Una situazione disperata
Posted on 19. mar, 2010 by L.P. in Città di Potenza, Commenti

Insomma le indagini non vennero fatte come si suol dire “a tappeto”. Evitare di perquisire attentamente tutta la chiesa è stato grave, e la circostanza ci consegna una immagine nitida di quale professionalità sia stata profusa nel caso Claps. La giustizia mostra il suo fianco debole, mostra crepe inimmaginabili. Per 17 anni, più inquirenti hanno omesso di fare una cosa che presumo si legga su tutti i manuali di investigazione, e cioè perquisire da cima a fondo, tutti i luoghi nei quali, di sicuro, si era trattenuta la dolce Elisa il giorno della sua scomparsa. L’errore è stato ripetuto per 17 lunghissimi anni. Quanto sia credibile questa giustizia rimane domanda più che lecita. In questi giorni ho avuto modo di conoscere altre chicche della giustizia lucana. Una denuncia-querela presentata nel 2004, è stata nei giorni scorsi archiviata, da una Procura lucana, per intervenuta prescrizione. Cioè l’unico atto compiuto è stato quello della verifica, dopo sei anni, che era passato troppo tempo e che si poteva archiviare il caso. Con buona pace di chi aveva richiesto giustizia. Nel fascicolo non c’era un rigo di indagine, rapporto o quello che volete voi. Niente di niente. Evidentemente qualcosa non funziona più nella giustizia italiana. Il meccanismo si è inesorabilmente inceppato. Le professionalità sono un optional, e il quadro è spettrale. Sotto accusa, evidentemente, tutti i governi che si succedono da una ventina di anni, e la categoria dei magistrati che si oppone a ogni forma di intervento a difesa di una vera e propria casta abituata a non pagare mai per i propri errori. L’inadeguatezza dell’impianto giustizia è direttamente proporzionale all’importanza che i magistrati hanno assunto nella vita di tutti i giorni e di tutti i cittadini. Non c’è aspetto della vita italiana che non sia condizionata da quello che può fare un magistrato. Le carriere, di giudici e PM, vanno divise senza indugio, e probabilmente, va creata una scuola del diritto comune ad avvocati e magistrati tutti, perché siano accomunati, tutti gli operatori del diritto, da una vera e propria “cultura del diritto” nella quale poi sia possibile intraprendere strade diverse. Cultura del diritto che, se mai c’è stata, è andata persa. La giustizia è sacra e costituisce un pilastro di ogni democrazia; una giustizia affidata a chi, per tornare agli esempi fatti, chiude i fascicoli in un armadio per oltre cinque anni, o dimentica di fare una semplice perquisizione, è una giustizia, bene che vada, in mano a dilettanti allo sbaraglio. Inutile dire che ci sono fior di magistrati che onorano la toga che portano con sacrifici ed abnegazione, oltre che con la qualità del loro operare; cionondimeno non può revocarsi in dubbio che episodi del genere testimoniano che esistono anche vistose sacche di inefficienza e di incapacità. Momenti come quelli che si vivono a Potenza in questi giorni, dovrebbero aiutare anche chi giuda la nave Italia che non è più tempo di perdersi in chiacchiere, e che bisogna ridare credibilità ad un sistema alle corde, lì lì per cadere steso sul ring. Se esiste un minimo di responsabilità, di senso dello Stato, di senso della funzione pubblica, in molti dovrebbero cominciare a correre ai ripari. Ma come sempre non accadrà nulla. Allora ci pensi la gente a ribellarsi. Una civile ma poderosa protesta contro un sistema che non funziona più.
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