Oggi io non sono nessuno, domani sono il presidente.
Posted on 29. apr, 2018 by L.P. in Argomenti

Pigiare sul link e ascoltare la canzone, indi chiedersi se i Giganti, all’epoca, non abbiano avuto una visione mistica preveggente.
Apprendista stregone
Posted on 29. apr, 2018 by L.P. in Argomenti

Istruzioni:
pigiare sul link e ascoltare la canzone che si intitola, appunto, l’apprendista stregone, di Branduardi.
Valutare se l’autore non si sia ispirato, prevedendo il futuro, al prode Di Maio, infine rispondere alla domanda posta dal refrain della canzone.
Le clausole generali e la storia di un disservizio
Posted on 02. apr, 2018 by L.P. in Diritto e giustizia

Il giudice italiano non è vincolato dal precedente giudiziario. Cionondimeno presta particolare ascolto a quello che dice di volta in volta la Cassazione, facendone tesoro nella maggior parte dei casi.
Il codice di procedura civile tende sempre più a rendere inalterabile la decisione del Tribunale, avendo reso l’appello e il ricorso per Cassazione veri e propri giudizi impossibili, costosi e penalizzanti per chi li intraprende.
L’invito, subliminale e neanche tanto, è quello di dare il meno fastidio possibile, quindi di fidarsi della decisione del giudice di primo grado in maniera da sfoltire il lavoro dei sommi magistrati delle magistrature superiori e anche del grado di appello.
Le decisioni di primo grado, poi, vengono affidate in maniera sempre più massiccia a giudici onorari, la cui selezione costituisce un manuale vero e proprio della svendita nel commercio. E mi spiego: con uguali costi, uguale sostanziale inefficienza, uguale supponente presunzione, lo Stato italiano offre lo stesso scadente servizio, spendendo quattro soldi. Non solo, ma scrollandosi di dosso ogni pretesa di offrire un prodotto di qualità, dal momento che per fare il giudice onorario non si pretende neanche un dignitoso voto di laurea, o una certificata esperienza professionale, o il superamento di un test di quinta elementare.
Poi c’è la Cassazione che riesce a decidere bianco o nero, giallo o verde, libera di mortificare la certezza del diritto e garantendo che uguali situazioni vengano decise una volta in un senso e una volta in un altro.
Beati gli anglosassoni che, pragmatici quanto basta, sono vincolati dal precedente giudiziario che garantisce uguale trattamento per ogni singolo cristiano. Noi italiani, invece, siamo soggetti anche ai cambiamenti di umore o di pensiero del singolo magistrato. Nei prossimi mesi, per esempio, sarò impegnato in una causa di due dipendenti di una amministrazione pubblica che si sono visti negare un risarcimento dopo che un loro collega, nella medesima situazione, se lo era visto riconoscere. Il magistrato era lo stesso ed ebbe modo di dire in una epocale decisione che era ben conscio di avere deciso la stessa questione in una certa maniera, pochi mesi primi, ma “melius re perpensa” aveva cambiato idea.
Quando si dice la giustizia.
“E’ tutta colpa delle clausole generali del diritto”! Tuonò uno che aveva tanta esperienza. Quelle norme, cioè, il cui contenuto è tanto vago quanto modellabile alla bisogna; il tutto affidato alla interpretazione del singolo giudice, che declinato all’italiana porta, poi, a quegli scempi come quello appena raccontato.
Considerazioni, quelle suesposte, che portano gli operatori del diritto, come gli avvocati o gli studiosi, ove ancora portatori di un pensiero, a ritenere che il sistema giustizia italiano è teoricamente evoluto, ma sostanzialmente corrotto. Ma, si badi bene, non corrotto nel senso propriamente italico del termine, cioè di scambio di beni per un risultato ingiusto, cosa che purtroppo viene pure registrata, ma corruzione nel senso di “andato a male”, marcito, depravato, informe, se non proprio putrido.
Ma del resto basta la considerazione che una causa debba durare obbligatoriamente almeno dieci anni, per esempio davanti al Tribunale di Potenza, perchè se una causa non ha compiuto almeno, appunto, i dieci anni, non può essere decisa, per poter definire la giustizia italiana un disservizio grave e pagato a caro prezzo, non solo per i contributi allo stato in termini di marche, di spese di registrazione e soldi, questi sempre meno, agli avvocati, ma soprattutto per la aleatorietà delle decisioni, per la mancanza della certezza del diritto e dei suoi tempi, per l’immancabile teatrino che ogni udienza costituisce, col balletto dei rinvii e tanto altro, rinvii, beninteso, che molto raramente sono il frutto delle richieste degli avvocati.
Probabilmente la mia visione della giustizia è condizionata dalla versione “lucana” della stessa, ma mi rifiuto di credere che la Basilicata, anche in questo caso, sia un’isola, stavolta infelice, continuando a essere convinto che se da qualche parte la giustizia davvero funziona, si tratta di eccezioni che confermano l’andazzo.
Lo Stato è responsabile di tutto questo, ma non paga mai, perché si è inventata una legge, ignobile, che rende ardua anche la tutela risarcitoria per la lunghezza dei processi.
Eppure la nostra Costituzione parla della solidarietà politica, economica e sociale, offendendo le intelligenze di chi è costretto ancora a studiarla, senza poter preferire un bel Tex o Diabolik o Topolino che, sia chiaro, sono molto più seri della carta costituzionale, icona della più squallida e incoerente italianità.
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