Un cane
Posted on 31. mag, 2010 by L.P. in Racconti

Trotterellava per non sentire il freddo. Di tanto in tanto di fermava incuriosito dall’odore lasciato in un angolo da una femmina. Oppure si fermava per mangiare qualche avanzo rifiutato anche dagli spazzini. Non aveva amici, né un branco, ma quando incontrava i suoi simili veniva sempre rispettato. I più giovani gli rivolgevano anche un rispettoso saluto e giravano al largo. Amava girare nelle prime ore della notte, o al mattino prestissimo, quando poteva sentirsi il padrone della strada, quando non c’erano uomini pronto a scacciarlo, raramente a provare a carezzarlo. Per dormire, poi, sceglieva preferibilmente camion o autobus, sotto i quali non arrivava la pioggia, e peggio ancora la neve. Cominciava, però, a soffrire troppo il freddo, che sentiva nelle ossa, fino a provare dolore. Un giorno incontrò una bimba che lo guardava con timore, seppur affascinata. Lui se ne accorse, rallentò il passo e le passò docilmente accanto, desideroso di una carezza. La bimba facendosi coraggio lo accarezzò timidamente sul dorso. Lui scodinzolò felice, ma anche lui lo fece molto timidamente. Si fermò, comunque, e le si strofinò sulle gambe. La bimba lo accarezzò più confidenzialmente e gli sussurrò parole dolci e affettuose. Poi, richiamata da una voce adulta, lo salutò, e tristemente andò via. Riprese, allora, la sua strada. Tornò in quel posto un’altra volta e un’altra ancora con la speranza di ritrovare la bimba, finchè decise di sostare fino a quando non l’avesse incontrata di nuovo. La sua attesa fu premiata dopo qualche giorno. La vide tornare dalla scuola. Si salutarono allegramente. Poi la bimba scappò prima di essere richiamata. Da allora accompagnò la bimba ogni volta che usciva, per andare a scuola o dalle amiche, ma solo quando la bimba era sola. La bimba cominciò a portargli da mangiare quello che riusciva a trafugare da casa senza farsi scoprire. La bimba poi diventò una ragazza e chiese ai genitori di poterlo accogliere in casa. I genitori non seppero dirle di no. Lei ebbra di felicità andò a chiamarlo. Lui capì, ma con gli occhi le disse “grazie, ma non voglio. Voglio vivere solo, qui giù, e sapere di poter stare con te quando esci. Ma niente di più. Ho vissuto sempre da solo e voglio continuare a farlo. Voglio essere libero di sceglierti ogni giorno una nuova volta.” La bimba ci rimase male. Non capiva o non voleva capire. Voleva arrivare a possederlo, ad esserne padrona. Lui lo capì, ma non le volle male, né l’abbandonò. Continuò ad aspettarla ogni giorno, e a seguirla docilmente. Ma lei si era ormai offesa, e stanca di essere seguita lo fece scacciare dai genitori, che, seppur increduli del cambiamento, obbedirono a quest’altro capriccio. Andò via. Sempre trotterellando. Ma non fu più come prima.
La sinistra si evolve
Posted on 31. mag, 2010 by L.P. in Attualità, Società e costume

Una volta a sinistra usava dire: “Ho molti amici gay, sono deliziosi”. L’evoluzione, poi, ha fatto il miracolo, e ora a sinistra si azzarda finanche un: “Conosco persone di destra davvero carine”. Continuino così, tanto se la cantano e se la suonano da soli. Patetico.
L’Oroscopo di Fred Mulligan. I Pesci nel mese di giugno
Posted on 31. mag, 2010 by L.P. in Oroscopo

I ricordi compaiono di frequente e lasciano uno strano sapore in bocca. Se solo riusciste a essere determinati come quando decidete voi. Purtroppo vi riesce solo di rado, diciamo ciclicamente, o per settori.
Siete capaci di voltare pagina solo dopo aver consumato ogni briciolo di pazienza e sopportazione.
Il senso del dovere vi condiziona, vi limita, vi opprime. Ma sopportate troppo bene la fatica per rinunciarvi, e poi vi garantisce serenità.
Schiavi dei sentimenti correte quotidianamente rischi incredibili, ma non ve ne rendete conto.
Passate da una fiducia cieca, quasi da sprovveduti, a uno scetticismo fatalista.
Lavoro: niente di speciale, ma il periodo è buono. Successi, affermazioni e vittorie, piccole ma tante, vi inorgogliranno.
Denaro: quello che vi servirà.
Amore: la pagnotta, quella buona, non ve la regala nessuno, va sudata.
Salute: siete tranquilli, a abuserete un pò.
Sesso: avrete voglia di sfrenarvi, ma senza il giusto partner può essere una delusione.
Ma quello che conta è che Plutone ha deciso di arricchirvi con iniezioni di blasfemite acuta: il linguaggio ne risentirà e questo potrebbe indurire qualche rapporto. Venere, saggia, vi consiglia di premere sull’acceleratore e di usare quelle marce che non ingranate mai. Sembra difficile ma alla fine vi entusiasmerà. La quadratura del Sole con Urano e qualche satellite di Giove alita melanconie perverse nei nati nella prima quindicina, mentre la luna garantisce furbizia. Attenti a Marte, lui ci prova sempre a farvi combattere, ma basterà sentire i consigli di un Saturno vagabondo, per sventare ogni minaccia.
Infine, siete maestri del riciclo e non gettate via niente ma la vera libidine è il nuovo.
L’oroscopo di Fred Mulligan. Il Toro nel mese di giugno
Posted on 30. mag, 2010 by L.P. in Oroscopo

In lontananza il rombo del tuono toglie spazio a ogni consuetudine. L’aria è elettrica e non c’è molta luce. Si alza un vento impetuoso. Rifugiarsi sotto le coperte? Niente di più sbagliato. I temporali hanno una grande dignità e sono leali. Sono sinceri e vanno via presto. Chiedono amicizia. Prova a dargliela.
La luna è svogliata, e questo è un vantaggio indiscutibile per un amichevole Saturno che, pur di non annoiarsi, ti suggerirà per il meglio.
L’esagono stellare che si forma fra il grande carro e lo stipite del vostro armadio, da un lato, e gli edifici dell’Enel, dall’altro, non sopporta le modifiche che tu in genere riservi ai rapporti umani, quasi si trattasse di motorini da potenziare.
Sei al contempo sicuro di te e umile oltre ogni dignitosa previsione. Attento agli invidiosi, sempre con il fucile in mano puntato contro di te.
In amore non avere certezze e soprattutto mettiti alla prova su campi di battaglia inusuali per un abitudinario come te.
Talvolta essere precisi e puntuali non paga, meglio la svagatezza e l’indifferenza per le altrui ansie.
Problemi di pelle, soprattutto per i nati della seconda decade e mezzo. La dieta deve essere più proteica, per evitare arrossamenti e brufoli vari.
Nel lavoro tira dritto e non guardarti dietro. Apri più spesso il cassetto segreto della tua scrivania, e tira fuori tutto, una volta per sempre.
Abbandonati alle gioie del sesso, supera ogni limite velocemente e senza troppi preliminari, perchè prenderai sempre sonno molto presto: meglio fare tutto subito.
I denari non mancheranno, ma spendi meno per te e più per i tuoi cari.
E non dimenticare che: mangiare è bello, ma vuoi mettere col cucinare?
Fred Mulligan, l’intervistatore astrologo. L’unico consultato da Nero Wolfe.
L’oroscopo dello Scorpione per il mese di giugno
Posted on 29. mag, 2010 by L.P. in Oroscopo

Il mare di fango va asciugandosi, e le sabbie mobili della tua ansia si solidificano in splendide certezze, basterà non cullarsi troppo e conservare l’umiltà. Ma per te non è difficile. La luna manda segnali di fumo che sembrano indecifrabili, ma Venere ti aiuta a capire. Un Giove generoso zittisce Marte, e, in trigono con la befana, ti culla con banconote e regalie varie.
Attento a un gemelli, ma dividi tutto con pesci e bilancia. Segui l’istinto e abbandonati alla fantasia più erotica possibile. Nota stonata i calli e la gastrite.
Sul lavoro se la vede un Saturno affabulatore.
In amore cambia marcia. La solita supponenza cede il passo al fascino discreto.
Guarda nelle tasche dei pantaloni abbandonati, ci troverai qualche spicciolo e un biglietto galeotto dimenticato.
Non confondere, però, la riservatezza con la timidezza. Un pallido Urano osserva attento, e non vorrei che catalizzasse i pensieri dei nati nelle ultime ore della fine di ottobre.
Ricorda che le stelle illuminano il cammino di chi ha la testa fra le nuvole. Un debito ti verrà rimesso e più di qualcuno ambirà a circostanziare i tuoi tumulti. Ignorali, e segui la direzione del grecale………. fino a quando avvisterai da lontano la meta. A quel punto disinteressati della rotta perchè ogni strada ti sarà maestra.
Fred Mulligan, l’intervistatore astrologo, l’unico che consulta Nero Wolfe.
La confessione
Posted on 29. mag, 2010 by L.P. in Amenità, Società e costume

Padre, vorrei confessarmi. Vieni figliolo, apriti. Dimmi, in cosa hai peccato? Padre, ne ho fatte di tutti i colori; ho imbrogliato, ingannato, falsificato, rubato, corrotto, turlupinato, sfruttato, ho abusato della mia posizione, sedotto mille donne, sono avido, egoista, millantatore, ho ingiuriato e diffamato, calunniato, ho mentito, ho omesso, e ho fatto tanto male, riuscendo a fare sempre e soltanto i miei sporchi comodi. Figliolo, da quello che mi dici potresti essere un politico. Eh, ne ho conosciuti di tipi come te. Si’, padre, sono un politico. Ma il bello è che la gente mi vuole bene, mi vota, mi stringe la mano, chiede di me, mi gratifica quotidianamente, mi riempie di attenzione, e poi i giornali parlano sempre di me, e sebbene qualche volta mi critichino, comunque parlano di me come di un gran personaggio, che, in fondo, bè, posso dirlo, in effetti sono. Certo, figliolo. Ma io mi chiedo, padre, ma se ho tanto peccato, che giustizia c’è mai sulla terra se, agli occhi della gente, io sono una persona straordinaria, e non un comune e squallido peccatore? Figliolo, non dimenticare che viviamo in Italia. Terra strana la nostra. Scommetto che tanti tuoi colleghi onesti, duri e puri, non hanno la stessa tua fama. E’ verissimo, padre. Lo vedi? E’ il cosiddetto miracolo italiano, che si ripete sempre da secoli. E non subisce mai crisi. Più fai male in terra, più sei osannato. Più fai bene in terra, e più sei un personaggio fallito, o quantomeno scomodo. Qui, da noi, il rapinatore, il furfante, ha sempre un aspetto, diciamo un alone di santità. Il furbo è un eletto. Noi italiani non digeriamo la verità, la coerenza, e viviamo di ipocrisia, e, quindi, di cosa ti preoccupi. Sei uno dei tanti. Si’, va bene padre, ma poi, quando la mia anima salirà in cielo, l’aspetteranno le fiamme dell’inferno. Ma che credi, che la vita cambi solo perchè muori? Sei un bambacione, politico, ma bambacione. Le anime italiane andranno nel cielo italiano. Lassù, è tale e quale quaggiù. I furbi vanno avanti, e i duri e puri mordono il freno, lavorano per tutti, e tengono alta la media della morale generale. Ma la bella vita la fanno le anime politiche. Quelle persone che non hanno mai lavorato in vita, e che quando camminavano fra la folla questa si apriva al loro incedere, nell’altro mondo conserveranno tutti i privilegi. Insomma il concetto è il solito: potere chiama potere come la disgrazia chiama la disgrazia. E ora non rompere più i coglioni. Piuttosto, qui, in parrocchia, abbiamo bisogno di una risistemata ai marciapiedi e alla fontana; ah, e ci vorrebbe una fermata del bus proprio qui all’angolo; sai per i fedeli. Puoi interessartene tu, che, per la tua anima ci penso io? Certo, padre. Come già fatto. Bene. E devo fare penitenza? Ma va là! Quelle sono cose per disgraziati, non per te. Vai a fare le tue cose, bambacione, e non venire più a rompere le palle. Per farci una chiacchera, si’, ma con ‘ste monate vedi di smetterla. Grazie, Padre, sei un mito.
Freni a bacchetta
Posted on 29. mag, 2010 by L.P. in Amenità

E’ mattina presto. Sono pronto per uscire. Col pc nella apposita borsa con tracolla inforco la mia Bianchi nera, freni rigorosamente a bacchetta, e pedalando allegramente comincio una giornata che si annuncia mediamente impegnativa. Potenza a questa ora è bella, silenziosa e poco frequentata. Soltanto gli edicolanti che spaccottano i quotidiani, i baristi che lucidano i banconi e gli spazzini che fischiettando ripuliscono per bene la città. Il percorso pianeggiante non affatica anzi rende fluifa la pedalata che un rapporto fisso da città rende addirittura rapidissima. Dall’aeroporto comincia il primo decollo, ma il ronzio è lontano e fa quasi compagnia. E’ il volo per Roma, lo prendono i pochi parlamentari potentini che faranno ritorno in serata. Pochi autobus, già discretamente affollati, invadono le strade già impegnate dai ciclisti. Le poche auto sono ancora chiuse nei garages interrati. L’aria è fresca e pulita, e dalle fontane sgorga una leggerissima acqua montana. Mi fermo al solito bar. Mi seggo al tavolino all’aperto, anche questo il solito, e apro i quotidiani fermati da bacchettoni in legno ludico e consunto dall’uso, che il barista mette a disposizione degli avventori. Senza chiedere nulla mi vedo servire un fumante cappuccino cosparso di cacao con la bustina di dolcificante. Lascio un euro sul tavolo e riprendo a pedalare. Ora le strade sono già più affollate: tante bici, anche sportive, sono quelle degli studenti. Bella gioventù quella potentina. Molto sportiva, assedia nel dopo scuola le tante strutture pubbliche messe a disposizione della amministrazione. Ma anche molto studiosa. La biblioteca “no stop”, così chiamata perchè aperta 24 ore su 24, è sempre gremita di giovani e meno giovani. Le sale di lettura, quelle per le proiezioni e quelle dedicate alla navigazione in internet sono sempre gioiosamente piene. Il sistema wireless cittadino, comunque, consente a tutti di sedere su una delle tante confortevoli panchine e fare la propria navigata senza stare al chiuso. Avverto, però, un dolore alla caviglia; come una serie di calci o bastonate….oh; uffa, è mia moglie che mi sta avvertendo che russo. Uffa mi tocca rigirarmi e cominciare il sogno daccapo. va bè, fa niente, stavolta ci metto pure le macchine elettriche volanti.
La mortazza
Posted on 28. mag, 2010 by L.P. in Amenità

Ieri ho ricevuto questo messaggio mail da un amico-poeta; racconta di un episodio durante la tratta Potenza- Milano dell’autobus, l’ho trovato subline, un indecente inno alla mortadella:
ore 4.10-4.20 circa, tratto autostrada rimini-bologna
traffico medio,visibilità buona,clima primaverile.
torpore notturno,non sonno vero nè condizione vigile,
dalle retrovie del bus un aroma unico,imprescindibile,
ineffabile,immarcescibile,idilliaco,bucolico mi rapisce
i sensi….una signora tracagnotta e pasciuta sfodera
una scialuppa ripiena di lei…la mortazza degli dei,
quella che zeus tentò di custodire gelosamente da
tante grinfie non degne…
sono andato nel pallone,salivazione accelerata,
cratere stomacale,un’estasi quasi non traducibile
a parole,la signora ingurgitava con avidità e cupidigia
ai limiti del piacere saffico…
L’interrogatorio
Posted on 28. mag, 2010 by L.P. in Racconti

Si immaginava fuori a camminare sotto la pioggia, senza cappello, senza ombrello, col volto solcato dalle gocce d’acqua, e i capelli fradici. In quel momento, quella era l’idea di ribelle libertà che aveva. Una boccata di denso fumo sputatagli in faccia all’improvviso lo fece tossire e lo riportò alla realtà. Il Pubblico Ministero, sprezzante dei divieti, fumava una sigaretta dopo l’altra, e conoscendo il fastidio che l’indagato provava per il fumo, gli stava molto vicino, e ogni tanto faceva in modo da riversargli addosso una intera boccata. Lui non nascondeva il fastidio, ma riusciva a mantenere un sorriso distaccato e ironico. Nella guerra di nervi non c’era partita. E il PM se ne era accorto. Ma gli rodeva tanto da indurlo ad ogni scorrettezza, se non a veri e propri abusi. “Ci mancano che mi picchino”, pensò, un po’ atterrito e un po’ divertito. Nella stanza c’era anche il suo avvocato, un vecchio amico che nelle cene si mostrava un trascinatore vero e proprio, ma in quella occasione era poco più che un elemento dell’arredamento. Già da qualche minuto nessuno parlava. E quindi la sua mente si allontanava, vagava fra un ricordo bello e una riflessione amara, immaginando, di tanto in tanto, aria fresca e pulita. Il poliziotto scalpitava in maniera evidente. Avrebbe voluto condurre lui l’interrogatorio, era sicuro di cavare qualcosa in più del borioso PM. Ma doveva mordere il freno, il PM notoriamente non lasciava spazio a nessuno. Un giovanotto belloccio, ricercato nel vestire, ma senza ottenere buoni risultati, presuntuoso ma in fondo trascurato, come risultava evidente guardandogli le unghie sporche. “ Se avesse letto Simenon, o Stout”, continuò a pensare, “sulla scrivania non mancherebbero birre e panini”. Invece solo carte e computer. “Lei si ostina a mentire, ma non sa cosa l’aspetta”, sussurrò il PM con tanta enfasi da far sorridere. Cosa che non riuscì ad evitare di fare l’indagato. Il PM se ne accorse ed ebbe un moto di stizza, violento, inatteso: lo colpì al volto, meschinamente, standogli alle spalle. L’avvocato ebbe un sussulto, ma non riuscì a protestare. Il poliziotto trasalì, e accennò una parolaccia, chissà a chi diretta. L’indagato avvertì dolore, e sentì il sangue colargli dalle labbra. “Saltati i nervi? O non le è mai riuscito di fare a botte da piccolo per paura di prenderle? Sa, anche io ho sempre avuto paura della violenza fisica, ma quando il dolore è inatteso non si soffre troppo. Quello che fa male è l’attesa, quella snervante di qualcosa di doloroso. Per esempio, ora che so che lei può picchiarmi di nuovo, sono più teso, ho paura di quello che può farmi, vigliacco come è. Quindi non c’è motivo che sia tanto nervoso. Una battaglia l’ha pur vinta, incutendomi paura. E poi una volta aperta la strada, le sarà più facile farsi violentare dalla sua vigliaccheria.” Il PM, a quelle parole, non ebbe più remore e si scagliò sull’indagato, colpendolo più volte. L’avvocato farfugliò qualcosa, mentre il poliziotto afferrò il PM per le spalle e lo scaraventò via; poi prese un fazzoletto e lo tese all’indagato perché si pulisse. Gli versò dell’acqua ed ebbe la tentazione di sfiorargli la mano. Da terra il PM cominciò ad inveire contro il poliziotto, minacciandogli di tutto. Allora il poliziotto fece qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare. Le gambe si mossero da sole, e colpì ripetutamente il PM steso per terra. L’autoambulanza portò il PM in ospedale, mentre gli agenti intervenuti cercavano di ricostruire i fatti. Nel trambusto il poliziotto tirò per la manica l’indagato dicendogli “Prima che comincino a romperci le scatole andiamo a bere qualcosa”. Nel bar lì vicino il poliziotto ordinò due birre, e dopo il primo sorso disse all’indagato “Lei non ha fatto niente; io lo so. Ma alla fine verrà condannato. Io, invece, ho picchiato un magistrato ma non verrò condannato, perché quel vigliacco non sporgerà denuncia. Pagherà lei anche per me. Per questo ho voluto offrirle da bere. Ne avrà per molti mesi, però, il magistrato. E non è detto che le indagini non vengano affidate a un magistrato migliore. Comunque vada, però, mi trasferiranno. Ma è quello che voglio.” L’indagato sorrise e bevve avidamente. Poi arrivarono gli agenti e gli misero le manette.
Il pappagallo
Posted on 27. mag, 2010 by L.P. in La squallida della settimana

Una donna compra un pappagallo a una asta di mobili di una casa di tolleranza, e lo tiene in una gabbia copeta da un panno, per due settimane, per dargli il tempo di dimenticare il suo vocabolario scurrile.Quando la gabbia viene finalmente scoperta, il pappagallo si guarda intorno e commenta: “Awrrk! Casa nuova, nuova maitresse”. Poi, vede entrare le figlie della donna e aggiunge: “Awrrk! Awrrk! Ragazze nuove!”. La sera, quando il marito torna dal lavoro, il pappagallo torna a parlare e dice: “Awrrk! Awrrk! Awrrk! Vecchi clienti. Ciao, Joe!”.
Il contapassi
Posted on 26. mag, 2010 by L.P. in Racconti

Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il contapassi. 2798 passi. Tanti erano i passi che dividevano la sua abitazione dal tribunale. Fece mentalmente un rapido calcolo; gli rimanevano poco più di 2200 passi per raggiungere la dose quotidiana che si era imposto per quella settimana. Poi avrebbe aumentato il ritmo, ogni settimana di duecentocinquanta passi. Dovette abbandonare il foglio excel che era diventata la sua mente per ripiombare nella cruda quotidianità. Prese posto sulla panca imbottita posta alle spalle del tavolo degli avvocati e aspettò il turno.
Il rito si ripeteva arido. Il Presidente chiamava, ad una ad una, le cause fissate per quel giorno, gli avvocati si alzavano per dire “in decisione”, e il Presidente dopo aver pronunciato poche volte “sarà decisa”, per la maggior parte delle cause provvedeva ad una distribuzione nei mesi e negli anni a venire. La sua causa sarebbe stata rinviata per la seconda volta, anni e anni con quel fascicolo chiuso in un armadio e tirato fuori per la sfilata annuale nell’aula, quasi un’ora d’aria, per poi tornare in un’altra scansia di un altro armadio. Un ballo lentissimo e macabro. Evidentemente ogni atto di quel processo perdeva di senso a ogni rinvio. Lasciando un sentore di muffa nell’aria e un vago ricordo di episodi ormai vecchissimi che continuavano a vivere con la bombola a ossigeno offerto dalla giustizia.
Il Presidente chiamò la sua causa. E lui decise in un attimo di sconvolgere il rito. “Presidente avrei bisogno di un rinvio”. Il Presidente rimase spiazzato, perché stava già disponendo il rinvio, ma non certo per la richiesta dell’avvocato. Inaspettata, l’istanza dell’avvocato, aveva sconvolto la prassi che vedeva il Giudice unico arbitro della sorte di quel fascicolo. Il Presidente, visibilmente indispettito, e non capendo ancora che l’affondo dell’avvocato aveva il connotato, esclusivo, dell’ironia e della provocazione, e immaginando che davvero l’avvocato volesse un rinvio, si precipitò a dire “Mi dispiace, la richiesta non è motivata. La causa verrà decisa”!
L’avvocato sorrise beato, e pensò che il mondo della giustizia era ben strano. Prese il cappotto e scappò fuori, mentre un mormorio si sollevava in aula, subito zittito dal Presidente che riprese a rinviare i processi.
Appena fuori tirò fuori il contapassi e notò che in Tribunale aveva percorso 400 passi. Si sentì generoso e si regalò una passeggiata di ben mille passi, volse quindi l’attenzione alle pozzanghere, e si concentrò per evitarle accuratamente. Una ad una.
La squallida della settimana
Posted on 26. mag, 2010 by L.P. in Amenità, La squallida della settimana

Parigi. I coniugi Dubois si recano a cena dai coniugi Lacroix. Al termine, la signora Dubois, attenta da sempre alle buone maniere, chiede al marito, come indiretto segno di ringraziamento, quando avrebbero restituito la cena ai Lacroix. E il marito, che male aveva digerito i gamberetti dell’antipasto, prontamente dice:” Subito, mia cara”, espellendo con terribili conati di vomito, tutto quello che aveva mangiato.
Sistemi contrapposti
Posted on 26. mag, 2010 by L.P. in Commenti

Le zuffe televisive si succedono, quotidianamente, fra politici e para politici d’Italia. Il gioco del “ho ragione io e tu torto”, è il gioco preferito e i conduttori televisivi si sentono potenti. La conseguenza è che gli italiani, in genere, continuano, a tanto educati da politici rissosi e apoditticamente di parte, a prendere posizione da tifosi, con l’uno o con l’altro, abdicando alla propria ragione, e evitando di sviluppare un proprio autonomo pensiero.
Io credo che non si debba essere assolutamente pro o contro Berlusconi, pro o contro Bersani, e via via discorrendo. Così come i nostri politici, invece di azzuffarsi sul come fronteggiare la crisi, dovrebbero studiare quale sia la migliore maniera, a prescindere dalle posizioni, per fare il bene comune. Se bisogna risolvere un problema non è lecito contrapporsi agli avversari affermando testardamente che quello che si sta facendo non è roba seria. Bisogna risolverlo ognuno apportando un elemento. Nè è concepibiule che il governo si chiuda senza accettare suggerimenti.
Se sono tutti d’accordo, per esempio, per l’abolizione delle Province, perchè poi se ne aboliscono solo alcune, senza che il senso comune e l’opinione comune abbiano il sopravvento?
Se tutti sono d’accordo che il costo della politica è eccessivo, perchè -tutti- non concordano per un poderoso taglio?
Se c’è troppa evasione, e troppo lavoro sommerso, perchè non si riuniscono le forze per combattere lealmente il problema?
Il gioco delle posizioni è un gioco al massacro. Certo, chi governa ha ruoli diversi da chi sta all’opposizione, ma sulle regole e sui problemi bisogna essere d’accordo sul come risolverli, evitando di gufare sull’insuccesso delle scelte dell’avversario di turno, perchè quell’insuccesso sarebbe l’insuccesso di tutti.
Sentire un politico usare il “noi” per rappresentare un pensiero preteso comune ma che comune non lo è, e che il più delle volte non è neanche un pensiero, mi ha letteralmente stancato. Ci vorrebbe un minimo di serietà in più, che ancora purtroppo latita.
Calamari al cappero
Posted on 25. mag, 2010 by L.P. in Poesie

Esistere quanto basta
mangiare di meno
invadere mai.
Pierclaudio Forchetta, 2000, Busto Arstizio. Celebre la sua arringa in un consilgio comunale, durante una discussione sulla possibilità di liberalizzare l’uso dell’epiteto volgare nel linguaggio politico, quando afferrò il microfono e lo scaraventò verso i banchi della maggioranza, proclamando la sua libertà di opinione. Musicò diversi inni attraverso i quali celebrò la purezza del bemolle diesizzato. Morì abbattuto da un alitata all’aglio.
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