Depressione iperattiva, ovvero: Sessantotto e Berlusconi, gli ingredienti del nuovo nulla.
Posted on 25. ago, 2019 by L.P. in Argomenti, Attualità, Città di Potenza, Commenti, Regione Basilicata

Da Berlusconi in poi la politica è cambiata. Ha cambiato linguaggio, dai partiti si è passati alle persone simbolo; dando l’impressione di volersi avvicinare alla gente, ne ha mutuato i toni da strada, fingendo di essere più decifrabile, rispetto al “politichese” e rifuggendo ogni tipo di ideologia, tanto da sembrare, oggi, tutta dello “stesso sapore”, come i gelati statunitensi di qualche anno fa che cambiavano colore ma non sapore.
Infatti certo non può essere distinta la politica sui migranti di un Minniti e di un Renzi (aiutiamoli a casa loro) da quella di un Salvini che ha provato a chiudere i porti, per la verità più a parole che coi fatti.
Se parli con un politico dei nostri giorni, lui stesso non sa se definirsi di destra o di sinistra, o, anche quando lo fa, se ci parli gli senti dire cose che una volta sono tipicamente di destra e una volta di sinistra.
Non si tratta delle conseguenze del crollo delle ideologie, ma del crollo del ragionamento politico, che, è bene dirlo, non poggia più né su fedi radicali, né sullo studio, ma solo sull’opportunità del momento per quei pochi che si avventurano nella politica con la speranza di trovare uno stipendio e quell’autorevolezza altrimenti mai raggiungibile.
La scuola non mi sembra che formi come qualche decennio fa, poche nozioni appiccicate con la saliva, con pochi cervelli che ben presto capiscono che qui non si può crescere.
E’ come se la massa della popolazione mondiale sia stata espropriata di ogni capacità critica, proprio attraverso una scolarizzazione sempre più flebile. Non dico una stravaganza se affermo che culture solide siano ormai un vezzo costosissimo, intraducibili nell’unica cosa che appassiona, cioè il guadagno, e quindi corollario per lo più di pochi ricchi gaudenti del tipo depresso iperattivo.
Ogni tentativo di approfondimento, nello studio siccome nelle professioni, rimane appannaggio di pochi strambi, la stragrande maggioranza preferendo quel tipo di approfondimento light tipico da wikipedia, ricerca su google o passaparola, approfondimenti paragonabili ai Bignami di una volta.
E quindi la politica oggi sembra accessibile a tutti, per il semplice motivo che quelle ovvietà che si sentono finanche dal Presidente della Repubblica, sono davvero alla portata di tutti.
E questo da Berlusconi in poi. Dopo il sessantotto, la seconda rivoluzione culturale, e si badi bene, tutt’e due in peggio, è quella berlusconiana. Dal diciotto politico del sessantotto al ricco che gioca a fare lo statista. Questi due momenti hanno dato la stura a un processo democratico nel senso deleterio del termine: cioè non solo pari opportunità per chiunque, ma uguale possibilità di raggiungere una meta, senza verifica dei requisiti.
L’Italia si è impoverita, culturalmente e spiritualmente, per finire alle comiche di un governo nato in vitro, morto per un colpo di sole e di un altro governo che si appresta a nascere in laboratorio. I cervelli, invece, non nascono in laboratorio, ma finiscono presto nel congelatore.
Stato della democrazia.
Posted on 16. gen, 2019 by L.P. in Amenità, Città di Potenza, Commenti, Regione Basilicata

Stato della democrazia.
Diagnosi: difese immunitarie della popolazione al livello di guardia. Rischio infiammazioni, contaminazioni, malattie virali, peste e lebbra. Il sistema di difesa ha alzato bandiera bianca e non filtra più i tweet, le foto, le divise indossate da ministri sempre in clima carnevalesco. Del pari i virus provenienti dalle opposizioni varie colgono impreparati i cittadini, bersaglio fisso dei social e del televisore.
I leader, in continuo contatto unilaterale con la popolazione, respingono ogni tentativo di mediazione, rimanendo arroccati nella suite extra lusso riservata alla casta dei politici, i quali vivono ai confini, o meglio fuori della realtà.
Terapia: spegnere televisore durante i talk show, rimanendo collegati solo per campionato e champion, eliminare l’applicazione Twitter o segnalare come sgraditi i leader, bannandoli inesorabilmente. Durante le occasioni di incontro coi politici, indossare mascherina bianca, guardare per terra ed evitare i contatti.
Stato della malattia: grave.
Tempi di guarigione: un paio di generazioni, un paio di anni di 5G, salvo complicazioni. In alternativa intervento chirurgico, con asportazione totale del corpo politico tutto e quarantena di tre mesi in ambiente sterile.
Il Bradascio pensiero.
Posted on 16. gen, 2019 by L.P. in Città di Potenza, Regione Basilicata
Bradascio, sul Quotidiano del Sud, picchia duro sul governatore Pittella, ma lo indica come padre nobile.
Un “promoveatur ut amoveatur” in saldo.
I padri nobili, in genere, hanno una certa età -Pittella è ancora un ragazzino- ma sono, appunto, nobili.
A parte i processi pendenti, che pur sentenziando sull’onestà, a prescindere dall’esito, hanno già sentenziato sulla nobiltà politica, il gesto di Bradascio è sembrato solo un argine all’esplosione negativa di giudizio.
Cioè proprio quello di cui accusa Pittella impedisce che lo si possa invitare a vestire i panni del padre nobile.
Allora non può che trattarsi di ironia, quindi ben venga Bradascio col suo carico di verità postume.
Il PD, almeno sui social, a riguardo, tace. Aspetta che passi sotto silenzio lo sfogo, un classico comportamento da prima repubblica, tipico del PD e dintorni nostrano.
Ma c’è da scommettere che lo spettacolo continui. Forza, prodi eroi, confessatevi, chè il giudizio è vicino.
C’è spot e spot
Posted on 10. gen, 2019 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Regione Basilicata

Due sono le pubblicità che non avrei mai voluto girare da protagonista.
Non nascondo, infatti, una certa tendenza esibizionistica che mi avrebbe spinto, ne avessi avuta l’occasione, a girare spot pubblicitari.
Ebbene i due spot sono: quello del vino San Crispino, sia nella vecchia versione con la neolaureata che arriva in vigna e mangia con tutti i lavoratori o familiari che nella nuova, con l’attendente di Montalbano sugli scudi, e l’altra è quella recente del Festival di Sanremo.
L’antipatia è a pelle.
Ma questo è il periodo di Baglioni, da adesso ad almeno metà marzo non si parlerà che di lui, della sua grande professionalità, di qualche, lieve, difettuccio, invero ben perdonabile, del suo fascino e nanì nanera.
Se poi si dovesse considerare che questi spot vengono immediatamente prima e immediatamente dopo il TG regione, beh, l’attentato è bello e provato.
Attentato alla nostra dignità, innanzitutto. E poi a quello che volete.
E dire che se ne potevano fare di molto belli, di spot, dicevo.
Pure per il San Crispino, giuro.
Ve la immaginate una massaia che mentre prepara si attacca al cartone di vino e quando si va a tavola è bell’e finito e tutti che, dal tavolo lungo all’aperto, la guardano in cagnesco?
Oppure un intenditore che discetta di vini pregiati a una bella platea, con tanto di prova aroma, prova colore e prova palato e uno in ultima fila che si sborraccia il cartone di San Crispino?
Ma tornando a Sanremo e all’icona Baglioni, se ne poteva pensare uno del tipo” Baglioni sta seduto sul bagno di casa coi pantaloni a mezza gamba quando una voce fuori campo grida “Claudio, le prove!” e lui che si alza di botto, inciampa e finisce steso? Dai, sarebbe stata tutta un’altra musica.
Invece va di moda il politicamente scemo e corretto. Che, poi, sarà pure difficile farle tanto stupide le pubblicità, ci vuole talento anche per questo.
-Ehi, senti un po’, ma tu proprio di queste scemenze devi parlare, quando siamo tutti in ansia per il verdetto del Tar sulla data delle elezioni regionali?
Caspita!, me le ero dimenticate. Vabbè, pazienza, comunque vada sarà una sconfitta per i lucani, e dato che questo capita da secoli, una in più non ci cambia la vita. Suvvia proviamo a distrarci con la manifestazione del 12 del PD. Pare che sfileranno in girotondo attorno alla rotonda del leone, come ai tempi di Nanni Moretti attivista antiberlusconiano, mi pare, solo che noi ci abbiamo le rotonde, pare suggerite proprio per questo tipo di attività. Il cerchio, così, sarà perfetto e passeranno tutti una bella giornata. Magari, visto che si trovano, quelli del PD potrebbero anche manifestare a favore di un mandato elettorale settennale per i consiglieri regionali, come per il Presidente Valeriana della Repubblica.
OK, basta così, ora si sfiora il sacrilegio. Pardon a tutte le persone per bene, timorate di Dio.
Quale Dio? Non so, a ognuno il suo, inclusi i politici. (E Franti si limitò a sorridere con uno sguardo sofferente).
Morta? No, respira ancora. Sembra.
Posted on 09. gen, 2019 by L.P. in Città di Potenza, Commenti, Regione Basilicata

Santa Messa e campagna elettorale
Posted on 03. nov, 2017 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Politica nazionale, Regione Basilicata

La campagna elettorale entra in chiesa. A mergine della Santa Messa i candidati preferiti dal parroco possono fare il loro bel comizio ai fedeli, appena comunicati, quindi confessati, pronti, puliti, aperti a recepire le istruzioni elettorali.
È accaduto a Palermo, ma il vezzo potrebbe espandersi a macchia d’olio. Si arriverà a una distribuzione delle parrocchie secondo quote proporzionali, secondo il manuale Cencelli, o soltanto secondo l’orientamento politico del Parroco o del Vescovo? Chissà. Attoniti aspettiamo gli sviluppi.
Ma che a inaugurare il nuovo metodo sia stato il PD, la dice lunga sulle propaggini che questo partito mantiene nella società.
Roba che presto ce li troveremo al catechismo o alla riunione condominiale. Dicono sia la nuova frontiera della fede o della politica. Vedremo.
Che roba di loro, però.
Autonomisti della Lucania a rapporto!, editoriale del Roma di Basilicata
Posted on 09. ott, 2017 by L.P. in Commenti, Regione Basilicata

Magari potremmo invocare l’autonomia anche noi lucani. Che ci manca? Abbiamo tutto, finanche una barriera naturale anti-invasione realizzata attraverso la non edificazione di strade e ferrovie. Col petrolio potremmo dare sfogo a una atavico complesso di povertà sfrenandoci nell’acquisto di ville a Maratea, appartamentino per partorire idee letterarie a Castelmezzano, suv e abiti su misura e gioielli alle signore.
Poi potremmo sbizzarrirci con stipendi tripli rispetto al resto del mondo, orario di lavoro ridotto e sussidio ai pensatori che non possono certo perder tempo con un lavoro normale.
In fondo siamo una popolazione piccola, facile farla star bene, basta evitare di regalare il petrolio a chi ce lo paga con malattie e sporcizia, far pagare le tasse a chi ha stabilimenti qui da noi e pochi altri accorgimenti.
Strano che a nessuno sia venuto seriamente in testa.
Un bel movimento autonomista, quello dei due mari, delle due province, delle quattro strade e dei quattro comitatini.
Il problema sarebbe quello di rendere consapevoli i lucani, al fine di una loro adesione convinta, che non paga star dietro al politico di turno, che poi questi turni non finiscono mai, estendendosi, per qualcuno, anche agli eredi, e che il futuro è solo nelle loro mani.
Non corriamo il rischio, come Barcellona o la Gran Bretagna, della fuga delle banche, chè già se ne vanno ora, assieme a uffici e direzioni regionali. Non corriamo il rischio di una uscita dal contesto europeo, chè già non ne facciamo parte. Insomma rischi zero e poi vi assicuro che ricchi come arabi, saremmo corteggiati da lobbies e finanzieri, evasori e imprenditori. E sì, perchè potremmo abbattere il carico fiscale, avere ospedali all’avanguardia e offrire tutela sanitaria a 5 stelle a tutti. Diventeremmo una meta ambita dove trascorrere la vecchiaia per ricchi pensionati, offrendo tartufo, aglianico e sciccherie del genere, con tanto di belleze naturali e simpatica accoglienza.
Già. Noi potremmo farlo.
Il problema è, però, che ci sentiamo lucani così come ci sentiamo italiani, cioè solo allo stadio; che, in dondo, rispettiamo la nostra terra come rispettiamo un cane randagio con la rogna; che ci scegliamo i nostri rappresentanti in maniera acritica, indotta e utilitaristica (un voto per una raccomandazione); che abbiamo come meta del nostro sguardo la punta del nostro naso o al più quella del naso della famiglia; che, un pò saccenti e presuntuosi, affrontiamo la vita e le responsabilità con superficiale pressappochismo. Insomma un senso di appartenenza alla nostra terra vero e proprio manca.
Ma forse è un bene, dai. Vuol dire che é fuori del nostro DNA, uno spinto spirito autonomistico, che ci sentiamo italiani, stiamo in fondo bene e che che cavolo ce ne frega a noi.
E quindi mentre il mondo è in subbuglio noi ci approntiamo ad accogliere candidature politiche che sanno di vecchio, con programmi stantii, copiati e ricopiati da non realizzare mai, i partiti si agitano per una candidatura lasciando spazio a quello che viene chiamato pragmatismo che è il primo nemico della politica, fatta di idee, progetti e visioni fantastiche, tutto il contrario cioè del pragmatismo che, sia chiaro, significa solo farsi li cazzi propri. Seraficamente disgraziati, per gradire.
Il controllo permanente di De Filippo e la Val d’Agri, editoriale del Roma di Basilicata
Posted on 25. set, 2017 by L.P. in Regione Basilicata

Il web è inclemente, ha la memoria di cento elefanti e mette a dura prova soprattutto l’operato di amministratori e politici nel tempo.
Ecco, per esempio, cosa ha conservato, intatto, il web, a proposito di salute, politica e estrazioni petrolifere.
Nel 1998 veniva sottoscritto un protocollo d’intesa fra Eni e Regione Basilicata. Fra le altre cose prevedeva la realizzazione di un Osservatorio Ambientale che raccogliesse dati sul rapporto fra salute e attività estrattiva, uno strumento per operare nel rispetto delle regole minime attraverso la conoscenza dei possibili effetti sulla salute di elementi eventualmente inquinanti.
Bene. Previdenti e responsabili.
Dopo ponderata riflessione, approfondimenti culturali, scientifici, sociologici, durati quasi tredici anni, un periodo di tempo, cioè, tale da poter avere le idee ben chiare, la macchina da guerra della politica lucana fra squilli di tromba e rullo di tamburi, annunciò la nascita dell’Osservatorio Ambientale con sede nella Val d’Agri, più precisamente a Marsico Nuovo.
Nell’occasione non mancarono i nastri tricolori, che un De Filippo in splendida forma ci onorò di tagliare, telecamere, testate giornalistiche e gli immancabili proclami.
Il Dirigente Generale della Regione Viggiano parlò di raccolta di dati, loro messa a sistema e loro, udite udite, certificazione. L’assessore all’ambiente Mancusi parlò di data storica per la Basilicata e il governatore De Filippo, poi assurto al governo, sempre ramo salute, parlò dell’Osservatorio come punto di forza per un “controllo permanente” dei dati sulla salute. Bene. Tutto a posto. Previdenti e responsabili.
Dando una occhiata al sito dell’Osservatorio, però, si può legge che la “sezione operativa” non è mai stata istituita e molte sezioni del sito sono rimaste in perenne aggiornamento.
Dell’Osservatorio facevano parte di diritto, sindaci, presidenti e governatore.
Di che stare tranquilli, insomma, ci pensa la politica e l’amministrazione a coprirci le spalle.
Poi, accade che, in questi giorni, a prescindere dai funerei presagi di molti e degli SOS di tanti altri, si scopre che l’attività estrattiva fa male alla salute, oh!, se fa male.
Sono passati 19 anni dal protocollo d’intesa Eni-Regione e sei dall’istituzione del “controllo permanente” di De Filippo, cioè dalla data storica del già assessore Mancusi.
Non so quanto sia costato l’Osservatorio, ma certo è che, senza incidere più di tanto, pare si sia trasformato in fondazione nel 2015, con soci la Regione Basilicata e il Comune di Viggiano e forse con obiettivi un tantino diversi da quelli originari.
L’utilità della Fondazione è sotto gli occhi di tutti. Pare che molto di recente si siano sprecati nel sottoscrivere ulteriori protocolli d’intesa con tizio e con caio, hanno creato il comitato scientifico, ma non hanno ancora emesso un solo dato o giudizio, pare.
Nel frattempo si muore in Basilicata. Ma questo è un dato assolutamente secondario, quasi irrilevante, a oggi, anche per la Procura della Repubblica, per la quale evidentemente, dopo anni di estrazione, è davvero impossibile capire se e quanto si inquini in Basilicata con le estrazioni.
Ora si grida all’immediata chiusura o quantomeno alle misure minime di sicurezza. Certo! Ma ho un’idea! Perché non si fa un bell’Osservatorio, quale controllo permanente, messa a sistema di dati, loro certificazione con una bella inaugurazione nastrotricoloremunita, telecamere proclami e sorrisi d’occasione? Così si morirà pure, ma almeno abbiamo fatto tutto il possibile. Un Osservatorio a quinquennio sono sicuro sia la prova indiscutibile che davvero di più non si poteva fare.
Centro democratico a chi???? Editoriale del Roma di Basilicata
Posted on 22. set, 2017 by L.P. in Politica nazionale, Regione Basilicata

Centro democratico, quella formazione politica imponente, importante, nota al paese per le sue idee politiche nuove e coraggiose, fantasmagoriche, notoriamente sistemata nell’ambito del centro sinistra, fra Pisapia e una poltrona, Renzi e un assessorato, non ci sta. Lo ha detto a chiare lettere a Benedetto, l’assessore regionale lucano che dalle fila di quel partito ha scalato le vette regionali per poi sedere alla corte di Quagliariello, capo di un’altra imponente formazione politica che, sebbene costituita da chi alfanizzava nel centro sinistra, dopo aver discettato dai banchi del centro destra, ivi è tornata per conquistare il governo del paese, delle regioni, delle contrade e dei rioni.
Non ci sta, e lo ha anche detto a Pittella, al quale ha rivolto la impertinente domanda se continui a presiedere una giunta di centro sinistra o non più, vista, appunto, la presenza di Benedetto che nei fine settimana ha frequentazioni impossibili.
Il buon Pittella, che al Comune di Potenza appoggia addirittura un sindaco di destra, come da sua stessa dichiarazione, proveniente da destra ed eletto dalla destra, ha sorriso alla domanda come solo chi ha fatto il militare a Cuneo poteva.
Destra, sinistra, ma siamo ancora a questo punto? Deve aver pensato il governatore della regione più ricca d’Italia e nel contempo la più povera e inquinata, secondo un machiavellico disegno divino che ci sta mettendo alla prova della pazienza, della sopportazione e del sacrificio.
Deve aver riso di gusto, Pittella, poi deve aver rabbonito l’inquieto Benedetto con un paterno buffetto invitandolo a pensare al bene della Basilicata. Cosa che l’assessore ambidestro deve aver confuso col suo bene personale se fosse vero, come sembra, che stia già preparandosi un futuro da ancor più prima donna per conto del miglior offerente.
Del resto Alfano, ottimo maestro, ci ha insegnato che si può governare da una parte con tizio e da un’altra con caio, senza che un tanto scalfisca l’integerrima strategia politica del suo partito e dei suoi uomini. Quindi perchè Tabacci non la smette di cianciare e non si prende quello che arriva dai suoi uomini di punta, quando questi dimostrano una ubiquità di idee che li rende divini, immanenti, persistenti, icone della modernità, e perché no, anche simpatici e affascinanti?
Ma pare che Benedetto non ci sia rimasto bene, “Cosa vogliono questi qui”? “Hanno dimenticato che mi sono “scocchiato”? Insomma pare abbia rinnegato l’appartenenza al Centro Democratico, sfoggiando una libertà politica e una insofferenza ai legami che lo rende quasi eroico.
Chissà se a destra, e dintorni, lo accoglierebbero a braccia aperte, come un Higuain qualsiasi proveniente dalle fila del più acerrimo avversario.
Dice, ma ancora ti meravigli?
Mannaggione, sì, mi continuo a meravigliare, ingenuo che non sono altro, ma con questa confusione di ruoli, partiti, posizioni politiche, con questa parte di mezzo della politica con un piede a destra e uno a sinistra, anche contemporaneamente, non riesco a capire la vera, unica, questa sì, immanente, regola della vita politica, ben sintetizzata da chi ha ironizzato sulla mitica figura del senatore Razzi nella frase “fatti li cazzi tua”.
Posto preso, editoriale del Roma di Basilicata
Posted on 21. set, 2017 by L.P. in Regione Basilicata

Chi lo ha detto che il cervello dei politici in carriera non si affatica più di tanto? Di sicuro qualche balordo. Questa malsana idea che il politico si giri i pollici dalla mattina alla sera, senza preoccupazioni o ansie, è una conclamata e infondata balla.
Vero è invece che il cervello del politico non conosce pause, sempre in attività, frenetica quanto ottimizzata a risultati concreti e utili, soprattutto per lui.
Ma se, cocciuto come un mulo, qualcuno volesse una prova, eccola qua.
In regione Basilicata in discussione, pare addirittura urgente, la modifica allo Statuto che prevede la possibilità, per i consiglieri regionali nominati assessori, di poter tornare a fare il consigliere ove mai avesse un anticipato termine l’incarico assessorile.
Semplicemente geniale, ma soprattutto molto attuale. Viviamo, infatti, tempi frenetici, nei quali cambiare assessori è il vezzo più vistoso dei governatori, che, evidentemente, non hanno idee durature, e che, facilmente si “scocchiano” con i prediletti di ieri, oppure, avendo stretto nuove alleanze politiche, anche se correntizie, scelgono di gratificarle, le alleanze, con incarichi concreti, a discapito di chi c’era prima.
Il consigliere sa, insomma, che niente è certo, men che meno un assessorato, a prescindere se sei una eccellenza –quale assessore non lo è al momento della nomina- se hai operato bene, male, mediocremente o abulicamente, illuminando la scena o facendo mettere le mani nei capelli. L’incertezza del quadro politico –così usa dire nelle stanze della politica moderna- cioè, le guerre fra correnti, detto in italiano, la mancanza di progetti, obiettivi e ideali, hanno creato un quadro altamente e perennemente sismico. Quindi giusto tutelarsi con una bella legge ritagliata su misura per i consiglieri di oggi, ma anche di domani. Fare l’assessore è bello, perbacco, ma correre il rischio che Pittella si fidanzi, politicamente, con Lacorazza e abbandoni in lacrime Pace, oggi, e domani semmai il contrario, e che quindi la bella poltrona abbandoni il tuo culo precocemente, no, è semplicemente intollerabile.
Insomma, se uno ha fatto tanto per arrivare in consiglio deve rimanerci fino alla fine, a costo di fare una legge, appunto, che elimini storture ed evidenti ingiustizie.
L’altra favola, quella della lentezza della burocrazia e della pigrizia dei legislatori, pure è destinata a rimanere tale. Il disegno di legge di cui sopra ha toccato la velocità di un Freccia Rossa sulla tratta Roma-Firenze, a dispetto delle altre nobili bozze di legge che, invece, corrono sul Potenza-Melfi in una giornata di sciopero dei treni.
Dice “Ma grazie, è una legge che si sono fatta su misura per i cavoli loro”. Balle! I politici hanno dimostrato attitudine, reattività, sprint e lucidità. Basta questo per dedurne l’assoluta capacità a legiferare in genere. Sono cavalli di razza, perdindirindina, e la legge del “posto preso” di futura pubblicazione ne costituisce la prova provata, direbbe un avvocato dal vocabolario problematico.
Quando avranno la certezza di non perdere il posto, anche se per una gita da assessore con coppola e autista, saranno ovviamente in grado di portare la Basilicata in capo al mondo. Ma che dico! In capo alla stratosfera. Ma che dico! In capo alla galassia.
E da lassù sarà per noi tutti divertente guardare il resto dell’Italia brancolare fra insipienze e incertezze, mentre noi, felici, forti di consiglieri sereni e capaci, rideremo di gusto, come sulla ruota panoramica, quella alta alta, con tanto di zucchero filato e trombetta arrotolata.
Buona scuola a tutti, editoriale del Roma di Basilicata
Posted on 13. set, 2017 by L.P. in Regione Basilicata
Comincia la scuola e piovono i messaggi istituzionali di auguri.
Non ho niente contro i messaggi istituzionali, sebbene i social li abbiano moltiplicati e, purtroppo, banalizzati, purchè costituiscano un punto di riferimento, aprano una finestra sui problemi, siano l’occasione per affrontare tematiche problematiche, dimostrando di avere capacità e forza per risolverle.
Coi social, insomma, sembra doveroso fare il proprio annuncio dall’alto del proprio incarico.
Ed è così che anche il governatore della Basilicata ha lanciato il suo augurio, in verità sintetico, ma farcito di tutte le banalità in corso di legge, per l’inizio dell’anno scolastico, su Facebook.
Non mancano le parole chiave della politica by social 2.0, come la parola sfida, ripetuta due volte, la parola futuro, anch’essa al primo posto con due citazioni, la classica promessa di sostegno, tanto non costa un euro e non si traduce in niente, con la ostentata certezza, ovvio, che il sistema sarà all’avanguardia.
Non vi cito i commenti che, in verità, tracimano talvolta la buona educazione, ma sui social accade di tutto, inutile mostrare sorpresa. Ma quel che colpisce è l’assoluta, totale evanescenza del messaggio.
La scuola costituisce la colonna vertebrale delle conoscenze di un individuo. E’ vero che non si finisce mai di imparare, ma la scuola ci avvicina allo studio che poi ci accompagnerà nel resto della vita. La scuola in Italia è in evidente crisi: coi diplomi non ci fai niente e spesso corrispondono a un livello di preparazione approssimativo. Gli insegnanti sono maltrattati, economicamente e non, e non garantiscono più da anni una attitudine e una predisposizione all’insegnamento di livello. Gli edifici sono fatiscenti e mancano delle strutture minime; fra l’altro il futuro, citato dal governatore, non è tinto di rosa, anzi. A ogni terremoto viene giù una scuola e talvolta gli intonaci vengono via per caduta libera.
Ma soprattutto con il diploma e poi la laurea non è garantito il lavoro. Ecco, forse la sfida più grande è questa, per i nostri giovani, ed è una sfida autentica, contro il sistema, che non sarà mai all’avanguardia, o almeno non nei prossimi trent’anni, contro la classe politica, che dimostra quotidianamente una cronica incapacità anche a disfare i nodi al fazzoletto delle promesse, contro un intero paese che sollecita la fuga verso stati più civili e sicuramente una sfida senza l’aiuto dello Stato.
In un quadro del genere il messaggio di augurio del governatore al primo giorno di scuola, appare per quello che è: un tentativo di dimostrazione di sensibilità, presenza e attenzione mal riuscito, con tutte le caratteristiche dell’atto ritenuto dovuto e mal sopportato perché è evidente che la sua scrittura non ha impegnato più di qualche minuto.
Caro Governatore, un messaggio istituzionale è una cosa seria, non è un post di Facebook; può anche essere pubblicato su Facebook, ma non può avere le caratteristiche di un augurio di compleanno o di Buona Pasqua. Insomma un messaggio, oltre o al posto delle solite banalità sulle sfide della vita e del sostegno regionale, aria fritta, deve ergersi al di sopra del comune linguaggio da social, altrimenti rimarrà, soprattutto negli studenti, l’idea che anche il loro studio può avere la dimensione di un Tweet, la profondità di un post con tanto di superficiale approssimazione e superficialissima preparazione. Insomma un messaggio istituzionale o è originale e denso di contenuti o è meglio non farlo, o crea dibattito e pone domande o è una inutile ma ufficiale dimostrazione di poca sensibilità, appunto, istituzionale, oltre che di scarsezza di mezzi.
Questi social hanno rivoluzionato la nostra vita, e l’hanno semplificata, tanto semplificata da istituzionalizzare anche l’ovvio e renderlo anche eccellenza. Ahinoi!
L’ignaro governatore, editoriale del Roma Basilicata
Posted on 11. set, 2017 by L.P. in Regione Basilicata

Tutti sapevano tranne lui, che, quindi, anima pura, autorizzava la riapertura del centro nonostante titolati esperti avessero relazionato sul pericolo conclamato per la salute dei valligiani dell’attività estrattiva.
Immagino che ora gli strali dell’ignaro governatore si abbattano su chi, pur sapendo, non glielo disse, considerandolo, evidentemente, o poco interessato o totalmente indifferente o talmente sensibile da non volervo gettare nello sconforto più assoluto.
In generale una giustificazione del tipo “non ne sapevo niente”, da parte di un governatore con cotanta personalità, dovrebbe far scompisciare dalle risate non fosse estremamente grave. Perché delle due l’una: se dice la bugia è un irresponsabile pericoloso, se dice la verità è inadatto al ruolo che occupa anzi non è proprio cosa sua.
Sconfortanti entrambe le soluzioni. Ce ne sarà una terza, chissà, che coinvolge il prezzemolino fantasma formaggino, ma la lasciamo come ipotesi da Corriere dei Piccoli.
Fatto sta che l’attività estrattiva fa male. Non bastassero gli sversamenti, per gradire, per colpa di un vigliacco forellino, ci si mette pure il fumo. Beh, che non guarisse la bronchite sembrava palese, ma che facesse pure male, molto male, ora è addirittura ufficiale.Va da se che se era encomiabile il finanziamento di una costosissima indagine da parte dei comuni interessati, non è da eroi averla taciuta invece di sbandierarla, ostentarla e gridarla, prima della riapertura del Centro.
Ora la Regione spenderà un’altra cospicua somma per verificare direttamente, per garantirci che la nostra salute vale di più di una royalty.
Sarà. Ma è bene ricordare come la Regione Basilicata sia passata dalla fiducia cieca nei controlli che Eni faceva su se stessa alle relazioni medico-sanitarie da lasciare nel cassetto per non rovinare l’estate a Eni, residenti, malati e ipotetici malati, eroica.
Magari i sindaci che erano sicuramente a conoscenza della relazione non hanno creduto ai professori che avevano incaricato, avranno avuto le loro nobili ragioni per non destare quell’allarme che oggi viene fuori, insomma qualcosa li avrà spinti a tacere e rinviare.
Magari ce lo dicessero non sarebbe cosa azzardata ma, suggerisco, doverosa.
Quanto al governatore, che, devo immaginare, quando faceva tardi a scuola accusava la sveglia che non suonava, si inventasse una scusa più plausibile oppure facesse i nomi di chi gli ha taciuto la notizia. Del resto visto che la relazione è di giugno e il centro è stato riaperto a luglio, forse, chi sapeva doveva avere qualche premura speciale. Perché non l’ha avuta?
A questa domanda sarebbe il caso di dare una risposta. Qualche volontario? No?
Mannaggione.
Certo è che si sta scherzando con la salute dei residenti. Io lo trovo gravissimo. Ma evidentemente esagero io, visto l’andazzo. Anche la Procura pare che farà una indagine espiodemiologica. E saranno tre. Chissà, forse una decisione la prenderanno dopo che sarà stata estratta l’ultima goccia di petrolio. Sì, dai, dopo, chè ora ci servono i soldi. Se poi con questi soldi ci finanziamo una indagine che non utilizziamo, almeno tempestivamente, beh, diamine, abbiamo quantomeno fatto girare l’economia. E se ci è costata qualche vita e la salute di qualcuno, pazienza, se pensiamo che c’è gente che si autodistrugge fumando, che senso ha impedire che ad avvelenarci sia un fumo ch produce danaro, fa niente se a noi non tocca niente?
Lauria, caput mundi, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 01. set, 2017 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Regione Basilicata

Ma cosa sono le ZES?
Andiamo con ordine. A fine giugno del corrente anno, nonevèro, lo stato italiano partorisce un decreto legge per, udite udite, favorire la crescita economica del mezzogiorno.
Un polpettone di legge che regolamenta di tutto, dai rifiuti ai Patti per lo sviluppo, dalle Zes appunto all’Ilva, dall’imprenditoria giovanile alla semplificazione amministrativa.
Il decreto diventa legge solo ai primi di agosto.
Sono previsti decreti attuativi che disciplineranno le modalità di istituzione delle Zes e tutta la normativa diciamo di sostanza, come la durata delle Zes, l’accesso ai benefici ecc. ecc.
Le Zes comporteranno benefici di vario tipo, per esempio fiscale, a quelle aziende già operanti all’interno della Zes o che nasceranno dopo, purchè sia garantita una attività duratura nel tempo e varie altre quisquilie.
Le Zes possono essere formate da più territori, anche non contigui, e devono includere un’area portuale di quel tipo che in Basilicata non esiste.
La Zes, che verrà battezzata dallo Stato su proposta della Regione, vedrà un comitato di gestione dedicato alla sua amministrazione presieduto dal Presidente dell’Autorità portuale di riferimento.
Insomma qualcosa che sta per nascere, ma che allo stato rimane definita solo per grandi linee.
Ma la Basilicata, pur priva di porti, è già pronta. Neanche il tempo della conversione in legge, senza un decreto attuativo, senza norme specifiche che regolamentano iter e quant’altro, e la Basilicata si dimostra prima della classe avendo già individuato le sue belle aree Zes.
La Giunta, infatti, già il 4 agosto aveva le idee chiare: Ferrandina col porto di Taranto per riferimento e la località Galdo di Lauria con riferimento il porto di Salerno o Napoli. Un record o quasi.
Roba da strabuzzare gli occhi per cotanta tempestiva operosità.
La Campania e la Puglia non risultano consultate, anche se vien da pensare che dovendo presiedere attraverso le loro Autorità portuali i comitati di amministrazione, forse qualcosa avrebbero da dire. Così come non è chiaro se uno stesso porto possa servire più Zes, nel qual caso immagino che la Campania possa preferire una Zes campana, appunto, ma queste sono cose secondarie, diamine.
Il criterio di scelta bisogna immaginare sia stato ideato esclusivamente dalla Giunta o da Pittella, viste le lamentele in giro e la evidente rapidità dell’azione.
Le zone identificate devono avere fra di loro un nesso economico funzionale, che immagino si estenda al porto di riferimento.
Ebbene quale nesso economico funzionale colleghi Lauria a Salerno è difficile da intuire ma tant’è.
Qualcuno comincia a lamentarsi seriamente, perché la creazione delle Zes dovrebbe inserirsi in un piano strategico di sviluppo ragionato, condiviso, concordato, tiè, approvato da qualcuno. Ma non c’era tempo, diamine. I decreti attuativi dovrebbero essere scritti entro i primi di ottobre, quindi meglio sbrigarsi, conviene essere i primi a proporsi, come alle biglietterie dei concerti, dove si arriva anche il giorno prima.
Tito o altri comuni potranno aspettare che altre zone possano svilupparsi meglio e prima, soprattutto con i benefici fiscali e amministrativi che saranno previsti.
Lauria è un noto polo industriale lucano, nonevèro, lo sappiamo, forse il più grande, hihi, con marcata vocazione produttiva, come ha riferito la Giunta (sic!) e il governatore è di Lauria, oltre a essere lo Ze(u)s di Basilicata. A marzo potrebbe essere destinato ad altri incarichi. Meglio darsi da fare. Del resto mettere le mani avanti non costa niente, diamine.
Una lettura maliziosa? Come no, ma se studiassimo a fondo l’articolo quinto, quello del chi tiene in mano ha vinto, tanto maliziosa non sembrerebbe. Ma aspettiamo le motivazioni della scelta che, come per una sentenza, forse arriveranno dopo la decisione estiva. Fra i sindaci lucani si è sentita solo la voce del Sindaco di Tito per protestare per la mancanza di strategie condivise o per l’esclusione. Gli altri hanno taciuto. Ad agosto hanno altro da pensare. Vero De Luca?
BasilicUnesco, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 31. ago, 2017 by L.P. in Argomenti, Regione Basilicata
Ben cinque siti lucani candidati a patrimonio dell’Unesco, come dire che si sono scatenati. Dopo decenni di torpore gli amministratori lucani hanno scoperto la Basilicata. Era ora?
O forse basta il “non è mai troppo tardi” dei primi anni della TV in bianco e nero?
Certo è che a oggi la Basilicata conta solo la città di Matera coi suoi Sassi nel patrimonio Unesco, proporne ben cinque tutti assieme è una bella sfida, ma avere la capitale della cultura evidentemente ha fatto aumentare la consapevolezza delle proprie bellezze.
Certo ci sono volute commissioni speciali, studi regolarmente finanziati, approfondimenti, ricerche e sacrifici, roba che ha stremato più di qualcuno, sebbene, forse, sarebbero bastati i Comuni interessati a pensarci. Ma a noi italiani la burocrazia piace, eccome se piace, senza ci sentiremmo come nudi con la sola foglia di fico a nascondere le vergogne, come si diceva un tempo.
I siti individuati, e cioè le Rabatane di Tricarico, Tursi e Pietrapertosa, il paesaggio di Maratea e i calanchi di Montalbano Jonico sono tutti meritevoli di candidatura, anche se probabilmente ce ne erano altri altrettanto meritevoli. Ma visto lo sforzo politico-burocratico-amministrativo sì massiccio, in effetti, a conti fatti, si poteva candidare l’intera Basilicata, vieppiù se si considerino le fatiscenti infrastrutture, tanto desuete quanto ancorate temporalmente a un passato neanche tanto recente che ne fanno un territorio unico anche perché inaccessibile.
Come se la tortuosità e la problematicità dei percorsi per raggiungere le nostre bellezze ne acuisse i pregi, rendendole vere e proprie scoperte, un po’ come quando si scala una vetta e finalmente ci si arriva.
L’impegno regionale profuso nel proporre le candidature non è pareggiato dalla cura per il mantenimento di cotanti struggenti bellezze, però. Non oso pensare a quanto venga stanziato annualmente specificamente per questo fine. Ma tant’è, le nostre bellezze rimangono tali.
Come un bell’uomo cui difficoltà, tempo e dolori non riescono a cancellare i tratti della sua bellezza, anzi che semmai aumentano.
Ma, dicevo, tenuto conto che fra i requisiti per ambire a diventare patrimonio dell’Unesco c’è anche l’essere testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa, ebbene tutta la Basilicata potrebbe ambire alla candidatura.
Prendiamo i nostri treni o le nostre corriere, raccontiamo lo stato delle nostre strade, la più moderna quasi cinquantenaria, o poco di meno, pubblicizziamo la rigorosa bassa velocità dei nostri trasporti pubblici, ebbene tutto questo racconta di una Italia che non c’è più, dell’Italia della ripresa del dopo guerra. Il fallimento di buona parte delle esperienze industriali, racconta poi, di un territorio riottoso alla modernità, oltre che di un feroce attaccamento all’agricoltura. Certo, c’è Eni con le sue estrazioni, c’è la ex Fiat, che raccontano di invasioni che ci hanno portato qualche mollica di benessere e una montagna di problemi, ma è bene sottolineare come le new entry non abbiano modificato la struttura originaria della viabilità, per esempio, né abbiano condizionato l’agire strategico e visionario dei nostri politici che rimane incollato all’opportunità della raccolta del consenso senza andare oltre. Beh, non proprio, in effetti, perché la nostra classe politica si è attrezzata per le candidature, come vedevamo, riuscendoci anche bene; basti pensare anche ai capodanni Rai, per dire.
Quindi avanti così. Lucani, contadini eterni, e ora anche candidati di professione.
Risparmiamo su pane e pasta ma non sull’amaro! Editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 23. ago, 2017 by L.P. in Città di Potenza, Regione Basilicata

Perché noi si abbia una idea completa di come si tutelano ambiente e sicurezza, è sufficiente dare ascolto alle lamentele che provengono in questi giorni dalla Polizia Penitenziaria e dai Vigili del Fuoco di Potenza.
Entrambi i corpi parrebbero allo stremo, a sentire le loro voci sindacali, e non è difficile crederci.
L’emergenza incendi, infatti, pare abbia palesato una organizzazione buona per un agosto al polo, dove è difficile accendere anche soltanto un falò, non altrove, giammai lì dove temperature, delinquenti e alberi si sono dati un mortale appuntamento. Il famoso buon padre di famiglia, accumulata tanta esperienza e dopo aver fatto il militare a Cuneo, avrebbe previsto ferie diversificate o programmato rientri immediati, per sopperire agli immaginabili straordinari, dalle nostre parti pare né l’uno, né l’altro, in un festival dell’approssimazione di rara perfezione.
Il controcanto, come dicevo, arriva dalla Polizia Penitenziaria, che lamenta turni gravosi e fuori regola, orari impossibili e altre variegate doglianze, tutte, per la verità, meritevoli di attenzione.
Sapevamo già che ciclicamente, Polizia e Carabinieri, lamentano budget sempre minori, oltre a vere e proprie carenze di mezzi e personale, il tutto condito con stipendi, pare, mediocri.
Di che stare allegri, dai. Lo Stato si è fatto seriamente carico di tutelarci e lo fa alla grande, riuscendo a spendere sempre meno, magicamente.
Il costo delle opere pubbliche, si sa, in Italia è il più alto d’Europa, e non perché si usa l’oro al posto dell’acciaio e i bulloni sono abbelliti con brillanti, macché, solo perché v’è il sovrapprezzo della corruzione, della cattiva burocrazia e della inefficienza. Su queste voci, il nostro previdente e sapiente Stato, aveva pensato di porre rimedio, almeno parzialmente, unificando gli acquisti attraverso la Consip. Sappiamo bene in quale stato vegeta l’ente e come sia attenzionato dalla magistratura, per poter concludere che accentrando gli acquisti si sia accentrata anche la corruzione. In fondo perché far guadagnare tante persone illecitamente regione per regione, ente per ente, meglio che a raggranellare il gruzzoletto siano in pochi, ben sistemati a Roma.
Questo per dire che se si risparmia sulle necessità primarie, non può poi sprecarsi tanto danaro a beneficio di malfattori, senza intervenire seriamente. Cosa, invero, abbastanza semplice anche in Italia, patria dell’imbroglio, dell’imboscamento e della tangente.
Ecco basterebbe inserire una persona onesta in ogni organismo e farla lavorare serenamente. Un onesto si accorge immediatamente delle manovre illecite, ne sente l’odore e non le sopporta. Quindi denuncia. Ora il problema è che finora i pochi onesti in azione sono stati isolati, ghettizzati, depotenziati, dai disonesti o dagli omertosi.
Accade come quando un lavoratore si trova in una squadra di sfaticati, dopo un pò scoppia e comincia a protestare, quindi viene fatto fuori dalla maggioranza.
Dicevo, quindi, basta metterci un onesto e coprirgli le spalle, farà tutto lui, poi basterà raccogliere i frutti.
Ma mi rendo conto che oltre a essere troppo complicato, alla fine non guadagnerebbero più alcun extra i furboni del quartierone, e quindi, ok, tagliatemi i finanziamenti ai vigili del fuoco, alle guardie penitenziarie, alla sanità e a quello che veramente serve, ma non toccatemi gli appalti, quelli mai.
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