Guarente contro Tramutoli, scontro generazionale, non politico.
Posted on 29. mag, 2019 by L.P. in Argomenti

E se si trattasse, ormai, solo di uno scontro generazionale?
No, la politica c’entra poco, quel cincinin bastevole a confondere, a mischiare le carte. E a Potenza lo si è visto chiaramente.
Giovani contro banomi, al di là di ideali, destra, sinistra, fascismo e cippe varie.
Lo slogan sbrigativo che fa sintesi contro il pensiero che si dispiega armonioso ma lungo, talvolta contorto; il vocabolario ridotto ma comprensibile a tutti, contro la ricerca anche della parola a effetto. La vita secondo un’umanità che corre, senza sapere verso cosa e un‘altra che si attarda a chiedersi perchè. La soluzione facile contro l’ermeneutica delle cause.
In uno slogan, giovani contro banomi, o, se volete, Guarente contro Tramutoli.
Un occhio ingenuo potrebbe immaginare un ballottaggio fatto di matematica e politica: il pd e i 5 stelle non potranno che convergere su Tramutoli, che, quindi, vincerà. No, non è così semplice, perchè un trentenne, sebbene di sinistra, che ha votato Andretta, potrebbe sentirsi portato a votare il coetaneo, col quale ha più cose in comune, anziché il professore, col quale avrebbe poco da discutere o da condividere, diversi per abitudini, riti, letture e ambizioni.
Quel (falso) senso della vita da vivere che a trent’anni è diverso che a cinquanta, quella birra serale da bere alla bottiglia in piedi di notte davanti al bar è un rito nel quale Tramutoli c’entra poco. Poco importa se ci sono affinità politiche. Oggi non contano. Oppure è politica anche quella riscoperta vicinanza giovanile che ha recluso i cinquantenni a casa e riempito di ragazzi le città, dalle ventidue in poi. I primi davanti alla TV e gli altri a discutere, azzuffarsi, bere, ridere e piangere, ma fra di loro, senza che sia ammesso il vecchio e senza che un tanto sia discutibile.
No, non c’entra la politica, oppure la politica è anche questo, oppure ancora, solo questo.
I più votati sono i giovani, salvo poche eccezioni, o no?
Ecco, i giovani di oggi, nati nella precarietà alla quale i cinquantenni non si sono mai abituati, riconoscono solo i loro simili. I vecchi possono solo fare da contorno.
È un bene o un male? Non lo so, ma mai le diverse generazioni sono state così lontane o contrapposte come di questi tempi, anche se non lo danno a vedere. E, nonostante mille errori, scimmiottamenti e apparente trasparenza intellettuale, i giovani oggi hanno un sopravvento che in tanti stentano a riconoscere. Siano bravi o grulli, intelligenti o zoticoni, il mondo è loro e a noi, anziani e vecchi, o semplicemente banomi, non resta che guardare oppure correre il rischio di trovarci nel posto sbagliato all’ora sbagliata, per esempio, una notte, davanti un bar a bere e discutere di diabete sognando invece il letto.
Obbedienza alle leggi poca, agli uomini troppa.
Posted on 26. mag, 2019 by L.P. in Argomenti
L’Italia risulta non perfettamente intellegibile se non si usano i canoni di lettura necessari.
Per esempio, se, altrove, esiste il primato della legge, di modo che chi la viola è un delinquente e, di conseguenza, o viene fatto fuori o si leva di torno da solo attraverso il metodo delle dimissioni, da noi esiste il primato di chi comanda.
Potrebbe sintetizzarsi comodamente con lo spot “obbedienza alle leggi, poca, agli uomini, troppa”. Ne consegue che il potente di turno manipola concorsi, appalti, sistema i suoi fidi, elimina la concorrenza in ogni maniera, aiuta chi fa par della sua cordata e meraviglie del genere, il più delle volte violando la legge, mentre, d’altro canto la legge rimane una scure da abbattere innanzitutto con estrema calma, e in secondo luogo solo nei confronti di disgraziati o avversari.
Se volessimo arrenderci alle logiche nichiliste, e tutto sommato affascinanti, che ritengono come le norme non siano qualcosa di veramente serio, non potremmo comunque escludere che anche le norme, non scritte, che prevedono il primato del potente, abbiano una loro speciale bizzarria.
Una volta, però, chiarito che la legge in Italia ha un ruolo assolutamente secondario, confortato, nella sua subalternità, da una stravagante loro applicazione, affidata a una giustizia lenta, ondivaga e troppo umorale, talchè un inveterato corruttore per un tribunale diventa, non di rado, un uccellino per la Corte di Appello o per la Cassazione, dobbiamo chiederci quanto differenzi la democrazia dai regimi totalitari, soprattutto quando declinata senza il primato della legge.
Questo discorso, beninteso, non guarda ai principi così come declamati da libri e istituzioni, ma guarda al quotidiano che, almeno in Italia, conta gare di appalto e concorsi trasparenti come fossero gemme preziose e rarissime.
Imbarazzante, poi, anche il grido di guerra e di vittoria di chi esulta per il blocco del corso della prescrizione dopo il primo grado, soluzione che porta a usare il processo come castigo perenne in vita, quasi come l’inferno per l’aldilà. La prescrizione è una regola di salvaguardia contro l’inefficienza, i ritardi della giustizia e le influenze o maternità dei magistrati, che messi assieme e frullati per benino, rendono i processi pazienti torturatori dell’essere umano.
Mai peggior vendetta è stata inventata come quella di un processo lento e logorante.
Ma siamo in Italia, dove la giustizia è come la vendetta e cioè un piatto da servire freddo, con un sadismo d’eccellenza che con la civiltà giuridica ha rapporti come io con il presidente della repubblica del Laos, ammesso che in quel paese esista una repubblica, cosa che non so, senza neanche vergognarmene più di tanto, da ignorante spavaldo qual sono.
Ma, tornando al refrain di questa elucubrazione, per capire bene l’Italia bisogna usare le vere fonti della legge in uso che, come dicevo sono: il potere con annesse tutte le sue particolarità, tipo l’avidità e la protervia, il teniamo famiglia, come attenuante morale generica, e poi la legge, specie per chi non ha speciali santi nel paradiso terrestre che è la politica e i suoi addentellati. Solo chi applica esattamente le fonti secondo questa scala gerarchica può capire bene l’Italia, un paese sui generis che si divide fra chi comanda e chi gli si prostra davanti, tenendo conto che anche chi comanda serve uno che comanda di più, prostrandoglisi davanti e anche chi serve finisce per avere un sottoposto gerarchico cui mostrare il culo per una lustrata.
Il complesso di superiorità
Posted on 25. mag, 2019 by L.P. in Argomenti

Non so se è presunzione, la mia, supponenza, o complesso di superiorità.
Sono assalito, alla vigilia delle votazioni europee e comunali, dalla esatta sensazione di valere di più di quello che la politica mi offre di votare. Quindi un senso di impotenza mi pervade: la certezza di non poter votare i migliori, quelli nei confronti dei quali nutrire trasversalmente quell’ammirazione che si tributa alle eccellenze. Ovvio che non si tratta di una questione di età, anzi un giovane di qualità mi vedrebbe suo appassionato fan, siccome un cinquantenne o un ottuagenario autorevoli.
Va bene per i candidati consiglieri, un esercito invero sproporzionato, con loro si deve chiudere un occhio, avranno il tempo di formarsi e di dimostrare il loro valore o la loro inconsistenza politica, ma per le candidature apicali, quando un partito non opta per i migliori, non lavora nell’interesse pubblico, ma segue piccole strategie di bottega o di corrente, per ciò tali da squalificare loro stessi e la politica in genere.
E io ho questa sensazione viva, che, cioè, non si siano stati scelti i migliori, secondo quella logica che ha ridotto la politica a un gioco del monopoli reale, solo che le vie, le case e tutto il resto sono nostri, non di chi gioca.
L’autorevolezza, la genialità, la fantasia che sprigionano dai migliori sono visibili a occhio nudo, così come con uno sguardo ci si rende conto della miseria in generale dell’offerta politica.
Eppure siamo in mano a partiti che non sanno fare di più, dilaniati, tutti, dalla fame di potere di perfidi e mediocri individui capaci di affossare o nascondere quanto di buono ogni partito pure ha.
La situazione non migliora a livello nazionale, purtroppo, tanto che oggi, a un giorno dalle elezioni, non sappiamo quale programma europeo verrà portato avanti dalle forze politiche che si propongono.
Quindi potrei anche evitare di votare, ma alla fine lo farò, con la consapevolezza che qualunque voto darò si tratterà sempre di un suicidio.
Commenti recenti