La favola di Natale

Posted on 24. dic, 2011 by L.P. in Argomenti

Strano, sono le sette e ancora non mi sento più buono. Mi sento come sempre. Niente di diverso.

Eppure è Natale.

Sarà che non nevica.

E l’anno scorso?

Ora che mi ricordo neanche allora mi sentii più buono.

Forse qualcosa non funziona in me.

Tutti, attorno a me, si sentono migliori, danno gli auguri, sorridono, e gnignì e gnignà.

E io col grugno di sempre.

E non sono nemmeno più in garanzia. Altrimenti mi rivolgevo alla casa madre e chiedevo un pezzo nuovo.

Straripanti saette e mille tormente!

E allora stasera non mangio. Per punizione.

Guarderò gli altri e starò a braccia conserte. Serio. Sbertuccevole.

Però mi guardo i botti.

Ma quelli sono a fine anno.

Per cento balene!

E allora che faccio?

A tombola non posso giocare perché non sono più buono, i regali non mi toccano per lo stesso motivo, e allora, e allora, e allora………..

Mòllugo la faraspìa. Bon. E arracetto i pericondoli, menfiando la baghinta.

AhAh!

E tu chi sei?

Sono la fatina che ti renderà più buono.

Mica ci credo. Anzi non ci credo mai.

Guarda. Dammi la mano “abra corienda, medra subienda, cirilliponzo cirillicuono ora sì che mi diventi più buono”.

E volià: minchia, funziona. Ehi Mario fatti dare un bacio, buon Natale. Ehi Giacomo, che roba di te, fatti abbracciare. Maria, vieni che ti regalo una cosa di soldi. Ehi, Fabio lasciati guardare, da quanto tempo. E Marco, nininì nananà, dammi un bacio. Vi abbraccio tutti, venite. Che bello il Natale. Evviva. Come sono buono.

Fuori onda: hai chiamato il 118? Sì ora arrivano. Meno male, Così dopo possiamo tornare a mangiare. E chi lo sopporta così buono. E’ meglio da stronzo, cribbio.

Buon Natale.

Auguri, augurissimi

Posted on 24. dic, 2011 by L.P. in Attualità

Buon Natale a tutt li cristian

Viva l’Italia

Posted on 23. dic, 2011 by L.P. in Argomenti

Ogni giorno c’è qualcuno, in Italia, che inneggia alla Costituzione.

Ogni giorno, in Italia, c’è più di qualcuno che la violenta.

Problemi? Ci mancherebbe. E’ la normalità.

Il Parlamento esiste per fare le leggi, per fare le pulci al governo, per trovare soluzioni ai problemi, per prevenirli.

Il governo esiste per dare esecuzione alle dritte del Parlamento.

Questo dice la Costituzione. In pratica, invece, il governo se la canta e se la suona, e il Parlamento gioca a burraco.

Questo è il più eclatante esempio di violenza alla Costituzione. Ma ce ne sono tanti altri.

Leggere la Costituzione alla luce di quello che quotidianamente accade in Italia significa leggere una rivista umoristica, satirica, buona per sganasciarsi dalle risate.

Problemi? Scherziamo? E’ la regola.

Ma da quando c’è Monti in vacanza non c’è solo il Parlamento, ora ci stanno anche i partiti. Non che prima sgobbassero di brutto, ma almeno sparavano qualche cazzata ogni tanto.

Ora si sono completamente appiattiti, e voci di corridoio riferiscono che vorrebbero che il mondo si fermasse ora, e che la situazione non cambiasse più. Vuoi mettere? Fa tutto il governo, si assume finanche delle responsabilità, legifera, sorride, fa ironia, tassa, liberalizza, sfotte, rinnova, dà il buon esempio, quello cattivo, ma, soprattutto, non tocca il giardino zoologico.

Qualcuno si potrà chiedere “ma cos’è sto giardino zoologico”?

Ovvio, il Parlamento.

E come in ogni giardino zoologico che si rispetti le specie animali vivacchiano stancamente, nutrite, viziate, ammansite. Gli animali possono giocare, ascoltare la radio, dormire, accoppiarsi, in una parola vegetare. Come una vacanza perenne stesi sull’amaca con bibita e cannuccia. Che spettacolo.

Talvolta si azzuffano pure, ma tanto per far vedere, poi in piscina ci vanno assieme.

Ora io mi chiedo: ma questo Parlamento quale motivo ha di esistere? E questi partiti che dignità mai hanno?

Proposta:

ogni italiano interessato alle proprie sorti fa domanda di espressione di un voto. Chi ha fatto domanda può votare esprimendo la sua volontà via internet, da casa propria, in panciolle, pane e mortadella, birra e “rutto libero” di fantozziana memoria. Il voto degli italiani sostituirà quello, scontato, dei parlamentari. Questi ultimi vengono mandati a scopare il mare, e gli utili risparmiati verranno utilizzati per la loro rieducazione alla vita e alla fatica.

Il dibattito parlamentare viene sostituito con i commenti su facebook, e dopo un giorno di commenti si vota.

Rimane il problema di come formare i governi e di come eleggere il Presidente della Repubblica.

Bene, del  Presidente della Repubblica se ne può fare a meno, e gli spiccioli risparmiati verranno utilizzati per finanziare qualcosa di davvero utile, tipo dare fondi a Babbo Natale per i regali ai figli di quelli nati di venerdì negli anni dispari, saltando i bisestili, e i governi potranno essere scelti dal cancelliere tedesco, di concerto e previo parere vincolante del premier francese e quello cinese, che, di sicuro, scelgono meglio di Napolitano, ogni cinque anni e salvo errori o omissioni a Dio piacendo e trullalero trullalà.

Chiunque sia d’accordo sulle proposte può inviare l’allegato coupon a “Vaichetelaggiustoiolitalia@gnagnagnà.it, oppure telefonare al numero verde 7310 e chiedere di Lucia, quella che non la dà mai via, oppure ancora pensare con concentrazione e inviare via Wi Fi mentale a www.vivalapagnotta.com.

Del che è verbale, letto confermato e sottoscritto, addì trentadue del mese di aprarzo di un anno che verrà, prima o poi, e come sempre a Dio piacendo.

Bacioni in famiglia, ben estensibili, saluti alla signora, e un buon Natale a tutti, anche ai leghisti, tiè, e pure a chi regolarmente mi fotte e a quelli che fotto io, perchè questo mondo è una giungla, e mors tua vita mea, e gnignignì e gnagnagnà.

Augh!

PS: una volta i periodici italiani avevano copertine con donne scollacciate, sistematicamente, forse per attirare più lettori. Credo che non sia cambiato molto in Italia, talchè ci provo anch’io. Smak.

Fred Mulligam intervista Mario Monti

Posted on 18. dic, 2011 by L.P. in Amenità, Città di Potenza

D: E allora, professore, è disperato o no?

R: L’emozione della disperazione la conosco per la lettura dei classici, laddove i vari personaggi delle tragedie greche, ma anche del romanzo russo, senza tralasciare i magmi letterari del medio evo, hanno da sempre lasciato nel mio animo una stanza, chiusa ai più, dedicata alla compassione. Nella letteratura inglese, che consiglio di leggere assolutamente in madre lingua, la disperazione assume una figura catartica, una sorta di sublimazione del male nel momento in cui tende a trasfigurare nel bene. Una immagine retorica forte che non nego di aver più volte usato nella mia vita, per i più disparati motivi.

Non l’ho mai provata personalmente, in verità, ma è probabile che ciò sia dipeso dalla scarsa componente umana della mia struttura fisica e mentale.

Sa, noi della Bocconi, nel razionalizzare l’esercizio del potere, attraverso gli strumenti della grande economia che si concretizzano in un sistema bancario moralizzato e moralizzatore, in genere non siamo mai disperati, né particolarmente emozionati. Questi sentimenti, più confacenti a personaggi culturalmente più umili, tragicamente umani, sono il patrimonio di questo presepe vivente che è l’umanità, giammai mio.

Guardi, io non sono un politico, e non lo diventerò, ma approfitterò di questa stramba circostanza che mi ha voluto premier, distogliendomi dagli scacchi e dalle parole crociate in inglese, per dimostrare all’Italia che si può vivere facendo sacrifici.

Io, del resto, ne faccio quotidianamente, e non creda che apparire un po’ freddo e distaccato non mi pesi (e lo dico con la esse sonora). Se tiene conto del fatto che a me non me ne importa niente delle italiche sventure, può capirmi meglio.

Il potere lo si esercita meglio dal mio club. Scendere a Montecitorio è già una caduta che spero non mi verrà rinfacciata un domani.

D: Perbacco che tirata, presidente.

R: La prego, usi la lettera P maiuscola, non crederà di avere a che fare con Berlusconi o qualche altro politico.

D: Certo Presidente, mi scusi.

R: Scusato, ma mi faccia finire.

Lei deve sapere, o meglio non le sfuggirà, che anche un tecnico come me, ovvero un tecnico del potere, come me, non può esimersi dal coltivare qualche vizietto. E’ necessario per mantenere questo rigor mortis tanto inglese, e tanto difficile da conservare ventiquattro ore su altrettante ore. Ebbene il mio passatempo preferito è dirigere un gran concerto. Ecco, vede?, mi sistemo su questo pulpito che ho fatto costruire appositamente da artigiani friulani, con legno della migliore qualità, proveniente dai paesi nordici, e dirigo. L’abbigliamento, poi, ha un ruolo importante se non determinante. Smoking sopra, con camicia bianca, gemelli di platino, e cravattino a tinta, ma sotto, dove gli immaginari spettatori non arrivano con lo sguardo, un bel pagliaccetto rosa, e, ai piedi, mocassini neri con fibia, e calzettoni bianchi, proprio come ai tempi del mio college.

Guardi, il mio abbigliamento da concerto è una ironica sintesi fra la spensieratezza dell’infanzia, i primi turbamenti dell’adolescenza, e la razionale saggezza del potere. Ma le faccio vedere. Guardi, op là!, come sto?

D: Presidente ma è magnifico.

R: Segga lì, e mi guardi. Musica!

Dio e il medico

Posted on 18. dic, 2011 by L.P. in Città di Potenza, Racconti

Ma che valore avevano le leggi di natura?, si chiedeva da anni il medico.

Se arriva un’epidemia, vuol dire che c’è naturale bisogno di sfoltire i ranghi, e basta.

Accanirsi a trovare rimedi, a salvare la vita di uomini che sembrano predestinati alla morte, non potrebbe essere inteso come qualcosa di sacrilego, che va contro la volontà di Dio?

In fondo gli uomini, con la loro pretesa di vincere sulle leggi di natura, stavano alterando tutti gli equilibri naturali. Non facevano più figli, e allungavano la vita ai vecchi, sovvertendo, così, un ordine prestabilito,  senza arrivare a comprenderne le effettive conseguenze.

Chiaro, poi, che non si trovavano coi conti pubblici: per farli campare tanto ci voleva molta più gente giovane di quella che c’era per poter sopportarne i costi. Balordi!

Quella mattina il medico avvertiva una strana sensazione.

Aveva paura di qualcosa che non riusciva a definire.

Uscì come al solito per il giro di visite nel quartiere, per quelle fuori avrebbe preso la macchina più tardi.

Stava per attraversare la strada, e con lui una donna anziana. Sopraggiungeva un autobus che sembrò rallentare proprio per consentire loro di attraversare. Capì ben prima della signora che l’autobus stava rallentando e, ben più rapido della signora, si avviò solerte, ma a metà strada gli sembrò che stesse per correre un grande pericolo; allora si fermò e fece andare avanti la signora. Già sapeva cosa sarebbe successo. Uno scooter superò l’autobus in frenata e travolse la signora anziana sotto i suoi occhi.

Il caos del traffico aveva coperto anche il rombo della moto.

Il medico si accasciò col cuore che andava a mille, ma era vivo. Della signora, invece, avvertiva solo un estremo rantolo.

Mentre lo soccorrevano, cominciò a tormentarsi con un pensiero: era lui il predestinato? E se sì, aveva gabbato lui quel Dio che lo aveva scelto?

Concluse che il lavoro di Dio non doveva essere così facile. La considerazione gli fece scoppiare una fragorosa risata che tanto strideva con la tragedia appena avvenuta.

Lui capì lo stupore degli astanti e si ricompose, ma, rivolgendosi a Dio, gli sussurrò: “Giuro. La prossima volta non proverò a fregarti. Ma sia chiaro: la vecchina l’hai uccisa tu, non io. Ah!, dimenticavo. Non sarebbe il caso di modernizzare gli strumenti di lavoro?”, Dio rispose con un tuono. Le cronache raccontano che di lì a poco, in cielo, saltarono molte teste.

Il paradiso è qui

Posted on 17. dic, 2011 by L.P. in Argomenti

Oggi a Potenza ci saranno Rutelli, Quagliariello, Urso, e pure Pittella.

Ne sono francamente onorato.

Stesso che vengono, e poi se ne vanno, non potrebbero portarsi dietro con loro un po’ di zavorra politica lucana?

E sì, perché, tolta la zavorra, la Basilicata potrebbe prendere il volo.

Alla cena lei aveva una faccia un po’ stanca con un’espressione un po’ ebete. Guardava alternativamente il marito, che stava alla sua sinistra, e una signora alla sua destra, conosciuta qualche anno prima, in un’occasione simile, a seconda di chi parlasse.

Non sembrava capire granchè, ma comunque non perdeva una battuta. Poi si piegò verso il marito e gli sussurrò che desiderava andare in bagno. Questi scattò in piedi, ma apparve chiaro che rimase un po’ infastidito, anche se non le avrebbe mai fatto mancare il suo sostegno. Sapeva, d’altronde, che la anziana moglie non si sarebbe accorta del suo passeggero fastidio. Più che altro a lui dispiaceva interrompere la conversazione, ma ci era abituato.

Nel frattempo un nonno felice ballava con il nipotino, indifferente al resto, ivi comprese le portate che si susseguivano ai tavoli.

Il cibo era scadente e neppure si sentiva un’aria davvero natalizia.

Poi i saluti. Qualche battutaccia fra uomini sulla spilungona all’ingresso, e tutti a casa, la festa era finita.

In Basilicata si sono buttati dalla finestra milioni su milioni di euro, e ancora non abbiamo un aeroporto, o una strada buona che ci porti, per esempio, a Bari. Per arrivare a Roma senza prendere multe impieghiamo quattro ore, con la macchina, ma le cose non migliorano, anzi, con treni o autobus.

Trovo disgustoso il sistema lucano, mentre quello italiano mi fa venire l’orticaria.

Meritocrazia, in Italia, e ancora di più fra i lucani, significa avere un padrino politico al quale leccare il culo, o portare la borsa, andare a fare la spesa, o procurare un servizio buono e gratuito. Se lo hai, il padrino, meriti, altrimenti, ciccia.

Ma, nonostante ogni tanto qualcuno lanci un grido al riguardo, il popolo lucano fa spallucce, parcheggia in doppia fila per il caffè, e sta sempre alla ricerca di un santo che gli revochi una multa o gli sistemi il figlio. L’aria è fetida, e i livelli, tutti, mediocri. I migliori vanno via, pare, e quei pochi che rimangono subiscono il malefico condizionamento del popolo dei sudditi. Oppure si ritrovano soli, con attorno solo terra bruciata.

Tornati a casa, tutti i partecipanti alla festa pian piano si spogliarono e indossarono i pigiami. Qualche commento blando su come era vestita Clara, e su come è invecchiato Gigi, su quella gnocca della Maria, e su come è buffo Franco, e le palpebre cominciarono ad abbassarsi lentamente.

Quella notte non morì nessuno. O quasi.

Pecore si nasce. E noi, grazie a Dio, lo nacquimo.

Posted on 13. dic, 2011 by L.P. in Argomenti

Abbiamo una miriade di partiti, un esercito di parlamentari, ma a governare sono i cosiddetti tecnici.

Forse dovremmo cominciare a interrogarci su come si declina la parola democrazia in Italia.

C’è la crisi. Va affrontata, perbacco. I partiti dovrebbero avere, tutti, una propria idea di come risolverla, e dovrebbero fare a gara a renderla pubblica, non foss’altro che per raccogliere consensi. E invece niente di niente.

Talmente sono a secco di idee che hanno delegato Monti a riguardo.

Bene ma allora perché non si sciolgono? Sapeste che risparmio! Altro che manovra.

Ma io penso, con raccapriccio, al militante del PD, iscritto alla CGIL, il quale sta vivendo un momento critico di sdoppiamento della personalità: al corteo per i bisogni dei lavoratori e pensionati, al partito a fare di sì con la testa alle misure di Monti.

Roba da pazzi?

No!, roba da italiani.

Ad ogni modo lasciamo guidare l’autista. Sta riflettendo sul se appioppare l’Ici alla Chiesa o meno. Che ci pensi bene, niente niente finisce all’inferno.

Sulla patrimoniale ha scelto di non applicarla. Troppo ingiusta, perbacco, e anche troppo difficile da applicare, vuoi mettere con l’alzare l’Iva o reintrodurre l’Ici? E che so fessi?

Ma Bersani dice che va bene.

Sarà contento Berlusconi che con una patrimoniale avrebbe dovuto sacrificare Gattuso.

Nel frattempo le riforme serie, quelle che servono, non si fanno. Per esempio quella della giustizia, sapete?, quella per rendere i processi veloci come nel resto del mondo. Le pensioni le abbiamo adeguate, quelle sì, ma stipendi dei parlamentari e giustizia veloce questi no, grazie, non fumo.

Ma forse Monti ci sta pensando. Pensa che ti pensa alla fine sulla vetta di Monti si aprirà un cratere e comincerà a fumare, come il Vesuvio. Sì, sì, magari.

La verità è che è tutto un mangia mangia, si sente dire al bar, cene cenette, pranzi e pranzetti, direbbe un altro.

Ma a questo punto possiamo aggiungere anche che non c’è più religione e chi s’è visto s’è visto.

Una volta le cose andavano meglio, non c’è che dire, e la signora sta bene? Me la saluti tanto caramente.

Che fanno per televisione stasera? E Santoro, che fa? Ah!, lo danno in rete? Mica scemo. Non lo vede più nessuno? E ci credo, crollato il muro di Berlino non si è capito più niente. E le ideologie? Finite, sparite, sepolte. Diceva bene mio suocero: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Come? Ma no, scherzavo, ho sentito tutto. Tu devi dirmi tutto, anche le cose brutte, per giove. Sai che mi piace la sincerità.

Buongiorno vorrei un mutuo, dovrei pagare le tasse. Mio padre lo accese per acquistare una casa, io per mantenerla. Mio figlio chissà, forse dovrà farlo per venderla.

Ora viene Natale, pochi doni, però. Era ora. Coi regali degli ultimi dieci anni ci pagavamo la finanziaria. A pensarci.

Signore pietà.

Signore pietà.

Signore sei tu il mio pastore.

Firmato: una pecora di razza, italiana, e non ti preoccupare, Signore, anche stavolta l’Ici te la pago io.

Gigio Gigi e Mario Monti

Posted on 08. dic, 2011 by L.P. in Argomenti, Commenti

Buongiorno, sono Gigio Gigi, un uomo qualsiasi.

Un uomo normale.

Un uomo con un lavoro di merda, e uno guadagno di merda.

Evidentemente sono un uomo di merda, o come dice qualcuno per confortarmi, soltanto sono stato sfortunato.

Una laurea ce l’ho. Intelligente pure dovrei esserlo, anche se molti mi dicono che non lo sono perché non sono furbo, perché pago le tasse e faccio le file senza cercare di aggirarle.

Faccio un lavoro che mi costringe ad avere a che fare, quotidianamente, con tanti iddii in terra, i magistrati. E non li chiamo iddii per irriderli, tutt’altro, li chiamo così perché lo sono.

Fortuna che sono ateo/buddhista, così almeno mi evito di doverli osannare, come, invece, tanti colleghi usualmente fanno. Ma questo è un altro aspetto del mio “non essere furbo”, e quindi anche, probabilmente, poco intelligente.

Ma non mi lamento.

Se penso che altri, gente importante, di indiscusso valore, con titoli di studio e palmares strabilianti, per aggiustare l’Italia aumentano il costo della benzina, mi convinco sempre di più che sono le cose facili quelle che contano. Forse spesso ce ne dimentichiamo.

E le cose semplici, apparentemente addirittura stupide, le sanno fare i ricchi, gli uomini di potere.

Pensate che c’era un politico ricco e importante che per risolvere i suoi problemi semplicemente cambiava le leggi.

I Gigio Gigi come me, invece non possono fare miracoli facendo cose semplici, ma glieli chiedono, perbacco.

Per esempio dovrebbero, i Gigio Gigi, pagare i debiti contratti dagli altri, pur senza avere più una lira. Ed ecco che, ai ricchi e importanti tocca fare cose semplici, e ai Gigio Gigi fare i miracoli.

Anche se poi diranno che i miracoli li hanno fatti loro.

Ci fossi stato io, al posto di Monti, niente niente, avrei pensato che un limone spremuto non caccia più succo, pensa te, che pensiero complicato e stupido.

Ma la borsa pare ci creda. Cacceremo ancora succo dai nostri limoni spremuti! Bene, bravi, bis! E la borsa vola.

Dicono che i ricchi se ne stanno andando all’estero. Balle. Dove potrebbero stare meglio che in Italia? Sono protetti e coccolati, e se c’è ombra di crisi gli chiedono pure di governare. Altrove pagherebbero tasse profumate, pensa te.

Sono Gigio Gigi, e sapete che vi dico? Che tutto questo disfattismo non mi condiziona. Tanto la mia vita non cambierà. Un lavoro di merda e guadagni di merda. Sono un uomo normale. Sempre piegato  a 90 gradi per aiutare gli altri, specie se ricchi.

Mi ribellerò?

Certo fra qualche giorno dovrei incrociare le braccia per tre ore. Una protesta coi fiocchi. Una rivoluzione.

Sono Gigio Gigi, uomo normale, e da normale voglio concedermi il lusso di mandare tutti a cagare; è l’unico lusso che posso permettermi. E me lo tengo stretto, nessun Monti potrà sottrarmelo.

Pare niente, ma conta ancora molto.

Permettete le spalle, così mi piego meglio

Posted on 06. dic, 2011 by L.P. in Argomenti

Che bello, che piacevole sorpresa. La borsa sale e lo spread cala.

Sono felice.

E’ bastato annunciare la manovra; figuriamoci ora che verrà posta in esecuzione, cioè che cominceremo a pagare.

L’euforia è generale, i giornali titolano a più colonne, sembra quasi che siamo tutti più ricchi, o meno poveri, se volete.

Fatto sta che io non ci guadagno niente. Anzi.

Quindi il debito pubblico e quello delle banche lo pago io.

Insieme a tanti altri, beninteso.

E perché tocca a me pagare?

L’ho alimentato io il debito delle banche o quello pubblico?

Per quello che mi consta io, alle banche e allo Stato, ho sempre dato e  mai avuto.

Mi piacerebbe sapere perché il cerino acceso, quando si sta consumando, rimane sempre in mano a me.

E nessuno mi dirà grazie. Non passerò alla storia. Neanche un’intervistina, una seconda pagina, o un caffè gratis. Niente. Tutto dovuto.

Pare che la Chiesa continuerà a non pagare l’Ici.

Mi sembra giusto. La Chiesa fa parte dei ricchi, non degli stronzi, come me.

Ma la manovra dice Monti, è equa.

Il concetto di equità, oltre alla sua relatività, è un concetto inflazionato.

E, giusto per rimanere in tema di equità inflazionata, vi sembra giusto e equo se li mandassimo tutti a quel paese?