai si comincia, mai si arriva.
Il GP del PD, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 05. lug, 2017 by L.P. in Argomenti, Politica nazionale, Società e costume

Qualche giorno fa in Abruzzo, a Sulmona, si è celebrato un convegno targato PD. Doveva trattarsi di roba grossa se erano presenti anche il governatore dell’Emilia Romagna e il ministro De Vincenti. Fatto sta che il tempo si è dimostrato inclemente. L’incontro, organizzato all’aperto, è stato funestato dalla pioggia, prima, e dal sole cocente, dopo.
Ma l’organizzazione non ha fatto una piega. Infatti hostess valentissime hanno riparato dalla pioggia e dal sole le autorità presenti, un po’ come avviene quando il moto GP o la formula uno stanno per prendere il via e i piloti hanno bisogno di ripararsi prima di dare gas ai loro bolidi.
Le hostess evidentemente non possono essere, nell’un caso come nell’altro, che belle figliole, sì da creare anche una perfetta coreografia che basa le sue solide fondamenta su un maschilismo d’autore.
Che vuoi, le telecamere vogliono particolari graziosi da riprendere e chi meglio di una bella figliola può, quindi, assolvere al duplice compito di riparare l’eroe di turno e ricreare la vista?
Al di là delle scontate polemiche sul sessismo dilagante nonostante leggi e leggine chiariscano che i generi devono essere trattati ugualmente, rimane evidente che un ministro o un governatore hanno ormai la stessa valenza di un pilota di formula uno. Cioè fanno spettacolo. A chi dovesse obiettare che il pilota, però, sta per compiere un gesto atletico fuori dell’ordinario, si può rispondere che le ciance di un ministro non sono da meno e che quindi bene hanno fatto a proteggere le due personalità con l’ausilio di graziose fanciulle.
Lontani i tempi dei comizi sotto la pioggia, quando se andava bene era un militante a riparare l’oratore troppo impegnato nel parlare. Oggi no; oggi si ingaggia una hostess e la si paga purchè l’eroe non si sgualcisca la giacca o il sole non ne appanni i riflessi, ma soprattutto perché lo spettacolo e la coreografia siano quelli giusti, perché il messaggio che deve arrivare nelle case è quello di una politica al di sopra delle umane debolezze; si deve dare una idea di regalità, la coppola che si fa corona, in maniera tale da inculcare un senso di inferiorità tale e quale a quello che si mostra di fronte al campione assoluto, perché unico nel suo genere, questo, e perché ha qualità rarissime.
I nostri politici qualità rarissime non ne hanno eppure ci si deve convincere della loro autorevolezza con il contorno, non riuscendoci con le parole e le idee.
Forma, forma e solo forma, a dispetto dei contenuti.
Ecco la politica dovrebbe essere solo contenuti, oggi è solo forma.
Io mi immagino un ministro chiuso in una stanza con dieci telefoni, due computer e un paio di aiutanti immerso nello studio di fattibilità di non so quale caspita di innovativa rivoluzione burocratica. Invece i ministri sfilano nei salotti, nelle tv, alle radio, ai convegni, allo stadio, a far bella mostra della loro autoritaria autorevolezza, con tanto di codazzo e belle figliole di contorno. Diciamolo, peggio di un Berlusconi qualsiasi, che dell’immagine aveva fatto la cosa più importante anche in politica.
Addio politici brutti, con le lenti spesse e tanto di cervello e un benvenuto ai fighetti o alle fighette 4.0, belli, vestiti alla moda e con una intelligenza tutta da dimostrare, tanto, questa non è neanche fotogenica. Vuoi mettere con un boccolo biondo?
Uno scherzo al viandante
Posted on 18. giu, 2017 by L.P. in Amenità, Città di Potenza, Società e costume, Viaggi
O viandante che porti teco solo una borraccia
o viandante che conti i tuoi passi al ritmo di un fiumiciattolo un rivo una fontana
non ti curar di me
ma guarda e passa.
Splenetenetonete di venerdì 16 giugno 2017, su Radio Potenza Centrale
Posted on 17. giu, 2017 by L.P. in Amenità, Attualità, Città di Potenza, Politica nazionale, Regione Basilicata, Società e costume

https://www.youtube.com/watch?v=NLCApK2DCFU
Ultimo numero di Splenetenetonete prima delle vacanze estive.
Una bella cavalcata fra fatti, commenti, notizie, interviste, frizzi, lazzi e considerazioni più o meno serie.
A presto risentirci.
Pare facile …….
Posted on 07. giu, 2017 by L.P. in Argomenti, Attualità, Politica nazionale, Regione Basilicata, Società e costume
Chissà cosa passa nella testa dei politici quando si fanno rimborsare le sigarette o la cena con gli amici. Mi piacerebbe assistere alla scena che si svolge nella loro testa.
Caso a): Ma sì, diamoci sotto, tanto paga Pantalone.
Caso b): Che pacchia, non mi sembra vero.
Oppure, con un’ombra di coscienza:
Caso c): giuro che è l’ultima volta.
Caso d): mi sento un verme, porca miseria.
E sì, perché potrebbe anche sussistere un conflitto psicologico ovvero lo strafottimento totale.
Dipende dal carattere, dal livello culturale, dalle scuole fatte, dall’educazione impartita in famiglia, dall’influenza del parroco da piccoli, dalle amicizie, dal bisogno, dall’avidità.
Intanto in cielo il Padreterno si sta attrezzando e ha appaltato i lavori di realizzazione del girone dei politici. Il girone è diviso poi in due sottogironi; quello dei politici dal contributo monello e quelli dalla corruzione in poi.
Si teme un sovraffollamento, ma è giusto che si facciano le giuste distinzioni.
Finora accampavano fra i truffatori e gli imbroglioni, con reciproca insoddisfazione, dei politici, dico, e dei truffatori e imbroglioni.
Perché il vero truffatore non si confonde col politico che gioca sporco, sfruttando una posizione, il potere e la coppola. Vuoi mettere col gioco delle tre carte in un qualsiasi motel sull’autostrada, al freddo e al gelo, oppure sotto 35 gradi, e poi ore e ore di allenamento; roba da imbroglioni nati e cresciuti facendo vera gavetta, cappero.
Dall’altro lato i politici dicono loro un bel “vuoi mettere”, con la loro scalata attraverso la conquista dei voti, l’aggiramento delle regole, l’abile dissimulazione, la sfacciata protervia. Roba per pochi, ammettiamolo.
Il problema è che, come per ogni attività, professione o mestiere, è tempo di crisi.
I politici la vivono alla grande. Dopo anni nei quali hanno fatto che cazzo gli piaceva, tanto che sembrava dovuto da parte loro un certo approvvigionamento non ufficiale o ufficiale, ora si sono messi i giudici a rompere le balle. E poi certa stampa, che proprio non trova altre notizie, quasi scarseggino. Mano male che l’opinione pubblica se ne fotte. Perché è saggia. Lei sa da sempre come vanno le cose. Una popolazione che ha fatto il militare a Cuneo, perdinci, e non si meraviglia, sa come va il mondo.
Poi, però, si veste da PM e filosofeggia, e denuncia e nanì nanera. Mondo ladro.
Se solo tutti sapessero che anche loro, sì, anche loro, quando ripongono la maschera vanno dai politici a chiedere il posticino per il parente, o un incarico per il nipote o figlio, o che quel concorso si faccia alla maniera giusta perché concorre tizio piuttosto che caio.
Ah!, già lo sapete?
Vero, il popolo è davvero saggio. Peccato che la saggezza ancora non gli ha fatto drizzare la schiena.
Già, è vero, più ti pieghi e meno fa male. Giusto.
Augh!
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Rubamazzetta, il nuovo gioco di società
Posted on 06. giu, 2017 by L.P. in Amenità, Argomenti, Città di Potenza, Commenti, Politica nazionale, Regione Basilicata, Società e costume

Rubamazzetta, nuovo imperdibile gioco di società. Si parte dalle elezioni e si finisce agli appalti. Divertente, reale, libidinoso, il gioco dell’anno. Rubamazzetta, più del Monopoli, della Tombola e dello schiaffo del soldato.
Diventa anche tu per una sera un politico corrotto, inventati una grande opera, strabilisci la percentuale. Oppure diventa magistrato con gli amici, arresta il corrotto o fatti corrompere.
Rubamazzetta, il gioco dei giochi.
Il Presidente del Presidente del Presidente …
Posted on 26. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Commenti, Regione Basilicata, Società e costume

La sollecitudine e il trasporto che accompagnano il saluto nei confronti di una persona importante, da parte di una persona diciamo normale, sono costanti e fissi gesti comportamentali in uso nella repubblica della democrazia all’italiana.
L’ossequio va posto in risalto, rimarcato, tante di quelle volte il personaggio non registri il gesto, sarebbero seri grattacapi, tipo perdere l’appetito almeno fino a quando non si riesce a porre rimedio con uno scappellamento multiplo, o almeno fino a quando non ci si rassegni alla presunta figuraccia.
I dubbi postumi sono snervanti e ti fanno porre mille domande: forse la voce era troppo bassa, forse c’era troppa gente e non mi ha individuato mentre salutavo, oppure non mi sono accorto che era distratto e non ho ripetuto il saluto dopo aver raccolto la sua attenzione, oppure ancora maledetto me e la mia timidezza. Roba da non dormirci.
La paura è, infatti, di passare per quello che non si è, cioè una persona non attenta ed educata, ma soprattutto non devota, col serio rischio di essere male interpretato e di doverla addirittura pagare in futuro, tante di quelle volte si dovesse finire nella rete di competenza della persona importante o ancora di più si dovesse avere bisogno di lei. “Ah, mi dica, di cosa ha bisogno? …. Ma lei non è quello che non saluta?” Un incubo.
Dall’altro lato, poi, troviamo, appunto, il personaggio importante, o ritenuto tale. Questi è abituato agli scappellamenti a rischio perdita di equilibrio, sembra quasi non farci caso e, dall’alto della sua carica, trova necessario non ricambiare mai con altrettanta affabile gentilezza e devozione, non usa, nonono!, diamine, ma si limita a un mormorato saluto e, quando proprio è una persona spontaneamente gentile, lascia trasparire un accenno di sorriso, i suoi occhi si posano solo per un istante sull’interlocutore e poi volano altrove a inseguire compiti e idee che solo una persona importante può adempiere o partorire.
Gli studiosi di psicologia comportamentale si affannano in genere a studiare la reazione del personaggio a un mancato ampolloso ossequio o presunto tale, come nel caso in cui il “normale” non riesce a porre bene in risalto il suo saluto.
Ebbene i risultati di anni di studio non hanno ancora portano a risultati scientificamente apprezzabili. Pare comunque che, anche nei personaggi importanti più miti e timidi, la reazione sia virulenta, anche se difficilmente resa visibile e di fatto tendente alla vendetta più dura. Il non saluto o il non sufficientemente ossequioso saluto viene interpretato, infatti, come gesto ingiurioso, altezzoso e supponente. Il commento in genere è del tipo “ma chi si crede di essere?”. Essì perché l’Autorità va ossequiata, curata con amore e riservata gentilezza. E’ sensibile e necessita di conferme continue. Diventare importanti, ammesso che esista davvero al mondo una categoria di questo tipo, in barba alla effettiva democrazia, che da noi ancora non attecchisce, è un riconoscimento meritevole di attestati continui. Insomma, chiariamoci le idee una volta per tutte: i Presidenti sono Presidenti e il resto non è un cazzo.
N.d.A.: si intendono per Presidenti tutte le figure apicali delle amministrazioni italiane e poi a scendere, ognuno ha nel suo superiore un presidente, fino a chi può essere ritenuto l’ultimo, ma proprio l’ultimo della fila: questi ha solo presidenti attorno a sé.
L’Italia è questa che lo si voglia o no.
Sabato triste, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 23. mag, 2017 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Commenti, Società e costume
Lo spettacolo del centro storico di Potenza all’indomani delle festività o dei giorni prefestivi è sempre particolarmente suggestivo. Resti di veri e propri bivacchi danno l’idea di una società opulenta e sporca, che non ha vergogna di lasciare il segno della sua inciviltà.
“Tanto non pulisco io”, sembra dire qualcuno e “pago le tasse anche per le pulizie” sembra far eco qualcun altro. Insomma, la città non è roba mia, questo il senso di questi comportamenti che trapela ingiurioso.
Ma, a una inciviltà diffusa risponde presente la pubblica amministrazione. Non mi riferisco, evidentemente, alla toeletta che puntualmente rifanno al centro storico gli operatori ecologici, ma a un consolidato e cromosomico atteggiamento di accettazione che le amministrazioni competenti, oltre che ogni tipo di forze dell’ordine, hanno nel loro patrimonio genetico.
Dato per scontato che le scorribande notturne, laddove sporcano e deturpano sono da condannare; dato altrettanto per scontato che la situazione andrebbe tenuta sotto controllo e che la sola presenza delle forze dell’ordine indurrebbe a comportamenti più civili, bene non è dato capire l’indolente accettazione, priva di reazione, di chi, invece, è deputato al controllo e alla sanzione.
Che il centro storico debba rimanere, nelle ore notturne dei giorni di festa, nella esclusiva e offensiva disponibilità di gente irresponsabile, rimane circostanza difficilmente digeribile, ma tant’è: non c’è modo di arginare i due endemici fenomeni, quello maleducato e violento degli avventori, o per meglio dire di parte degli avventori, e quello indifferente di una amministrazione che preferisce spendere di più per pulire che di meno per prevenire.
Altro discorso andrebbe fatto per gli enti da sempre deputati a educare le nuove generazioni: famiglia, scuola, una volta anche la Parrocchia, tutti sembra abbiano riposto i remi e si stiano lasciando andare dalla corrente. In questi casi la destinazione è certa: la deriva, ma nulla sembra scuotere i responsabili della situazione.
Col venir meno, in buona parte, delle funzioni educative e civiche degli enti tradizionalmente deputati, la situazione diventa praticamente e sempre in maggior misura invivibile e viene da pensare che cotanta incapacità forse debba indurre a una task force educativa degli educatori e degli amministratori, ognuno da riportare alle proprie responsabilità, ai propri doveri nella società sì da ristabilire quello che una volta era un servizio sociale garantito.
A meno che non si voglia rendere Potenza metropolitana solo per quanto attiene alle varie forme di degrado urbano, lasciando intatti i disservizi e la scarsa cura del pubblico.
Ragionando in termini di Karma sociale, la Potenza che stiamo vivendo non può che essere figlia di quella degli anni passati, quindi nessuno si senta esente da responsabilità. Anche i nostri irreprensibili nonni e genitori, probabilmente, hanno lasciato un seme di maleducazione; infatti se a loro si deve attribuire una Potenza ordinata e pulita, è ragionevole pensare che questa eredità non l’abbiano trasmessa. E sempre rimanendo in ambito Karma, se queste amministrazioni sono così palesemente indifferenti non possono che essere l’effetto di pensieri e azioni della società potentina, che, da indifferente al bene comune, sceglie o produce per lo più amministratori ugualmente indifferenti.
Residua l’ipotesi che si tratti di strategia studiata per bene: fare delle nostre nottate il momento catartico che libera gli animi dalle ansie, dalle paturnie, dai problemi lasciando fare quello che si vuole, oltre il lecito, per restituirci alla società docili e pronti per altre, sempre nuove umiliazioni. In tal caso val la pena anche pubblicizzare e invitare tutti all’arrembaggio.
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