La parata dei politici, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 31. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Argomenti, Città di Potenza

Con la sfilata e/o parata dei turchi si è data la stura ai commenti alle polemiche agli entusiastici elogi. Come ogni anno, del resto, o meglio, come negli ultimi anni.
La festa patronale potentina, infatti, da, appunto, semplice festa patronale, si è trasformata in evento. Lo storicamente timido o riservato potentino si è trasformato in un esigente festaiolo; grazie a diverse associazioni la tradizione ha assunto dimensioni importanti e l’eco travalica, ormai, i confini regionali.
Gestire la festa è diventato più difficile, ma la buona volontà sicuramente non manca.
Fin qui tutto più o meno normale. Qualche problema è rinvenibile, invece, nella sfilata parallela a quella dei turchi, quella dei politici che, negli ultimi anni fanno a gara a essere più importanti di San Gerardo e più popolari di Civuddin.
Abbiamo ammirato, infatti, per esempio, un assessore alla sfilata, alias cultura, vestire i panni del coreografo e/o vigile urbano, autentico protagonista sebbene non in maschera. Un sergente di ferro dedicato alla cura dei particolari siccome allo zigzagare del corteo che il vigile interpretato da Sordi gli avrebbe fatto un baffo.
All’arrivo, agognato e sudato da tutti, infine il Sindaco ha preso la parola quale Autorità sipitual-amministrativa, una nuova figura di collegamento fra il Santo Patrono e la città che bypassando il Vescovo, garantisce quella protezione burocratica che tanto mancava alle feste cristiane.
Non so se nel festeggiare San Gennaro De Magistris prenda la parola, o Sala in occasione della festa si Sant’Ambrogio, ma quand’anche fosse, nulla mi leva dalla mente che la stagione in corso è quella della politica fatua dell’apparire.
Anche figure più mediocri del panorama amministrativo, fanno a gara a sfilare alle processioni, finanche rionali, quasi a voler trasmettere fiducia con la certezza della loro presenza. “Io ci sono sempre” sembra ammiccare il politico al popolo che un giorno andrà a votare.
E quale migliore occasione del sacro, o soltanto del momento cristiano della ricorrenza del Santo Patrono, per ricordare a tutti che la politica, in fondo, poco dista dalla divinità e che un fedele ben può vedere nella figura amministrativa un secondo patrono, o protettore o divina presenza?
Anche figure della politica regionali ieri si sono messe in mostra a testimoniare la loro impossibilità a fare a meno di eclissarsi fosse anche solo per una giornata. La convinzione è ormai che senza non se ne può fare e che la festa non sarebbe festa senza la loro benedizione. Beninteso la loro convinzione, non la nostra.
Sembra che con l’elezione si consegni loro una delega in bianco per tutto, purchè ci siano sempre, come un lume sempre acceso sotto la statua del santo.
A ogni modo i politici con la loro asfissiante presenza ci testimoniano che l’invasore è sempre alle porte; ieri i turchi oggi loro. Non vorrei che entrassero nelle nostre case, per esempio la domenica, e si sedessero a capotavola chiedendo di assaggiare la braciola di famiglia, accompagnandola con un bicchiere di vino e ruttino di circostanza.
In sintesi estrema, tornando all’assessore lavoratore, e provando a esprimere uno slogan, come tanto in voga, si potrebbe dire che se un diamante è per sempre, un assessore è per tutto. E costa mica! Solo un voto, come gratis.
Zona retrocessione, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 31. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Argomenti, Città di Potenza

Domenica si è chiusa una annata calcistica negativa per la Basilicata. A chi sostiene che lo sport viaggi di pari passo col benessere di un territorio, bisogna riconoscere che i risultati stanno dalla sua parte.
Eppure le premesse, anche quest’anno, erano delle migliori. Invece a un Matera tanto bello nella prima parte del campionato, quanto asfittico nella seconda, ha fatto eco la retrocessione del Melfi. In serie D ha brillato solo il Picerno e un’altra lucana, la Vultur Rionero, è retrocessa. A parte il mediocre campionato del Potenza e il rischio che il Real Metapontino possa rinunciare alla serie D per motivi economici.
La Basilicata ha ricchezze inestimabili, su tutte il petrolio; inoltre la Basilicata ha Matera futura capitale della cultura e altre meravigliose mete turistiche, originali e suggestive. Non solo, la Basilicata ha industrie di rilievo nazionale e internazionale, come la FCA e l’indotto intero. Insomma tutto lascerebbe pensare che nello sport, come nella vita di ognuno, il benessere sia impiantato stabilmente.
Niente di tutto questo. La precarietà la fa da padrone e la miseria è sempre in agguato. L’inquinamneto galoppa e, nonostante piovano soldi a vario titolo, questi per tradizione non si convertono in sviluppo, ma in assistenzialismo della peggior specie.
Paghiamo, presumibilmente, una classe politica mediocre, senza ambizioni o capacità di programmazione, salvo quella che riguarda le carriere personali, in tante piu che brillanti.
E’ sempre il solito discorso, quello recuperabile quando un altro ponte della Basentana cede, o quando Roma diventa sempre più distante in termini di tempo per arrivarci.
Tornando allo sport, è evidente che negli anni non sia stato fatto nessun serio investimento se è vero,come è vero, che la squadra di Pallanuoto potentina gioca le sue partite sempre fuori casa per mancanza di una struttura conforme alle norme federali, per esempio.
Eppure sarebbe stato più che normale che Eni o FCA avessero offerto un contributo tangibile e diretto in investimenti, anche, sportivi; una sorta di sponsorizzazione a parziale deconto dei danni ambientali causati e causandi, o soltanto quale forma di compartecipazione allo sviluppo di una terra dalla quale prendono molto, anche in termini di forza lavoro, neanche tanto ben pagata, e alla quale restituiscono ben poco, anche sotto forma di imposte.
La Basilicata sembra una di quelle stazioni turistiche non molto organizzate, dove arriva il forestiero, si diverte, bivacca e lascia i rifiuti di quello che neanche ha acquistato in zona ma si è portato dietro. Manca, in fondo, quel rispetto minimo del territorio e dei lucani da pare di chi arriva, la fa da padrone e ci dà pure dei bugiardi, per gradire.
Mentre, però, la popolazione comincia a farsi sentire, attraverso associazioni o singole persone cha hanno combattuto una vita e solo ora cominciano a essere ascoltate, è mancato e manca l’apporto della politica che, invece di difendere l’integrità e il benessere dei lucani, ha concorso e ancora concorre, senza criterio, a navigare senza rotta e senza salvaguardare i livelli minimi di dignità della regione intera.
Quindi nello sport come nella vita, sempre e soltanto in zona retrocessione, con gli spiccioli della FCA e gli sversamenti di ENI a costringerci anche ai ringraziamenti.
Anac, De Luca, Pec e multe. Editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 31. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Argomenti, Attualità, Città di Potenza, Regione Basilicata

Una delle coraggiose iniziative della attuale amministrazione comunale di Potenza, che poggia su una cospicua maggioranza per virtù divina, visto che destra e sinistra starebbero all’opposizione (della sinistra non lo sapevamo ma ce lo hanno detto ufficialmente pochi giorni fa), è consistita nell’affidare i trasporti a una nuova azienda dopo anni di elargizioni ingiustificate al precedente concessionario. Prima della stagione della trasparenza, inaugurata dalla attuale amministrazione, i metodi pare fossero variamente illegali, secondo quanto ebbe modo di denunciare il Sindaco.
Oggi sappiamo che anche l’affidamento alla ditta Trotta non è stato regolare, per via di qualche documento, mancante o invalido, circostanza venuta alla luce già da tempo, ma minimizzata dall’Ente fino a quando l’Anac ci ha messo le mani, elevando una bella multa al Comune.
Detta diversamente, quella gara o quell’affidamento, se fossero stati impugnati davanti al Tar, sarebbero presumibilmente finiti nel cestino, più o meno come il concorso di Franceschini per i musei. Traducendo, ancora, significa che erano e sono illegittimi.
Ora se il malaffare va combattuto, ove esistente, andrebbe sì combattuto, ma con le armi che offre la legge, non con provvedimenti illegittimi, oserei dire, vistosamente illegittimi.
Qualcuno potrebbe maliziosamente insinuare che l’affidamento sia stato forzato e che abbia ingiustamente favorito uno dei concorrenti. Ma noi non la pensiamo così. Preferiamo immaginare esistente ed esistita la più cristallina buona fede.
In questo caso, però, come non sottolineare l’evidente cialtroneria, la goffa superficiale gestione se non proprio l’ingenua faciloneria di chi non sa individuare un documento da un pacco, come si è dimostrata la polizza fideiussoria della ditta assegnataria del servizio? O ancora di più, come non sottolineare la furbizia e/o scaltrezza della ditta vincitrice della gara che non poteva ignorare che la polizza non aveva alcun valore giuridico, perchè proveniente da società non autorizzata?
La vicenda, ormai, è datata, ma il dubbio di legittimità di ieri, spedito al mittente da una supponente amministrazione, oggi è certezza.
Giova ricordare come, fra l’altro, i fatti, strada facendo, si siano arricchiti di gustosi siparietti, tipo le richieste dell’Anac non riscontrate dal Comune perchè la Pec -udite udite- non era stata aperta e/o letta, roba che al Bracco Baldo Show l’avrebbero resa meno comica.
Volendo tirare le somme il risultato sarebbe misero: o si forzò la mano per evitare di escludere la Trotta, ipotesi che ripeto tendiamo a escludere fino a prova contraria, o la gestione della vicenda è stata a dir poco dilettantistica. Figuriamoci se uguale circostanziata professionalità (e giù risate) sia stata la regola amministrativa, perchè in tal caso, col tempo, potremmo vederne delle altre belle.
Rimane un piccolo dettaglio.
La multa fa 40.000 euro, per gradire; se non revocata o annullata, ammesso che un tanto sia possibile, andrà pagata e la pagheremo tutti. E’ giusto? O è una canagliata? Ci dicessero cosa ne pensano. Dopo le arroganti risposte ai primi dubbi sarebbe il caso che arrivasse una seria risposta, che alla dignità collegasse la responsabilità. Dai stupiteci e, assieme alla banda del rimborso, chiedete scusa e mettete mano al portafoglio.
La saga di Dario e Rocco. Quando Dario discettò sulla sfilata dei turchi.
Posted on 29. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Città di Potenza
Di quando Dario e Rocco discettarono sulla sfilata dei turchi.
-Rocco, non credi che a me tocchi un ruolo nella sfilata di San Gerardo?
-Dario non credo. Preferisco l’immagine di un sindaco che si confonde coi suoi cittadini.
-Certo, ma un ruolo da protagonista potrebbe avvicinare la manifestazione popolare e tradizionale con l’istituzione che, a sua volta, si contestualizza diventando realtà da vivere, guardare e toccare.
-Potrebbe darsi, caro Dario, ma l’effetto normalizzante che un sindaco mischiato ai cittadini produce, tracima finanche il concetto base della uguaglianza in democrazia, dando spazio a mediazioni psicologiche in termini di prossimità dell’Autorità.
-Rocco, non mi convinco e ribadisco la tesi del protagonismo surreale che disgrega ogni accenno negativamente oligarchico.
(Rocco sbuffa vistosamente)
-E Dario basta, ma chi le ha scritte ste scemenze?
-Per mille birilli, ma io! Come ti permetti Rocco?
-Ma a che serve?
-Zitto e studia che stasera siamo in tv. Impara a memoria, stupiremo tutti.
La saga di Dario e Rocco. Quando il governatore chiuse il centro oli senza il parere dei nostri due eroi.
Posted on 28. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Città di Potenza
Le attività estrattive di oro nero creavano problemi, ma il govermatore faceva di testa sua, senza sentire nessuno.
-Rocco, hai sentito? Marcello ha chiuso il centro oli.
-Si, ho sentito. Ma ti ha chiesto consiglio?
-Ohibò, per niente, avrebbe dovuto?
-Beh!, se contavi ti avrebbe chiesto.
-Quindi non conto?
-Dario, temo proprio di no.
-Sigh!
-Dai, non fartene un cruccio, non ha chiamato neanche me.
-Ah beh, allora …..
La saga di Dario e Rocco. I buchi e il ditale.
Posted on 28. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Città di Potenza
In città si mormorava di buchi di bilancio e Rocco metteva riparo.
Le avventure di Dario e Rocco. Rocco e i buchi di bilancio.
-Rocco cosa fai?
-rattoppo i buchi.
-Qual buchi
-Quelli nel bilancio, ovviamente
-Abbiamo dei buchi in bilancio e io non ne so niente?
-Dario, chiariamoci, se tu continui a guardare Rintintin in TV non saprai mai niente di quello che succede in comune, va bene?
-Per mille borlotti, mi stai muovendo un’accusa grave. Ti ricordo che io sono il sindaco, non un assessore o un dirigente.
-Va bene, va bene, fammi lavorare che con questi aghi mi pungo sempre.
-Ma hai messo il ditale?, mia nonna diceva sempre ….
-DARIO! Fammi lavorare.
-Senti, Rocco, tu che sai tutto, e di questo appalto al Viviani, ma è vero che è tutto uno schifo, sai, leggendo i giornali ….
-Dario, sei o no il sindaco?, e devi leggere i giornali? Chiamati il dirigente e chiarisci, il malcontento sta montando.
-Ohibò, ehm, e non potresti vedertela tu?
-E certo, ci mancherebbe, tu lanci gli slogan e io ….
-Quali slogan?
-Gli amici e gli amici degli amici!
-Ma era per scherzo, diamine, e che diavolo saettante, non si può più far niente qua, quasi quasi me ne torno allo studio.
-Davvero?
-Beh, dicevo per dire.
-Ah, ecco, dicevi per dire …. AHI!, sto ago e sto buco mamma quanto è grande.
-Pizza da Lorusso?
-Con le cipolle!!!!!
La saga di Dario e Rocco. Quando lo stadio Viviani rischió di rimpicciolirsi.
Posted on 27. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Calcio, Città di Potenza, Sport
A causa di una gara d’appalto pirimpola, lo stadio Viviani a un certo punto rischiava di diventare più piccolo. I tifosi erano in rivolta:
-Dario, i tifosi vogliono parlare con te per la questione del Viviani.
-Rocco, parlaci tu che sei pure tifoso di calcio.
-Dario, vogliono il sindaco.
-E che devo dirgli?
-Come abbiamo deciso, che il campo sarà come è sempre stato e che il comune stanzierà altri 40 mila euro per l’esatta superficie.
-E chi ce li dà altri 40 mila euro?
-Usciranno, Dario, usciranno.
-Ohibò, dovrò essere convincente. Aspetta faccio le prove, anzi dammi prima qualche espressione tipica di voi tifosi di calcio.
-Che ne so, Dario, fuorigioco, Zona Cesarini, contrasto, gol, il sette della porta …
-Questo mi piace, sette della porta.
-La palla è rotonda, arbitro pupo nero, tutta la curva deve saltare, rimonta, doppietta …
-Ah, come nella caccia.
-Corner, cartellino rosso …
-OK basta, ne so a sufficienza. Falli entrare.
(Entrano una quindicina di tifosi del Potenza, sguardo agguerrito, ma movenze impacciate dall’ambiente che intimidisce).
-Buongiorno e benvenuti nella casa comunale. State comodi, ecco non ho tutte le sedie, ma potete mettervi qui, in zona Cesarini, ecco. No, anche lei venga più avanti non mi occupi il sette della porta, potrebbe entrare la mia segretaria e urtarla. Allora, e certo ho appreso con estremo sgomento la notizia che si rischiava di avere uno stadio più piccolo. Ci saremmo trovati in fuorigioco, come dicono gli esperti. Ma ho allertato gli uffici e, con non pochi sacrifici, io oggi posso affermare che Potenza avrà il suo stadio della stessa grandezza di prima.
-Bravo! -Grazie!
-Che volete, durante la gara c’è stato un errore di valutazione, ma la palla è rotonda, nonevèro, e io ho fatto vedere, per ora da lontano, il cartellino rosso a più di qualcuno. Poi, col qui presente Rocco, approfittando di un corner abbiamo fatto il nostro gol.
(I tifosi bisbigliano fra di loro “ma che cappero dice questo qua”)
E ora mi unisco a voi in un coro da stadio, dai, Rocco intonane uno dei tuoi.
-Lo vedi il colore del sole
Tutti i tifosi: E’ rosso”
-Lo vedi il colore del cielo
Tutti i tifosi: E’ blu
-Il rossoblu è il colore più bello che c’è, il rossoblu è dentro di me
All together: perché è del Potenza, ooohhh, Potenza, ooohhh.
-Rocco, mi piace fare il tifoso. Perché non ho cominciato prima. Ma chi aveva accorciato lo stadio? Dimmelo che gli faccio un contrasto.
La saga di Dario e Rocco. Quando l’Anac perforò il sistema di difesa antipec del Comune di Potenza.
Posted on 27. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Città di Potenza, Letteratura, Racconti
La saga di Dario e Rocco è la storia romanzata di due personaggi noti nella città di Potenza che contraddistinsero una stagione amministrativa attorno agli anni 2010/2020 dopo Cristo.
Entrambi corpulenti, estremamente fattivi, volitivi e magicamente uniti, seppero affrontare una stagione politica tribolata, ribaltare un sistema incancrenito, a sentir loro, far schiattare in corpo quelle che all’epoca venivano definite destra e sinistra, nonostante la stagione delle ideologie fosse stata da tempo relagata in soffitta, inanellando perle su perle, di saggezza come di umorismo.
Qualcuno, pensando a loro, rivedeva la mitica coppia Don Chisciotte-Sancho Panza, ma non aveva capito granchè. In verità nessuno seppe mai capire fino in fondo chi fosse la mente e chi il braccio, ovvero se non si trattasse di una congiuntura perfetta nella quale le virtù, come i difetti, anzichè completarsi a vicenda, si unirono per raddoppiare.
Il partito che all’epoca era maggioranza si sfaldò completamente e le altre forze politiche furono relegate in un angolo dall’incedere imponente, maestoso e per certi versi cinico dei due.
Dopo di loro nulla fu come prima. Rivoluzionari? O solo meteore impazzite che una alchimia astrale aveva buttato nella mischia al momento giusto? Nessuno potrà mai saperlo.
Le loro avventure vennero raccontate in diretta e qualcuno le conservò.
Oggi vengono riproposte dalla Braccobaldoshow edizioni e questo blog ha la fortuna di poterle pubblicare.
Buon divertimento.
Come Il Comune di Potenza venne multato dall’Anac nonostante l’ordine di non leggere le PEC.
-Dario, ci hanno multato.
-Chi si è permesso!?!
-L’Anac.
-Diavolo di un polipone! Rocco, dimmi, ma la multa è arrivata per Pec?
-Si
-Diamine e l’avete aperta?
-Si
-Avevo dato ordine di non aprirla! Chiamami il responsabile!
Il Presidente del Presidente del Presidente …
Posted on 26. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Commenti, Regione Basilicata, Società e costume

La sollecitudine e il trasporto che accompagnano il saluto nei confronti di una persona importante, da parte di una persona diciamo normale, sono costanti e fissi gesti comportamentali in uso nella repubblica della democrazia all’italiana.
L’ossequio va posto in risalto, rimarcato, tante di quelle volte il personaggio non registri il gesto, sarebbero seri grattacapi, tipo perdere l’appetito almeno fino a quando non si riesce a porre rimedio con uno scappellamento multiplo, o almeno fino a quando non ci si rassegni alla presunta figuraccia.
I dubbi postumi sono snervanti e ti fanno porre mille domande: forse la voce era troppo bassa, forse c’era troppa gente e non mi ha individuato mentre salutavo, oppure non mi sono accorto che era distratto e non ho ripetuto il saluto dopo aver raccolto la sua attenzione, oppure ancora maledetto me e la mia timidezza. Roba da non dormirci.
La paura è, infatti, di passare per quello che non si è, cioè una persona non attenta ed educata, ma soprattutto non devota, col serio rischio di essere male interpretato e di doverla addirittura pagare in futuro, tante di quelle volte si dovesse finire nella rete di competenza della persona importante o ancora di più si dovesse avere bisogno di lei. “Ah, mi dica, di cosa ha bisogno? …. Ma lei non è quello che non saluta?” Un incubo.
Dall’altro lato, poi, troviamo, appunto, il personaggio importante, o ritenuto tale. Questi è abituato agli scappellamenti a rischio perdita di equilibrio, sembra quasi non farci caso e, dall’alto della sua carica, trova necessario non ricambiare mai con altrettanta affabile gentilezza e devozione, non usa, nonono!, diamine, ma si limita a un mormorato saluto e, quando proprio è una persona spontaneamente gentile, lascia trasparire un accenno di sorriso, i suoi occhi si posano solo per un istante sull’interlocutore e poi volano altrove a inseguire compiti e idee che solo una persona importante può adempiere o partorire.
Gli studiosi di psicologia comportamentale si affannano in genere a studiare la reazione del personaggio a un mancato ampolloso ossequio o presunto tale, come nel caso in cui il “normale” non riesce a porre bene in risalto il suo saluto.
Ebbene i risultati di anni di studio non hanno ancora portano a risultati scientificamente apprezzabili. Pare comunque che, anche nei personaggi importanti più miti e timidi, la reazione sia virulenta, anche se difficilmente resa visibile e di fatto tendente alla vendetta più dura. Il non saluto o il non sufficientemente ossequioso saluto viene interpretato, infatti, come gesto ingiurioso, altezzoso e supponente. Il commento in genere è del tipo “ma chi si crede di essere?”. Essì perché l’Autorità va ossequiata, curata con amore e riservata gentilezza. E’ sensibile e necessita di conferme continue. Diventare importanti, ammesso che esista davvero al mondo una categoria di questo tipo, in barba alla effettiva democrazia, che da noi ancora non attecchisce, è un riconoscimento meritevole di attestati continui. Insomma, chiariamoci le idee una volta per tutte: i Presidenti sono Presidenti e il resto non è un cazzo.
N.d.A.: si intendono per Presidenti tutte le figure apicali delle amministrazioni italiane e poi a scendere, ognuno ha nel suo superiore un presidente, fino a chi può essere ritenuto l’ultimo, ma proprio l’ultimo della fila: questi ha solo presidenti attorno a sé.
L’Italia è questa che lo si voglia o no.
La banda del rimborso, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 26. mag, 2017 by L.P. in Argomenti, Regione Basilicata

Una classe politica condannata definitivamente per aver procurato danni erariali all’Ente di appartenenza, oltre a far degnamente parte del genere horror, rimane una circostanza che impone qualche domanda.
La prima è: volete farci i nomi di chi non ha procurato danni? Si potrebbe pensare di intestargli una via, quantomeno, stante la rarità del fenomeno. Giacchè la Corte dei Conti ha sentenziato che quasi tutti in regione Basilicata, nel periodo di tempo intercorrente fra il 2009 e il 2010, hanno sperperato danaro pubblico per spese non istituzionali e quindi personali, quelli non coinvolti sono degli eroi, né più né meno.
Pensate alla difficoltà, immane, di evitare l’esca del facile rimborso in un clima da “così fan tutti”, roba da guru dall’animo puro.
Ma ragioniamo, voi ve lo immaginate un cassiere di banca che si appropria di un euro che fine fa? Licenziato in tronco, senza dubbi. Il gesto è lo stesso, magari quello del politico è pure più grave perché il valore etico della funzione impone comportamenti trasparenti e immuni da peccati, finanche veniali.
Ecco, ma l’atto del rimborso onnicomprensivo, che è quasi un’arte visto dalla parte dei comuni mortali, che tipo di peccato è?
Sarebbe interessante interrogare la Chiesa sul punto. Anche se questa se la può cavare ed essere completamente soddisfatta con un bel sincero e pronto pentimento, avrà pure una definizione per i comportamenti suddetti: ebbene veniale o mortale?
Vabbè, facciamo che è veniale e che bastano due padre e due gloria, ma il pentimento?
Non ho ancora letto le scuse di nessuno dei condannati.
Bene, se comprassero una pagina di un giornale, anche tutti assieme dividendo la spesa e con tanto di sottoscrizione uno per uno, in maniera politicamente trasversale, come del resto l’arte di farsi rimborsare, e scrivessero all’incirca: caro popolo lucano, noi chiediamo scusa, beh, dai, che in fondo non siamo giudici severi e abbiamo fatto tutti il militare a Cuneo, sono sicuro che a fronte di un gesto umano, a una manifestazione di autocritica severa, avremmo quasi vergogna a pronunciare il nostro perdono, quasi non meritassimo questo privilegio, confusi da cotanto spontaneo pentimento.
E invece le scuse non ci toccano, anzi, chi ancora è in sella, e che sella, non farà cenno alla questione o al più griderà a una sentenza ingiusta, cosa che rientra nelle possibilità, ma che non cambia la sostanza perché una sentenza è una sentenza e va rispettata.
Vero è, però, che recenti rumors danno per cosa fatta l’asse Renzi-Berlusconi, e che quest’ultimo dall’alto delle sue condanne e prescrizioni e attuali pendenze offusca questioncelle come quella del rimborso lucano; ragion per cui è ragionevole concludere che si trattò di peccato veniale, emendabile senza neanche le scuse e anzi, scusate se per un attimo ci avevamo pensato. Che, poi, uno fa pure carriera, dai, e ritrovarsi con una decisione così tosta quando si è scalata la gerarchia delle cariche, pure fa male.
Esiste, però, sempre la riabilitazione, a ogni modo, ma non quella prevista dalla legge, penso a quella, ben più importante proveniente dal giornalismo più generale. Basta accodarsi e, quindi, se Berlusconi ormai è per Scalfari buono anche a fare le leggi e governare, dopo quello che gli ha detto dietro per anni, quando non era ancora neanche stato condannato, dalle nostre parti possono stare tranquilli. Né dimissioni né critiche, anzi sai che c’è, avete fatto bene.
Cinghialone mio, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 25. mag, 2017 by L.P. in Attualità, Città di Potenza, Commenti

Per il movimento animalista della nuova BB, sigla che ai più vecchi ricorda la Bardot, l’attrice francese che negli anni sessanta spopolava, ma che oggi indica il binomio Brambilla-Berlusconi, la città di Potenza potrebbe essere l’ideale capitale d’Italia. Noto, infatti, l’amore generalizzato dei potentini per gli animali, di qualunque genere e specie.
Non di rado, infatti, per fare un esempio, i serpenti fanno capolino, segno che da qualche parte in città hanno abitazione e dimora. Non meno di un anno fa ne immortalai io uno in piazza Vittorio Emanuele, in tardissima serata, ma tanti altri ne hanno segnalato la presenza. Ottimo, servono per equilibrare l’eco sistema, insomma la caccia ai topi meglio farla fare agli esperti.
L’amore per i cani è, poi, cosa assodata e provata dai residui più o meno tossici che colorano marciapiedi e viuzze.
Ma con i cinghiali in città, Potenza ha tracimato ogni limite e superato ogni record italiano e, ormai, le avversarie cominciano a essere solo piccole realtà africane ai confini con la Savana. La distanza da queste realtà è ancora abissale, perché vuoi mettere un leone con un cinghiale, ma l’adattamento mostrato da questi ultimi a convivere con autovetture, autobus della Trotta, cicli assistiti e motocicli, i leoni se lo sognano. Tanto che la solerte amministrazione del capoluogo ha pensato bene di differenziare ancora meglio i rifiuti. Infatti, anziché lasciare al cinghiale la scelta del miglior residuo alimentare fra i vari bidoni pare ne stia escogitando uno specifico dove accumulare i resti delle libagioni con l’etichetta relativa che recita “cinghiali” accanto a umido, carta e vetro.
I cinghiali, che si sono fatti sentire a Palazzo di Città attraverso una delegazione, pare abbiano dato preventivo consenso, garantendo anche la spazzolatura del bidone che, dopo una slinguata di complemento, sembrerà come mai usato.
Invero c’è chi paventa rischi alla incolumità delle persone, ma al Comune si stanno già attrezzando con la realizzazione di uno specifico opuscolo dal titolo suggestivo “Come farsi amico un cinghiale”. Lo schema è quello del Manuale delle Giovani Marmotte, declinato alla bisogna.
Ma c’è chi propone già lo schema casa-famiglia o campagne di sensibilizzazione del tipo “Adotta il tuo cinghiale”, animale che, dicono gli psicologi, sarebbe più mansueto di quello che sembra.
Gli studiosi di una università dell’Oklahoma affermano con decisione che il cinghiale aiuta nelle terapia contro la depressione e gli stati d’ansia e tiene lontane le zanzare. Insomma un vero e proprio animale domestico che fa capire tosto perché la città di Potenza ne favorisca la migrazione.
Piuttosto c’è da chiedersi se il loro aumento vertiginoso in città sia dipeso da una scelta oculata amministrativa ovvero se l’amministrazione abbia soltanto approfittato di una scelta elettiva di Potenza da parte dei cinghiali. Canali semiufficiali parlano di una intuizione del Sindaco, fatta propria dall’assessore all’ambiente e, poi, silenziosamente attuata; altrettanti canali dicono invece che i cinghiali sono arrivati a Potenza dopo che un loro scienziato in missione abbia riscontrato nella nota e amena città lucana il miglior microclima per una evoluzione anche culturale della specie. Ma col tempo sapremo tutto.
Per ora godiamoci il primato e l’invidia di Berlusconi che pare muoia dalla voglia di farsi fotografare a Macchia Romana con un cucciolo di cinghiale in braccio.
Ma che bel pensiero, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 24. mag, 2017 by L.P. in Amenità, Argomenti, Politica nazionale

Le dimissioni della sottosegretaria Vicari hanno del sensazionale nel contesto italiano. In linea di massima da noi il galateo comportamentale del parlamentare medio, ovvero del ministro o giù di lì, prevede un generale no comment e il tirare dritto, tanto prima o poi i trombettieri perdono il fiato e tutti si assuefanno all’idea del “che vuoi che sia”.
Magari si fosse dimessa senza quella punta di acidità che ha accompagnato il bel gesto, sarebbe stato preferibile e quasi elegante; ma figuriamoci se potevamo fare il pieno di cose buone da Roma. Accontentiamoci del bel gesto. Sia chiaro, secondo me ogni gesto dovuto, come quello delle dimisisioni in casi del genere, non sono nè belli nè brutti, solo semplicemente necessari, ma in tempi di magra del bon ton diciamo che è stato un bel gesto.
Molti pretenderebbero che anche altri si unissero al festival delle buone maniere, tipo un Lotti ecc., invece proprio Lotti aumenta la sua presenza in TV quasi a dimostrazione che con quella bella faccia da bambolotto come si può immaginarlo colpevole di qualcosa?
Per essere franchi la Vicari ha avuto una bella faccia tosta a dimettersi, quasi avesse riconosciuto una necessità etica e illusoria di non mettere la propria persona avanti agli affari pubblici, che di questi tempi è roba dell’altro mondo.
In un secondo momento, poi, potrà anche spiegare ai più quale ministro ha ricevuto tre Rolex e in quale contesto o occasione, ma giusto se ne ha voglia, ci mancherebbe.
L’idea complessiva è che a Roma si viaggia col combustibile Rolex: ehi come vai forte! E certo ho fatto il pieno di Rolex!
Una maniera di ingentilire e risparmiare sulle tangenti, forse. Sempre ammesso che si tratti di tangenti. Essì perchè potrebbe trattarsi di altro, tipo “presente” all’istituzione, omaggio alla signora, una volta il pollo all’avvocato, cioè un gesto garbato di riconoscenza verso il personaggio o il ruolo che svolge nella società, disinteressato, tipico del suddito nei confronti del signore. Pure ci può stare, suvvia.
Del resto il costume di rifiutare un regalo, nei casi nei quali si potrebbe equivocare, pensar male, ovviamente a sproposito, ma comunque fraintendere, è un modo di fare relegato ai tempi in cui i politici erano brutti e con le lenti spesse, noiosi e non onnipresenti, anzi allergici a troppe telecamere.
Altri tempi, dai. Ammetto che è una vita che sento dire che prima era meglio, ma questa circostanza mi conforta nella sensazione, amara, che si è iniziata da tempo una discesa che sembra non avere fine. La velocità, intanto, aumenta, e quindi il rischio di schiantarsi è sempre più alto.
Quanti guai fanno, comunque, le intercettazioni. Se Maigret avesse avuto questo strumento di indagine, avremmo perso un centinaio di bei romanzi gialli. Raccontare di un omone che rimugina fumando la pipa e bevendo birra ha un senso e un fascino, raccontare di un qualsiasi fighetto con le cuffie alle orecchie, assai meno e non vale la pena scriverne le storie. Ma la crisi è crisi e, quindi, magari, domani saranno in stampa le avventure del tal PM e della sua abilità a intercettare finanche il padreterno.
Sabato triste, editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 23. mag, 2017 by L.P. in Argomenti, Città di Potenza, Commenti, Società e costume
Lo spettacolo del centro storico di Potenza all’indomani delle festività o dei giorni prefestivi è sempre particolarmente suggestivo. Resti di veri e propri bivacchi danno l’idea di una società opulenta e sporca, che non ha vergogna di lasciare il segno della sua inciviltà.
“Tanto non pulisco io”, sembra dire qualcuno e “pago le tasse anche per le pulizie” sembra far eco qualcun altro. Insomma, la città non è roba mia, questo il senso di questi comportamenti che trapela ingiurioso.
Ma, a una inciviltà diffusa risponde presente la pubblica amministrazione. Non mi riferisco, evidentemente, alla toeletta che puntualmente rifanno al centro storico gli operatori ecologici, ma a un consolidato e cromosomico atteggiamento di accettazione che le amministrazioni competenti, oltre che ogni tipo di forze dell’ordine, hanno nel loro patrimonio genetico.
Dato per scontato che le scorribande notturne, laddove sporcano e deturpano sono da condannare; dato altrettanto per scontato che la situazione andrebbe tenuta sotto controllo e che la sola presenza delle forze dell’ordine indurrebbe a comportamenti più civili, bene non è dato capire l’indolente accettazione, priva di reazione, di chi, invece, è deputato al controllo e alla sanzione.
Che il centro storico debba rimanere, nelle ore notturne dei giorni di festa, nella esclusiva e offensiva disponibilità di gente irresponsabile, rimane circostanza difficilmente digeribile, ma tant’è: non c’è modo di arginare i due endemici fenomeni, quello maleducato e violento degli avventori, o per meglio dire di parte degli avventori, e quello indifferente di una amministrazione che preferisce spendere di più per pulire che di meno per prevenire.
Altro discorso andrebbe fatto per gli enti da sempre deputati a educare le nuove generazioni: famiglia, scuola, una volta anche la Parrocchia, tutti sembra abbiano riposto i remi e si stiano lasciando andare dalla corrente. In questi casi la destinazione è certa: la deriva, ma nulla sembra scuotere i responsabili della situazione.
Col venir meno, in buona parte, delle funzioni educative e civiche degli enti tradizionalmente deputati, la situazione diventa praticamente e sempre in maggior misura invivibile e viene da pensare che cotanta incapacità forse debba indurre a una task force educativa degli educatori e degli amministratori, ognuno da riportare alle proprie responsabilità, ai propri doveri nella società sì da ristabilire quello che una volta era un servizio sociale garantito.
A meno che non si voglia rendere Potenza metropolitana solo per quanto attiene alle varie forme di degrado urbano, lasciando intatti i disservizi e la scarsa cura del pubblico.
Ragionando in termini di Karma sociale, la Potenza che stiamo vivendo non può che essere figlia di quella degli anni passati, quindi nessuno si senta esente da responsabilità. Anche i nostri irreprensibili nonni e genitori, probabilmente, hanno lasciato un seme di maleducazione; infatti se a loro si deve attribuire una Potenza ordinata e pulita, è ragionevole pensare che questa eredità non l’abbiano trasmessa. E sempre rimanendo in ambito Karma, se queste amministrazioni sono così palesemente indifferenti non possono che essere l’effetto di pensieri e azioni della società potentina, che, da indifferente al bene comune, sceglie o produce per lo più amministratori ugualmente indifferenti.
Residua l’ipotesi che si tratti di strategia studiata per bene: fare delle nostre nottate il momento catartico che libera gli animi dalle ansie, dalle paturnie, dai problemi lasciando fare quello che si vuole, oltre il lecito, per restituirci alla società docili e pronti per altre, sempre nuove umiliazioni. In tal caso val la pena anche pubblicizzare e invitare tutti all’arrembaggio.
Un posto? Fanno 5.000. Editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 19. mag, 2017 by L.P. in Argomenti, Commenti, Politica nazionale, Regione Basilicata
“Vorrei un posto di lavoro”, “Prego, fanno 5.000”, “Posso pagare col primo stipendio oppure a rate?”, “Mi dispiace, contanti e subito”.
Potrebbe essere questo il dialogo più volte intercorso fra il sindacalista corrotto e il giovane disoccupato, a detta del vescovo di Melfi, Mons. Todisco.
Ma a fare notizia non è tanto l’illecita tangente denunciata, quanto il fatto che il Vescovo di Melfi abbia pensato bene di fare questa denuncia alla vigilia della sua partenza per l’Honduras. Prima evidentemente non gli è stato possibile.
Chissà, forse aveva preso appunti proprio per questo momento di addio, perchè non rimanesse lo stesso troppo anonimo e per lasciare una scia di civismo sul suo operato ecclesiastico.
Certo è che non deve trattarsi affatto di una coincidenza.
Ma per aver fatto queste dichiarazioni, certo doveva sentirsi un peso enorme sullo stomaco, non alleviabile in corso di mandato vescovile, chissà, forse per quel politicamente corretto o per quelle commistioni fra materiale e spirituale che pur devono aleggiare nelle stanze della fede.
I sindacati hanno protestato e invocato: fuori i nomi! Essì, perché senza nomi è come gettare fango ingiustamente su istituzioni che tanto hanno fatto per il disagio, i deboli e i giovani di questa terra.
E’ un refrain, quello dei nomi, che si sente spesso in Italia. Tanto fino a quando si apre una indagine e tante di quelle volte si chiude pure, i responsabili, se esistenti, farebbero in tempo a raggiungere mons. Todisco in Honduras, convertirsi al bene e fare i missionari, con tanto di perdono garantito dalla Chiesa e posto prenotato in paradiso.
Noi italiani, purtroppo, conviviamo con tante verità: quelle denunciate e senza prove, quelle denunciate, con le prove, ma senza una sentenza di condanna, semmai perché intervenuta la prescrizione, quelle da bar, quelle dei giornalisti, quelle dei politici, quelle di Eni, quelle di Arpab e quelle di Bolognetti, e ora anche quelle di Mons. Todisco.
“Sarà aperta un’indagine!”, come no, arrivano i nostri. Perché poi, a pensarci, per sapere queste cose, ammesso siano vere perbacco!, Mons. Todisco, vuol dire che saranno in tanti a conoscerle. Perché la strada che porta da un fedele che si confessa al vescovo non è breve, per dire. In mezzo ci saranno parenti, amici, fidanzati, collusi, mediatori, procacciatori, un mondo, cioè, di persone che tutto fanno tranne denunciare. “Fuori i nomi”, ho detto. Ok, basta che stai calmo.
Ma allora sarà una fake news! E dai!, te lo vedi Mons. Todisco in odore di missione che spara balle! E chi può dirlo? Su questa terra tutto è possibile e quante volte il lupo è l’agnello della situazione e viceversa.
Vabbè fammi fare mente locale, un paio di telefonate, quelle giuste, e ti faccio sapere. Chiami tu? Sì, chiamo io, tranquillo. Ah, dimenticavo e per quel posto per il mio compariello?
Fanno quattromila per te. Cavoli! Che generosità, pensavo fossimo amici. Dai tremila e cinquecento ma non un euro di meno. Affare fatto, qua la mano e mi raccomando, acqua in bocca, anche in confessionale, qua parlano anche i muri.
Che culo che abbiamo. Editoriale del Roma Cronache Lucane
Posted on 18. mag, 2017 by L.P. in Attualità, Regione Basilicata

Ma che provinciali che siamo. Pensate, non ci sta bene che Eni estragga, devasti e sversi petrolio nella terra dalla quale nascono i fagioli di Sarconi e chissà quante altre prelibatezze.
Non riuscire a convivere con una qualsivoglia forma di inquinamento mette in mostra la nostra visione gretta e affatto metropolitana, a differenza di quello che sarebbe avvenuto dalle parti, che so, di Roma o di Milano.
Ce lo ha ricordato il buon Gentiloni, ospite di Eni e di De Scalzi, persona affidabile per lo Stato italiano a dispetto delle pendenze giudiziarie dello stesso, prendendo le difese di Eni contro la Basilicata.
Non vorrei che noi lucani facessimo la fine della Tribù nigeriana degli Ogoni, devastata, negli anni scorsi dalle estrazioni, massacrata e solo alla fine, dopo decenni risarcita per l’intervento di un giudice statunitense.
Noi lucani, comunque, con quelle petulanti lamentele, raccontiamo balle, ma anche gli Ogoni raccontavano balle, quando protestavano per l’inquinamento che subiva la loro terra. Ebbero ragione, ma a estrazioni terminate. Sarà così anche da noi?
Sì, De Scalzi ci ha dato dei bugiardi. Quante balle anche noi andiamo raccontando, inquinamento, tumori, quanta esagerazione per due gocce di petrolio.
Ma il malanimo nei confronti di una popolazione che educatamente si ribella e chiede chiarezza è di vecchia data e caratterizza ogni relazione fra potere e popolazioni sfruttate da che mondo è mondo.
Renzi, poi, parlò, a sproposito, di quattro comitatini che certo non avrebbero fermato il progresso e la scienza verso un futuro roseo fatto di autonomia energetica.
A coalizzarsi, verbalmente e a botte di fiammate e/o elargizioni a tempo perso di greggio fuoriuscito, contro i poveri lucani, sono lo Stato, Eni e confindustrie varie, anche locali. Loro guardano avanti, non hanno il tempo per soffermarsi sul disagio di una vita al profumo di oro nero. Il disagio passa, prima o poi, con o senza vittime, il danaro invece rimane; chissà dove, ma rimane e ne genera dell’altro, improduttivamente, come con l’usura.
Intanto il buon De Scalzi rischia di andare a processo per corruzione internazionale, pensa te, roba di mazzette in Nigeria, dispensate a destra e a manca, pare; storie di normale corruzione. Quelle mazzette assenti in Basilicata. Ma il teorema sarebbe questo: un presunto corruttore e un politico, con un affare in mezzo, cosa fanno? Ovunque nel mondo, tipo in Nigeria si accordano, in Basilicata per fortuna no.
Che culo che abbiamo!
Ma De Scalzi, uomo per bene, uomo delle istituzioni, benefattore a tempo perso, illuminato manager, rappresenterà Eni anche in un giudizio civile di risarcimento sempre per danni causati in Nigeria nel 2010 a causa delle attività estrattive di petrolio. Qualche milioncino e una bonifica da effettuare su una vasta area, questa la richiesta. Chissà, forse anche i diretti interessati saranno stati dei bugiardi per anni, ma ora invece citano in giudizio, pare infatti che non abbiano accettato la mirabolante offerta risarcitoria e transattiva di Eni, ben ventiduemila euro, forse finanche in contanti, tiè.
Quindi, riassumendo, da un lato la Tribù dei lucani, i provincialotti e bugiardi, organizzati in comitatini, poveri disperati e dall’altro i costruttori di civiltà, Renzi, Gentiloni e De Scalzi, con le loro verità, le loro ombre, i loro processi e il loro indiscusso potere.
Come finirà la partita? Sembra scontato se la politica non fa il suo mestiere: parte della Lucania devastata, e nel 2040 circa un bel risarcimento perché alla fine, diamine, la giustizia trionfa sempre.
E tutti i lucani vissero, ma soprattutto morirono, infelici e scontenti.
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