Polivalenze matematiche, e anche filosofiche
Posted on 31. ago, 2010 by L.P. in Racconti

Una clac per far scoppiare, fragoroso, l’applauso nei momenti salienti del discorso; una mentina da mettere in bocca all’inizio dell’intervento, una giacca un po’ sgualcita e una cravatta a spezzare la coerenza dei colori di giacca e camicia. Queste erano le tre cose cui pensava ogni volta che doveva parlare in pubblico.
Quando si trattava di comizi, poi, stava attento anche alle presenze sul palco, e pretendeva di poter esprimere un parere cosiddetto vincolante su chi dovesse intervenire prima di lui.
Era un politico di provincia, e non si nascondeva che non avrebbe mai calcato palcoscenici più importanti di quelli della sua regione.
Ma gli andava bene così.
La politica gli aveva reso la vita facile: guadagnava in maniera tale da non farsi mancare niente. Del resto non aveva grandi necessità. Gli ambienti che frequentava non richiedevano più di qualche buon vestito; possedeva una bella auto; e quanto alla barca ce ne era sempre una degli amici a disposizione.
Per lui che, poi, in fondo, non amava molto stare in vetrina, non esistevano esigenze particolari.
Snobbava da sempre i circoli della “gente per bene”, e preferiva rifugiarsi in trattorie alla buona alla prima occasione. Anche e soprattutto da solo, senza cioè il codazzo dei portaborse, ufficiali o aspiranti.
Fare il politico non lo affaticava affatto.
L’attività di consigliere regionale era molto poco impegnativa. In commissione aveva esperienza sufficiente per disquisire sui nuovi provvedimenti senza conoscerli se non per sommi capi. Certo avrebbe potuto fare molto di più, ma a cosa serviva? La maggioranza si sarebbe blindata nelle proprie decisioni, e allora tanto valeva limitarsi alla critica, che, senza entrare nel merito dei provvedimenti, era sempre accarezzata da un alone di ironica condiscendenza.
In consiglio, invece, si limitava a chiudere gli interventi dell’opposizione, facendo affidamento sul suo eloquio che gli garantiva sempre una sala silenziosa e attenta.
Ma non era soddisfatto.
Sapeva di non essere nessuno, sebbene fare il politico gli avesse garantito quel po’ di fama e di potere invidiatigli da tutti. Sapeva, invece, di non valere niente. E il minimo impegno che profondeva nelle sue attività amministrative costituiva la fulgida prova di non aver mai fatto niente di significativo, nella sua vita.
Sapeva anche, poi, che ormai non avrebbe potuto riscattarsi nella vita, ai suoi stessi occhi, benché ancora giovane, perché non aveva la forza di imporsi alcunché, e quindi di cominciare una nuova vita.
Ma la vita gli stava preparando uno scherzo, e chissà mai perché, la vita aveva scelto proprio lui come bersaglio.
Quel giorno uscì di buon mattino, si fermò a ritirare la posta dalla cassetta delle lettere, e andò in regione.
La cortese e carina segretaria, che guadagnava quattro soldi, ma che non dava a mostrare mai segni di insoddisfazione, certa come era che una vita così tranquilla, sebbene mal pagata, non gliela avrebbe garantita nessuno, gli portò caffè e giornali, e una busta bianca. “Questa l’ho trovata sulla scrivania stamattina. Non so come ci sia finita. La porta, però, non era chiusa a chiave come al solito. Sarà entrato qualcuno.”
Non rispose niente, ma si sentì a disagio.
Chi poteva essere entrato? E per quale ragione? Di sicuro si trattava di un maleintenzionato.
Aspettò che la segretaria fosse uscita e cominciò a girare e rigirare la busta fra le mani, quasi a cercare di capire cosa contenesse.
Poi si decise e aprì la busta. Dentro un foglio spesso con una frase soltanto, scritta in grassetto: “Sei un fallito”.
In un attimo rivide la sua vita, e non riuscì a non essere d’accordo con l’anonimo, che non gli sembrò più neanche un maleintenzionato. Anzi. C’era qualcuno che finalmente gli aveva detto quello che lui stesso pensava inconsciamente di sé.
E però si sentì di colpo come nudo. Nessuna corazza più a difenderlo. Si sentì esposto al giudizio generale. Tutti ormai, nella sua testa, pensavano la stessa cosa di lui. Gli sembrò insopportabile, angosciante, la nuova circostanza. Si sentì mancare l’aria, e automaticamente la sua mano corse in tasca a prendere il solito blando calmante.
In quel momento si aprì di botto la porta e entrò il collega di gruppo consiliare. “Spaventato?”, chiese sorridente.
Uno scherzo. Solo uno scherzo. Ma quella lettera lasciata lì per celia, gli aveva smosso l’orgoglio.
Cominciò a studiare i provvedimenti e divenne pedante in commissione, cominciò a sporgere denunce ogni volta che sentiva puzza di bruciato in qualche attività amministrativa, si isolò ancora di più, e perse lo smalto dei bei tempi nei suoi interventi, che divennero livorosi e sempre meno eleganti.
La gente e i colleghi non lo riconoscevano più; sembrava perso il politico elegante e disincantato di prima.
Ma lui continuò nella sua nuova linea dura, convinto di essere finalmente nel giusto.
Tenne lontani i soliti sempre pronti a chiedere un favore o una promessa, e smascherò le raccomandazioni dei suoi colleghi consiglieri.
Attorno a lui si creò il vuoto, in consiglio come nel partito, e fatalmente anche nella vita.
Ma lui non se ne accorgeva, era sempre stato un orso e non gli pesava, quasi se ne beava, intravedendo in questo isolamento i segni della bontà del suo lavoro.
Invece andò sempre peggio, e alle successive elezioni non venne rieletto.
Per la prima volta non era stato eletto. Quando finalmente aveva cominciato a fare il suo dovere.
La batosta lo tramortì. E per la seconda volta, in poco tempo, la sua vita cambiò di nuovo.
Senza stipendio e senza un’arte si vide perso.
Si ammalò, e perse il lume della ragione.
Da allora vive nel quartiere più povero della città, muovendosi fra il bar e l’edicola. Tutti lo conoscono e gli danno qualche centesimo. Lui li mette assieme e si compra sigarette che fuma avidamente senza perdere lo sguardo da buon matto che la politica gli ha lasciato in dotazione. Fra qualche anno maturerà la pensione di politico e in famiglia assicurano che lo sistemeranno in una casa per anziani dove lo cureranno con molto scrupolo. Ma a lui non frega niente, deve arrivare a tre euro per comprare le sigarette. L’unico segno della vecchia vita che gli è rimasto appiccicato addosso è un fascio di giornali sotto il braccio. Lui ne ha raccolto di vecchi dai bar a fine giornata, li ha messi insieme e se li porta dietro dalla mattina alla sera, con la solita disinvoltura, e non li abbandona mai. Neanche quando dorme.
L’acquario
Posted on 29. ago, 2010 by L.P. in Amenità

Il politico è onnisciente.
Il politico è saggio.
Il politico è furbo.
Il politico è spiritoso.
Il politico è generoso.
Il politico è altruista.
Il politico è cristiano.
Il politico è intelligente.
Il politico è coraggioso.
Il politico è un abile amante.
Il politico è coerente.
Il politico è colto.
Il politico è superiore.
Il politico è alto.
Il politico è bello.
Il politico sa.
Il politico può.
E se qualcuno pensa che
Il politico sia, invece,
ignorante,
stupido,
immorale,
disonesto,
marinaio,
rozzo,
brutto,
spocchioso,
presuntuoso,
egoista,
ateo,
immancabilmente arrapato (dato rilevato solo per il sesso maschile. Non pervenuto il dato sull’altro sesso),
inequivocabilmente votato ai fatti propri,
inequivocabilmente indifferente al bene comune
vuol dire che non è un politico.
Perché il nuovo comandamento è
“non nominare il nome di un parlamentare invano, e soprattutto non nominarlo se non per parlarne bene, Altrimenti è peccato.”
Oppure, o anche
“Onora il politico tuo.”
“Ama il politico tuo come te stesso.”
“Non pensare, c’è un politico che pensa per te.”
“Pensa a fare i sacrifici che i politici ti garantiranno il paradiso.”
“Il paradiso è gestito da politici.”
“Un politico è per sempre.”
“I politici sono santi.”
“Se non ci fossero i politici dovrebbero inventarli.”
“Meno male che abbiamo i politici .”
Per finire a
“Guai a chi ci tocca i politici, se no come si fa” e “che Dio ci preservi i politici.”
E ora tutti a firmare la petizione per richiedere, per i politici, nell’ordine
L’eternità
La salute
La ricchezza
La simpatia, il fascino e la cultura ce la metteranno loro. Come sempre.
A politica……
Posted on 29. ago, 2010 by L.P. in Argomenti

Il politico è una persona particolare.
In genere chiunque si senta un po’ “personaggio”, in qualsiasi campo, sa bene che al di fuori del proprio personale steccato, ritorna a essere un uomo qualunque, fatta, ovviamente, eccezione, per le star. Per esempio un noto avvocato di una città di provincia, che in Tribunale fa la ruota, al supermercato o al mare sa di confondersi nella calca.
Il politico no.
Il politico è il personaggio dei personaggi, perché la sua area di competenza racchiude tutte le altre, e poi, il politico di razza non esce mai dai suoi confini territoriali se non circondato da un nugolo di spalle che lo facciano sentire, anche a chilometri di distanza, sempre e comunque il centro del mondo.
Il politico non fa mai i conti con le proprie meschinità. Evita accuratamente il momento dell’esame di coscienza. Le sue debolezze, le sue manie, fobie, i suoi punti deboli devono essere sempre nascosti agli altri, e per farlo bene, il politico se li nasconde anche a se stesso.
Il politico, per vivere, ha bisogno di essere necessario, a tutti. Ammette soltanto la concorrenza con i suoi simili, e quindi, in genere, rispetta i colleghi, siccome le altrui clientele, ma non ammette intromissioni nelle sue.
L’attività preponderante del politico è la cura della propria clientela, con tendenza all’aumento della stessa. Sa che per svolgere bene questa incombenza deve dedicarvi anima e corpo, testa e tempo. Sa che non è necessario soddisfare le esigenze della clientela, basta farlo una volta su dieci, per le altre nove basta saper ascoltare la richiesta e far finta di averci provato. La sua infallibilità difficilmente viene scalfita dal non mantenere qualche promessa. Fra l’altro il politico non si sbilancia mai, e quella che sembra essere una promessa è soltanto una promessa di impegno, senza garanzia di risultati.
Questi devono essere garantiti solo ai buoni clienti.
In ogni caso il politico è sempre contento di ricevere una richiesta, e lo capiscano una volta per tutte quelli che si fanno mille scrupoli. Tanto al politico non costa niente e gli avvicina un cliente. Con una promessa vaga -“vedrò che si può fare”- ha in pugno il cliente e più è lunga la trattativa più lo lega a sé, sottraendolo agli altri.
Il politico sta bene in compagnia e evita la solitudine. A pavoneggiarsi da solo si stanca presto, meglio se lo fanno altri, l’autocompiacimento aumenta.
Il politico medio difficilmente è un uomo ricco, perché deve accontentarsi dei gettoni di presenza, delle indennità di funzione, che troppo spesso, al di sotto del grado di regionale, non sono niente di che. E anche i politici regionali, in fondo, non navigano nell’oro, perché hanno più esigenze: dall’auto importante, agli abiti impeccabili. Insomma a quel livello bisogna anche apparire eleganti. Ma c’è a chi proprio non riesce, per una mancanza cromosomica di eleganza, e, in genere, questi sono quelli più autonomi economicamente. Chissà perché.
Il politico in fondo fa tenerezza. Sempre pronto a sorriderti e a stringerti la mano, sempre impegnato a guardarsi attorno per vedere chi c’è e se non sia il caso di ossequiare qualcuno o fare in modo che qualcuno lo ossequi.
Il politico più cresce di livello e più saluta meno e pretende più ossequiose reverenze.
Per esempio il consigliere comunale saluta lui tutti per primo, quello provinciale pure. Quello regionale anche, ma con una enfasi condiscendente. Dal parlamento in poi devi inginocchiarti tu.
Il politico quando saluta ti intravede da lontano, fa in modo che tu ti avvicini, e mentre ti gratifica di un sorriso, della mano da stringere, e se ti va bene, di una espressione amichevole, già guarda oltre in un pragmatico “avanti il prossimo”. Cosa che non tocca fare alle vere star, che, invece, sono sempre un po’ a disagio, oppure infastidite dai troppi saluti. In fondo non hanno bisogno di essere votati.
Il politico sa come ti chiami, che lavoro fai, e non di rado come stai di portafoglio; ma non lo da mai a vedere, dando sempre l’impressione di cascare dalle nuvole a ogni notizia.
Il politico è un egocentrico, ma nel centro c’è il vuoto.
In genere non sa fare niente di particolare bene. Se è un professionista è un mezzo professionista, se è un dipendente pubblico è un mezzo dipendente pubblico, se è qualcos’altro è sempre mezza qualcos’altro.
Non eccelle in niente. La mediocrità consacrata.
Non ha un pensiero suo, li prende sempre a prestito, e se il caso gli fa il dono di regalargli una battuta non la dimenticherà o rinnoverà mai.
Il politico è capace di qualunque sacrificio in cambio di una coppola.
Il politico ha un rapporto di assoluta fedeltà solo con il potere, a qualunque livello.
Sono fatte salve, ovviamente, le eccezioni, che, però, rimangono, appunto, eccezioni.
Mi dicono che una volta non era così, e che i politici erano il meglio che potesse trovarsi in giro in fatto di competenze, cultura e intelligenza. Io ho un vago ricordo di politici con la P maiuscola. Ora il livello è gradualmente ma inesorabilmente scemato.
E non pensiate che tutti i politici riescano a fare affari con la politica. Niente di più falso. Sono pochi quelli che si arricchiscono, anche se lo vorrebbero fare in tanti. Perché anche per fare i veri affari in politica ci vuole qualche dote in più di quelle mediamente in carico alla maggior parte dei politici. Quelli che fanno i soldi con la politica sono imprenditori della politica, con tanto di apparati organizzativi, perdinci.
In fondo il settantacinque per cento di chi fa politica è un praticone arrivista che non arriverà mai da nessuna parte.
Ma vuoi mettere con quale prosopopea?
Il lombricone
Posted on 28. ago, 2010 by L.P. in Città di Potenza

Potenza. Dopo sette mesi circa dall’apertura del ponte attrezzato è opportuno stilare un bilancio sull’uso e la riuscita della struttura realizzata dalla lungimirante classe politica potentina.
Fonti accreditate dicono che l’utilizzo è esiguo, pochi lo usano, e mai si è vista la calca.
Spesso, troppo spesso, quasi sempre, insomma, fra un passeggero e l’altro si possono completare un Bartezzaghi e un Ghilardi.
Il solito imbecille potrebbe osservare “ma la spesa è stata opportuna?”. Oppure “Ma prima di progettare il lombricone vennero fatte delle stime del suo utilizzo, rapportato ai costi, anche di manutenzione?”.
Domande prive di senso. In Italia, al sud, si spende per spendere, per far lavorare, per creare ricchezza, non con la finalità di creare infrastrutture davvero utili.
E allora ora ci teniamo il lombricone desolatamente vuoto.
Ma quando ci saranno i parcheggi la musica cambierà! Tuona il politico di turno, per lo più di maggioranza.
Sì, certo. Tralasciando l’ovvia considerazione che i parcheggi andavano fatti prima o contemporaneamente, tanto ovvia da apparire banale, siamo proprio sicuri che un domani l’uso varrà la spesa?
Non possiamo che augurarcelo.
Per ora le casse comunali disastrate, ma tanto disastrate da non consentire neanche la spesa per il chewingam, si sobbarcheranno la non indifferente spesa del loro funzionamento, seppur a beneficio di pochissimi. Tanto in tempi di crisi……
Ma non mancano gli aspetti positivi: oggi, nel lombricone puoi portarci l’amante e goderti romanticamente il tragitto mano nella mano. Tanto e chi ti vede?
Calcio, ci risiamo. Ci sei mancato? Forse no, ma ora va meglio.
Posted on 28. ago, 2010 by L.P. in Sport

Bene, oggi comincia il campionato di calcio.
Passano gli anni ma l’attenzione di tantissimi è sempre viva sul calcio.
E’ però, questo che comincia, un anno con pochissime novità. Pochi acquisti clamorosi, poche novità da prima pagina; o meglio, qualcuna c’è, ma in uscita: per esempio non ci sarà Mourinho, che, sul trono del Real guarda già dall’alto in basso l’Italia e la sua Inter, che, senza di lui, ha preso una bella batosta con l’Atletico Madrid. Ora ha polvere per sparare su tutti ancora per un bel po’.
Zeman ha detto di lui che ha vinto la Champions con l’anticalcio. Vero. Ma ha vinto. A tratti anche giocando bene. Ma Zeman è un perfezionista del bel gioco e per questo è il mio idolo, e ogni suo parere è verbo.
Tornerà Ibra, ma chissà se è un affare. Di certo torna ridimensionato.
E’ arrivato Benitez, ma ha cominciato male. Bisogna aspettare un po’ per giudicare, ma con una squadra già affiatata e che dovrebbe giocare a memoria ci si aspettava davvero di più. Dicono che la condizione fisica sia precaria, e questo non è bello. Ma staremo a vedere.
Il Milan a un giovane tecnico. Per la verità è un film già visto con Leonardo, e non è finita bene.
La Juve a un tecnico navigato, ma non collaudato per una big. Hanno rischiato entrambe, vediamo se hanno avuto ragione.
Per il resto la curiosità sta nel vedere come se la caverà il Cagliari con l’ennesimo allenatore esordiente e senza rinforzi, il Bari senza la difesa dell’anno scorso, la Lazio con Reja, e il Napoli di De Laurentis.
Io parteggerò per Parma, Udinese e Genoa.
Sarà il solito anno di polemiche e moviole, temo. Ma il fascino non mancherà.
PS: Ibra al Milan pare sia costato 102 milioni in tutto, fra prezzo di acquisto e compenso al giocatore. Forse un po’ troppo in tempi di crisi. Così come la Juve pare abbia speso una cofanata di soldi. Questi non sono messaggi positivi, ma le altre società si sono barcamenate con più prudenza e equilibrio.
Con la tessera del tifoso non ci guadagna un paese libero, e forse non cambierà molto. Ma, forse, era necessaria. Forse.
Forse sarebbe bastato controllare di più in passato. Ma questa è un’altra storia che coinvolge l’Italia delle mille regole, nessuna rispettata. Mai.
Italia, mon amour
Posted on 27. ago, 2010 by L.P. in Politica nazionale

Tullinani sì, Tulliani no.
Certo che se li sceglie bene la Tulliani.
E che dire di Gaucci che, in fondo, si è fatto pelare per benino, come un sanmarzano maturo. Però a sentirlo parlare sembra che a lui non lo frega nessuno. Magnifico.
Curva pericolosa ben segnalata, ha definito la Tulliani Sgarbi. Simpatica la descrizione, ma Sgarbi non è un signore, è un tipo da bar, semmai col libro di poesie sotto il braccio, ma sempre da bar rimane. Un italiano che si pavoneggia per le capacità di conquista del gentil sesso. Out, decisamente out.
Da un uomo di stato c’era da aspettarsi altro che farsi imbrigliare da una avventuriera. Bè, sì, in fondo, noi i nostri governanti li vogliamo con la faccia di ghiaccio, senza sesso, due camere e cucina in periferia, poca confidenza col cibo e il lusso. Guerrieri. Un po’ come i mitologici mafiosi che, con decine di milioni di euro a disposizione, vivono in una capanna con la bibbia sul tavolo.
Diavoli di italiani. Devono essere sempre esuberanti, apparire comunque.
In fondo mi manca Mastella. Fece cadere Prodi, e ora è un pensionato di Berlusconi. Che fine.
Fini rischia di più. A sinistra non se lo terrebbero mai come pensionato. Un nemico è un nemico. Da sfruttare all’occorrenza, ma sempre nemico.
Mastella è simpatico, ha quei chili di troppo che regalano serenità, l’immagine del benessere, pasta asciutta e un bicchiere di rosso. Semplice nei modi, amabile, tiè.
Pecoraro Scanio non mi manca. Veramente antipatico. Fassino me lo ero proprio scordato.
Di Pietro tace. E questa è una notizia. Forse sta seminando in maniche di camicia.
Al Giornale e a Libero hanno trovato la gallina dalle uova d’oro: Fini. Lo spellano un giorno sì e un altro pure. Lui tace, ma conoscendolo un pochino, prepara i piani per una scientifica vendetta. Gli riuscirà? Lo danno uno a venti, però, come vendicatore degli anni duemila.
A Potenza ci manca un Woodcock, l’Italia si sta dimenticando di noi poco a poco. I ricordi dei camion di Mediaset e della Rai con le antenne sopra si vanno offuscando. Sul caso Elisa Claps non si segnalano accelerazioni, ma questa non è una notizia, e di calcio non si può più parlare. Pensate, se non fosse successo il patatrac quest’anno al Viviani sarebbe arrivato Zeman col Foggia. Bene organizzerò gite domenicali per lo Zaccheria.
Ma si diceva Tulliani sì, Tulliani no.
La vera domanda è: ma se Fini perde in popolarità e potere, dove approderà la Tulliani? Fra l’altro deve fare in fretta, perché non usando granchè le armi dello spirito, che invecchiano più lentamente, potrebbe finire disarmata. E poi ora chi ci casca più? Ci cascano, ci cascano. Altrimenti la porzione di grullaggine degli uomini finirebbe per diminuire, e questo non pare possibile.
Un amico oggi mi ha detto in tutta confidenza che nei cromosomi delle donne c’è il lusso. In quello degli uomini la grullaggine, devo dedurre. Pensieri maschilisti di fine agosto.
La Tulliani non l’ha difesa nessuno! Tuona qualche originale. Era facile prendersela con lei. Ribadisce l’originale. E certo, sfido io. Cosa vuoi difendere? Ma una come la Tulliani è una donna in gamba. Certo, certo. Finchè ci sarà un Gaucci e un Fini, una Tulliani sarà un gran donna. La furbizia italiana. Oggi come oggi, la Tulliani la puoi candidare dove vuoi. Gli italiani sarebbero convinti di eleggere la persona più in gamba della faccia della terra. Mondo balordo.
Ma Sgarbi è odiosamente simpatico. Un vero, autentico, spocchioso italiano. Uno che la sa sempre lunga, e una più di te. Viva la Tulliani e viva Sgarbi.
Ma io parteggio per i deboli, e quindi mi carico Gaucci e Fini. Pensa te.
Dialoghi politici
Posted on 26. ago, 2010 by L.P. in Politica nazionale

Io con quello non ci parlo.
Figurati io.
Anzi, ora per farlo schiattare ci mettiamo d’accordo con il Pier.
Un attimo, col Pier non ci parlo io.
E va bene, dai, falla finita, sembri un bambino.
Invece tu…
Ma che c’entra. A me l’ha fatta grossa.
Perché a me no?
E allora che si fa?
Si vota.
Ma non scherziamo. Qua ci prendono a pesci in faccia.
A te forse. Non a me, caro.
Sì, ma senza numeri non si governa.
Tu pensa a trovare i tuoi, che ai miei ci penso io.
Ma sicuro che con Pier……
Niente da fare. Non lo sopporto. Tutto perbenino, fighetto, niente da spartire con il carattere rude, forte, di ferro, di noi lumbard.
Guarda che sono lumbard pure io.
Sì, lo so, ma genere fighetto, o commenda anni sessanta, dai, che pure tu sei una bella macchietta.
E chiamami macchietta. Io ce l’ho più duro di te. Chiedi alle migliaia di figliole che mi aspettano la sera.
Seppur pagando…..
Ma cosa dici. Con me lo fanno perché piaccio.
Tu ti sei fuso il cervello.
E finitela, sembvate due vagazzini. Fate i sevi. Ova vi dico io come si fa. Si sta zitti e si va avanti. Fini ha più pauva di voi, e Casini è un vecchio democristiano. Ova si esce e si dice che va tutto bene.
Ma se poi…..
Zitti. Tu pensa a divevtivti con qualche bella figliola che ti vedo stvessato, e tu vai a pontificave nella tua zona. A Voma ci penso io. Ci vediamo a settembre.
Parola di Gringo
Posted on 25. ago, 2010 by L.P. in Argomenti, Politica nazionale

Le leggi le dovrebbe fare il Parlamento. Proporle, discuterle e vararle.
E questo per un semplice motivo: perchè lo dice la Costituzione. E c’è un motivo perchè sia così: si è voluto evitare ogni tentativo di sopraffazione dello Stato nei confronti dei cittadini, conferendo ogni potere di creazione della norma nelle mani dell’organismo che ha la massima rappresentatività democratica.
Nei decenni si è sempre cercato di sottomettere il Parlamento da parte dei governi.
La decretazione di urgenza, della quale si è fatto autentico abuso fino a pochissimo tempo fa, era un subdolo metodo per imporre la volontà dell’esecutivo al Parlamento.
Parlamento che subiva in maniera prona, perchè perdeva di anno in anno in autorevolezza e spessore.
Anche questa distorsione venne confinata in un alveo di eccezionalità, come vuole la norma delle norme, soltanto dal potere giudiziario, attraverso la Corte Costituzionale, che, nel caso specifico, però, per decenni aveva dormito sonni profondi.
Oggi accade che le leggi le prepari il governo e le sottoponga al Parlamento, ponendo, non di rado, la fiducia. Il Parlamento deve, a questo punto, obbedire; ma dubito che si verifichino mai rigurgiti di dignità che portino ad una vera e propria questione di competenze. Il Parlamento si comporta nè più, nè meno che come una tifoseria allo stadio, parteggiando per l’uno o l’altro acriticamente.
Il Parlamento non è più, quindi, il luogo della discussione, il luogo della condivisione delle scelte, della fecondazione delle leggi.
Democrazia taroccata, insomma.
Governi che fanno quello che vogliono espropriando quotidianamente le altrui competenze.
Rimane il potere giudiziario a garantire un minimo di rispetto della Costituzione, attraverso, appunto, la Corte Costituzionale, che, non di rado, ha bloccato tentativi di legiferazione selvaggia. Poco mi importa se la Corte Costituzionale agisca sotto impulsi politici, primo perchè non ci credo troppo, ma solo un pò, e poi perchè la Corte Costituzionale, diversamente che dai governi, deve motivare le sue decisioni, offrendo il fianco alle valutazioni dei giuristi e non solo, cosa non da trascurare sul fronte della trasparenza.
Questo sistema democratico è in crisi grave. Poteri non esercitati e tentativi di espropriazione dei poteri altrui. Le garanzie sono ridotte al lumicino. Il tutto in un contesto di moralità davvero bassa che porta gli amministratori, a turno, davanti a un Giudice, poco contando se poi interverrà una condanna o una assoluzione, perchè il dato principe è che l’aria è torbida, e se non c’è illegalità, di sicuro viviamo una stagione assolutamente immorale.
La Presidenza della Repubblica sta compiendo miracoli, siccome altri organi massimi dello Stato, ma la deriva è totale.
Diventa facile, a questo punto, mutuare un concetto penalistico da parte del mondo della politica. Il concetto della presunzione di innocenza. Concetto giuridico, non politico. ma la politica ne fa abbondante uso cercando di convincere noialtri che un ministro, un esponente di partito, un Presidente del Consiglio, possa impunemente rimanere al suo posto nonostante porti sulle spalle il peso di gravi situazioni giudiziarie.
L’amministratore deve essere e apparire trasparente. Un uomo di governo che arriva a proporre una legge non può suscitare il dubbio che proprio lui non sia rispettoso di tutto l’impianto normativo del paese. La chiamano “opportunità”. La verità è che un uomo di governo non può mostrare una facciata torbida, da nessun punto di vista. E, se i processi sono ingiusti, poco cambia, perchè dovrà farsi da parte fino a che luce non sia fatta. E se qualcuno ha sbagliato che paghi: giudice o non giudice che sia.
Una nuova stagione della responsabilità, con questione morale da proporre, discutere, imporre, immediatamente. E infine un rinnovamento totale della classe politica: non è possibile vedere sempre le stesse facce da vent’anni e più. Proviamo a scimmiottare i paese vicini e facciamo spazio ai giovani. Ci guadagneremmo in tutto.
Parola di Gringo.
Che palle
Posted on 25. ago, 2010 by L.P. in Politica nazionale

L’estate sta finendo e nulla è cambiato.
Berlusconi cerca di rinnovare il suo harem politico, sostituendo Fini con Casini. Quest’ultimo pare anche affascinato, immemore del passato, e evidentemente stanco di stare nel limbo, senza una seggiola, un ministero o cos’altro. Bossi, però, alza i toni per evitare che il matrimonio venga celebrato.
Fini da star a uomo qualunque, nel giro di un paio di settimane. Bersani che annaspa, e Veltroni che risorge con una lettera agli italiani.
Insomma tutto cambia.
Insomma non cambia un piffero.
Elezioni sì, elezioni no.
Ma quello che mi sconvolge è l’assoluta staticità della nostra politica.
Bossi, Casini, Fini, Rutelli, Veltroni, Pannella, sempre gli stessi a interpretare i ruoli dei condottieri in questa italietta che non si rinnova.
Alla fine, conti alla mano, il più “nuovo” è Berlusconi, che rompe “solo” da sedici anni circa. Gli altri superano abbondantemente i venti anni. Roba da non credere.
Zeman, a Foggia, nel campionato di serie C, ha esordito con una squadra di ventenni, e ha stravinto la prima di campionato. Mutatis mutandis, forse, nella nostra politica, nella nostra Italietta, ci vuole una ventata di gioventù per assaporare il gusto della vittoria e del bel gioco. Per smetterla con gli scandali, da quattro soldi, come da vari milioni di euro.
E invece sempre loro, tutti, chi più chi meno, con il loro bello scheletro nell’armadio, quando non conservano proprio un ossario.
Che palle!
Esecuzione in via Tirreno
Posted on 24. ago, 2010 by L.P. in Città di Potenza

Oggi ventiquattro agosto di un anno qualsiasi, si è celebrata una esecuzione in piena regola. In via Tirreno, nel tratto di strada che congiunge il Serpentone, fulgido quartiere del capoluogo, noto per la studiata architettura e la encomiabile vivibilità, e lo storico ristorante la fattoria, sono stati abbattuti alberi altissimi, che presumo essere abeti, che da sempre profumavano mirabilmente quel tratto di strada. L’esecuzione è avvenuta ad opera di chi sta realizzando l’allargamento della sede stradale.
Per l’occasione il transito era vietato a macchine e pedoni senza che l’impedimento fosse segnalato.
Il disagio non è pari, però, alla perdita.
Alla esecuzione non hanno partecipato le associazioni ambientaliste distratte dall’arrivo di Marco Pannella e dalle preparazione degli interventi che oggi verranno recitati sulla situazione ambientale lucana nel convegno organizzato dai radicali.
Curioso che coincidano convegni di sì alto spessore e comportamenti di segno così contrario.
Forse era meglio se tutti gli oratori di oggi pomeriggio invece di affermare principi si fossero schierati a muro per impedire l’esecuzione.
Ma avremo una strada migliore così da consentire a migliaia di macchine di regalarci un profumo ben più ricercato di quello che ci regalavano gli alberi.
Amen.
Il mantra del menga
Posted on 14. ago, 2010 by L.P. in Amenità

Gradisce qualcosa?
No, mi piace stare seduto qui al bancone e basta.
Ma non può stare se non consuma.
Dice?
Dico.
Allora vado?
Vada.
Mi mancherà.
Lei no.
Questione di sensibilità.
Forse.
Lei non è cortese.
Balle.
Glielo assicuro.
Me ne frego.
Va bene, allora vado.
Un attimo, ma lei somiglia molto a Carlo Frilli, ma ….. non sarà proprio lui?
Sì, sono io. Cambia qualcosa?
Cambia tutto, per giove. Il famosissimo Frilli. Ma stia pure comodo, vuole qualcosa? Paga la casa.
No, mi ha cacciato e me ne vado.
Ma scherzavo, perbacco. Oh mamma, Frilli in persona. Adalgisa, vieni a vedere chi c’è.
Allora scappo, all’Adalgisa me la saluta semmai lei.
Eh no, ora rimane.
Scappo.
Rimane.
Mi lasci il braccio.
Ma su segga qui, che la vedono tutti.
Mi lasci o chiamo i carabinieri, e poi non sono Frilli. Gli somiglio solo. Non vede che sono uno sfaccendato?
Ah! Non è Frilli? Ora li chiamo io i carabinieri.
Lei è un pover’uomo.
E lei un truffatore. Adalgisa non venire più.
Adalgisa vegna invece, devo presentarle un imbecille.
Ma come si permette.
Mi permetto perché sono Frilli, va bene?
Ma insomma è Frilli o no?
Guardi i documenti.
Perbacco ma lei è Frilli.
E Lei un autentico idiota.
Mi scusi. Ricominciamo daccapo?
E va bene.
Gradisce qualcosa?
No, mi piace stare seduto qui e basta.
Ecc. Ecc. Come sopra.
Terrania, la terra di Lucania
Posted on 12. ago, 2010 by L.P. in Regione Basilicata

Insomma il prezzo della benzina per noi lucani sarà più basso che in Italia, fatta eccezione per qualche regione, tipo il Friuli.
Si sono subito create due fazioni: una che ritiene che lo sconto sia più o meno una elemosina (dal centro andando verso sinistra con l’aggiunta di qualche finiano); e un’altra che invita a non guardare per il sottile ma a brindare al risultato ottenuto, in quanto storico, epocale, ecc. ecc. (dalle parti di Berlusconi, Taddei e Viceconte).
Io credo che, sebbene noi si debba comunque essere contenti di essere ancora al mondo, nonostante chi ci sgoverna, dobbiamo con realismo affermare che lo socnto sulla benzina è un indecente obolo. E dire che i disagi che la Basilicata sta patendo per l’estrazione del petrolio sono inenarrabili.
Temo che con un Prodi qualsiasi al governo le cose non sarebbero state granchè diversamente, comunque.
Di modo che noi rimarremo i più poveri italiani sebbene residenti nella regione più ricca.
Ho l’impressione di essere rapinato e dileggiato quotidianamente. Quando poi sento da mio figlio che una ragazza triestina gli ha candidamente detto di non conoscere Potenza, nè tantomeno la Basilicata, ebbene, miei cari, avverto forte il prurito di dichiararmi indipendente dal resto d’Italia. Sì secessionista. E poi venite a trattare per il petrolio e l’acqua.
Ovviamente secessionista ma con una classe dirigente ben diversa, perchè quella che c’è ha ottenuto il peggior prezzo del mondo per l’estrazione del petrolio. Pare.
Terrania, la terra di Lucania. E vai!!!!!!!!!
Incertezza e jazz
Posted on 06. ago, 2010 by L.P. in Poesie

Chiuso in un eremo di parole
Sconfiggo il tormento del tempo
Granulose appaiono le idee
Stereotipati i sentimenti
Mi offri da bere
Ma andrà anche peggio
Troppo gelo e sintassi
Non voglio morire di forma
Ferdinando Paolo Gerindo. Acitrezza, 1976.
Autore poco conosciuto, in paese era amato da tutti. Alternava momenti di socialità perentoria, a momenti di solitudine agreste. Pare avesse tanta abilità nel cucinare i totani; riusciva a amalgamare sapori inusuali e aromi furtivi. Accoppiava il vino alle pietanze come pochi, salvo, poi, rifugiarsi in litri di chinotto per accompagnare originali degustazioni di pecorino. Tale cocente incoerenza culinaria gli valse l’appellativo di totano alla crema. Accusò il colpo, però, e da allora scrisse solo poesie.
No cè pobblema
Posted on 05. ago, 2010 by L.P. in Commenti, Politica nazionale

Berlusconi si porta a casa un subdolo successo. La sua prova di forza è andata a sbattere contro quella che sta diventando una autentica armata finiana.
Anche l’On. Moroni, non senza enfasi, infatti, ieri ha dato il benservito a Berlusconi. Un acquisto di qualità, per Fini, in quanto l’on. Moroni è una paladina del garantismo. Quel garantismo di cui si pregia di essere il trascinatore proprio il cavaliere.
Ma è evidente pure alle pietre che difendere Caliendo, Cosentino, Verdini, ecc., non in sede giudiziaria, ma politicamente, è un vero e proprio autogol per il cavaliere e anche per la Lega, che sta abbinando il suo nome a una sorta di protezionismo giudiziario.
Il futuro della repubblica, quindi, rimane fosco, ma, in fondo, raramente è stato sereno.
Di tutto rilievo l’impotenza generale che attanaglia tutte le forze politiche. Una crisi della maggioranza, infatti, dovrebbe far brindare. E invece solo qualche sorrisetto e tanta paura.
Paura delle elezioni, paura di governare, paura di tutto.
Il sistema, insomma, si è bloccato, è andato in tilt.
Tutti hanno vergogna di tornare a sparare le cazzate elettorali, sapendo di non essere più creduti, e col timore di essere snobbati, insomma di fare flop.
E se pure a qualche formazione andasse bene, non servirebbe a nulla, perché sarebbe impossibile governare.
Anche la erigenda formazione che vede Fini, Casini, Rutelli e Lombardo, dovrebbe far tesoro delle recenti esperienze, e non ripetere errori passati. Le fusioni a freddo non funzionano tanto bene, e in fondo, noi italiani siamo fatti apposta per avere mille e un partito; intese sì, ma a corto respiro, per l’oggi e per il domani, niente di più. Poi cominciano i distinguo, i personalismi, le ambizioni. A trionfare sempre è la mancanza di seria progettualità, e l’incapacità di fare le persone serie.
Ad ogni modo ogni volta che nasce qualcosa di nuovo si crea entusiasmo; forse perché la speranza è l’ultima a morire. Io mi sono dichiarato finiano, ma ho paura di trovarmi nelle mani aria fritta, come al solito. Che bello se questa paura lasciasse il posto alla certezza che le cose cominciano a cambiare in Italia.
Berlusconi ha commesso tanti errori, gli ultimi gravissimi. Si è arroccato portandosi dietro solo un nugolo di servitori, troppo spesso anche sciocchi. Una classe politica dovrebbe essere formata, invece, da gente libera, e capace di pensare di suo. Ma negli ultimi decenni questo tipo di persone o è stata messa da parte o si è messa da parte per l’impossibilità di intrattenere rapporti con faccendieri, politicanti, mezze calzette, servitori, appunto, arrivisti e affaristi, una varietà umana che ha scientemente dichiarato contrarie alle istituzioni la serietà, la trasparenza, l’onestà e la cultura, generale e politica.
Ci tocca come al solito sopravvivere, ma da questo punto di vista non “cè pobblema”, non a caso siamo italiani.
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