Il fu Capodanno, dal Quotidiano del Sud
Posted on 31. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Dicono che altrove, lontano da qui, esistono negozi dove ti fanno le patatine fritte che puoi condire con salse al pomodoro. Da noi no, ma del resto non rinuncerei mai al mio sfilatino con la mortadella di 200 lire acquistato nella salumeria di fine via Pretoria. Sta nevicando e il rumore cadenzato delle pale dei volontari che puliscono la strada risuona per tutto il centro. Sono belle le feste di Natale, ma quest’anno ci saranno pure i cantanti in piazza. Per una volta hanno vietato il parcheggio per far posto al palco. Ci saranno tutte le star del momento. Le mie ginocchia sono rosse dal freddo e i calzettoni ormai zuppi, come le scarpe, ma non mi importa, sono eccitato e non bado al gelo.
Nei bar, pieni di gente, una coltre di fumo rende difficile anche la vista, ma c’è allegria e tutti sono in via Pretoria. Si cammina a stento, ma io mi infilo fra la gente e corro veloce.
Voglio vedere se riesco a vedere da vicino i cantanti prima che si esibiscano.
Dicono ci sia anche Orietta Berti. Lei piace alla mamma, ma non verrà in piazza, deve preparare il cenone per tutti.
Anche Aldo e Vittorio, i giornalai del centro, sono ancora aperti stasera. Ci sarà pure la televisione. A Potenza dicono non fosse mai venuta, neanche quando, qualche anno fa il Potenza sfiorò la serie A.
Che bello.
Ecco, ne ho visto uno, Riccardo Fogli, è il cantante dei Pooh, il complesso pop del momento; ho anche i suoi dischi. Sono orgoglioso di essere un potentino, oggi. La manifestazione televisiva dell’anno andrà in diretta su tutti i televisori, ancora in bianco e nero, purtroppo, perchè la televisione a colori è ancora in via di sperimentazione, uffa. Anche se mi dicono che altrove, lontano di qui, esistano delle televisioni grandi grandi, sottili sottili, a colori, che sembrano un cinema. Ma qui ancora non ci sono. Ma ci sono i cantanti. Evviva.
Beh, ora basta, vi lascio, corro sotto il palco con il mio pane e mortadella. A domani e ….. buon anno a tutti.
Cercasi pensiero politico, dal Quotidiano del Sud
Posted on 30. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Il crollo delle ideologie ha decretato la scomparsa del pensiero politico. Questo, fino alla caduta del muro di Berlino, non era concepibile senza una filosofia di fondo, che diventava ideologia nel tentativo di trasformarsi in azione politica.
La stretta dipendenza del pensiero politico da una ideologia e quindi da una filosofia pretendeva politici preparati, fedeli all’idea, per forza di cose pregni di contenuti.
Col crollo delle ideologie si è avuta una sorta di secolarizzazione della politica, depauperata dei fini massimi cui un’ideologia costringe a tendere, e svuotata di qualsiasi forma di cultura.
Di conseguenza il politico ha perso cultura, appunto, spessore, coerenza e visione utopica.
Al politico non viene richiesta qualità ma, esclusivamente, subalternità al capo. Questo sceglie i candidati secondo criteri che evitano intelligenze vive e autonome per eliminare il rischio di concorrenza.
Il risultato finale è una generale incapacità di pensiero politico.
La fine del socialismo, insomma, non ha sancito la fine solo dell’utopia marxista, ma anche quella delle ideologie che si nutrivano dell’anti-comunismo. Come se in un cervello venissero azzerate di colpo le facoltà critiche, deduttive e progettuali, lasciando operare solo quelle attività scaturenti dalle esigenze primarie. Un regredire a uno stato politico semi-animalesco senza neanche le capacità preconizzatrici proprie degli esseri non umani.
Uno stato che, però, forse, rimane coerente con quella generalizzata tensione verso il profitto, unico miraggio che racconta di una felicità materiale novella e indiscussa divinità, salvo generare solo povertà e pochissime ma inaudite ricchezze.
In mano a nuovi legislatori che non hanno prospettiva, principi e stelle polari, che si alternano per imporre quelle regole occasionali che soddisfano sempre e soltanto interessi particolari, privati della visione di un tutto da anteporre ai singoli o alla contingenza di turno, corriamo il rischio di veder riscritta anche la nostra costituzione, la nostra grande norma, da mani e cervelli inadatti, non all’altezza, in una parola miseri, con tutte le conseguenze che un tanto può produrre.
Sarà per questo che passano i governi, cambiando protagonisti, a Roma come in Basilicata, senza che cambi il sistema, il modus operandi, senza che cambino o si intravedano fini da raggiungere nell’ambito di un progetto globale.
Per questo non stupiamoci se le ultime cose da finanziare siano la scuola, l’Università e la ricerca: tali politici non le riterranno mai priorità, piuttosto un ingombro fastidioso, rimanendo, la loro funzione, esclusivo appannaggio dell’improvvisazione.
Ah!, a proposito, Ancelotti lontano da Napoli ne ha vinte due su due. Forse non era lui il male.
-fiuuuu, credevo avessi perso l’amore per amenità e cose così.
-Figurati. Era solo per dire.
-Meno male.
Conte e lo “sparatrappo”, dal Quotidiano del Sud
Posted on 29. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Fioramonti si è dimesso. Perché, dice, non aveva soldi per riformare la scuola, l’università e la ricerca.
Strano non lo avesse immaginato prima che, in Italia, soldi per la scuola non ce ne sono.
Pensava, forse, che la sua autorevole presenza avrebbe indotto il governo a cedere qualche spicciolo levandolo a banche e roba del genere.
Illuso.
O ci sarà dell’altro?
Vallo a capire. C’è chi dice che non ha restituito parte dell’indennità al partito, pardon, al Movimento, sebbene suoni strano assai che lo abbiano fatto ministro nonostante non fosse in regola coi pagamenti. Ma lasciare una poltrona di ministro per questo piccolo debito, francamente mi sembra strambo. Come volgare mi sembra chiedergli indietro i soldi solo ora che non è più ministro.
Certo è che si è dimesso e non è roba da poco di questi tempi.
Certo è che la scuola già fa schifo, come dicono le statistiche e come è facilmente intuibile ictu oculi, e senza soldi rischia di farne ancora di più.
Certo è che il Movimento 5 Stelle fa acqua da tutte le parti. Certo è, infine, che la ragion di stato prevarrà.
Di Fioramonti fra qualche giorno non si ricorderà nessuno, neanche del suo eroico gesto. E nessuno ricorderà che, per la scuola e la ricerca, cioè per il nostro futuro, in Italia non si investe.
Da noi si spende per il passato, per tappare i buchi, per le emergenze, per i guai combinati da qualcuno, mai per il futuro.
Uno Stato “sparatrappo”, si potrebbe volgarmente dire; uno Stato che ha abdicato alla sua unica vera funzione, quella della programmazione del futuro.
Ma Fioramonti, sbattendo la porta, ci ha tenuto a dire che questo governo è buono e che farà cose buone. Sorbole, da non credere. Cioè lui arriva a dimettersi perché il suo governo non ha fatto cosa buona riservandogli tre miliardi, ma riesce a fare l’illusionista, spendendo parole buone per chi lui ha appena scaricato.
Roba da matti, non fossimo in Italia.
Ma Fioramonti verrà degnamente sostituito, già scalpitano in molti. Chi assicura che lui la scuola la riforma a costo zero; chi giura che la scuola sta bene così com’è; chi spergiura che la ricerca non è mai stata così in crescita come ora. Insomma fanno a gara a ribaltare le verità di Fioramonti, reo di aver sostenuto che senza soldi non si cantano messe.
Che, poi, sarebbe interessante sapere come li avrebbe spesi i tre miliardi richiesti. Ma questo non è dato sapere. Lui si è offeso e basta.
Alla fine forse gli servivano per schiodare i crocifissi dalle pareti scolastiche per sostituirli con qualcosa di nobilmente laico. Ma no si scherza.
In Italia a chiunque si dimetta andrebbe garantita una standing ovation e basta, altro che “tornaci i soldi” o sciocchezze del genere.
Va bene, ce ne faremo una ragione. Fioramonti se ne va con il 2019, ma altri eroi calpesteranno il palcoscenico della politica. Altri, più tenaci, che non schioderà nessuno, perché sono i pilastri della nostra rabberciata repubblica.
Si fa per dire, sia chiaro.
Erba di casa mia, dal Quotidiano del Sud
Posted on 28. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

La Cassazione ha deciso. Tutti in piedi. Coltivare erba a casa propria, per uso personale, non è reato.
Restiamo in attesa di sapere se, ora, si possa invitare un amico a cena e offrirgli uno spinello in uno all’amaro.
Perchè ora è questo il dilemma.
Comunque basterà calcolare il numero delle piantine in ragione del fabbisogno. Se tutto il nucleo familiare, diciamo padre, madre e figlio maggiorenne, ne fanno uso, basterà moltiplicare il numero delle piantine sufficiente per una persona per tre? Sarà possibile farsi una scorta per le occasioni? Si potrà eccedere nell’uso come col vino alla domenica o si supererà la soglia fatidica? Ma, soprattutto e infine, sarà punita l’ospitalità o sarà necessario agire con un inusuale egoismo e ognuno si coltiva le sue due piantine, magari portandosele dietro quando va a cena da amici?
Tranquilli, la Cassazione prima o poi ce lo dirà. Nel frattempo qualche disgraziato finirà in carcere e qualche fortunato la farà franca, secondo la migliore tradizione italiana.
La difficoltà, ora, è capire il discrimine fra reato e comportamento lecito. Cioè, dov’è il disvalore sociale da punire? Il consumo? Pare di no. La produzione? Neppure. Il commercio? Fuochino. Il gesto generoso e ospitale? Fuochino. Insomma se io posso fumare spinelli perchè non posso offrirne uno a un amico che, se ne disponesse, se lo fumerebbe?
Mi immagino una grande famiglia allargata, tipo nonni, figli, nipoti e qualche zio, bene, possono produrne in proporzione?
Un’ ipocrisia di fondo fa da contorno alla giustizia all’italiana, ma, ormai, senza non possiamo farne.
Quindi, per riportare la legalità (?) sul tema sarebbe auspicabile che ognuno si coltivasse le sue due piantine. Fare un regalo di una piantina come fosse un’orchidea o un bonsai? Giammai! O forse sì. Insomma aspettiamo la Cassazione.
Il legislatore, nel frattempo, opina, elucubra, sostiene, si oppone, propone, manifesta, rinfaccia, discute, dibatte, approfondisce, appunta, addirittura riflette, mentre il potere giudiziario affronta il mare magnum del niente o poco, con inusuale e chirurgica interpretazione.
Premetto che non fumo erba, premetto che sono favorevole al suo libero commercio, quindi mi trovo in una posizione terza dalla quale godere della vista di una umanità da secoli in conflitto sul tema.
Immagino, peraltro, che politici, medici, dottori, sapienti, avvocati, psichiatri, magistrati, artisti, lavoratori, infermieri, sacerdoti, uomini generosi, laboriosi e caritatevoli, oppure cattivi, violenti e avari ne facciano uso. Ma di nascosto, come i ragazzi che fumano di nascosto dai genitori.
Quindi si torna all’ipocrisia di Stato.
Senza dire che, probabilmente, in questa Italia, metà tasse e metà faichevuoicheiochiudounocchio, di un pò d’erba ce ne potrebbe essere bisogno, tipo quando devi ascoltare “fin che la barca va” al gelo in piazza aspettando di festeggiare il capodanno.
Ma tant’è.
Noi si rimane in attesa del prossimo colpo di scena dal Palazzaccio e nel frattempo si comincia la coltivazione.
A proposito, dove si comprano le piantine di erba? Ce le avrà il mio fioraio di fiducia? Corro a chiederglielo.
Gesù nel tempio, versione aggiornata, dal Quotidiano del Sud
Posted on 23. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

La malavita organizzata abita ormai abitualmente nelle istituzioni. Non sapremo mai quanto fitta sia la rete mafiosa in politica, ma che il fenomeno sia rimarchevole, importante e lacerante, è un fatto pacificamente ammesso e vissuto anche con una raffinata nonchalance dalla moltitudine degli italiani. Non arrivo a pensare che il fenomeno sia accettato, ma sicuramente viene tollerato come una cosa inevitabile.
Inutile dire che parliamo del paese cattolico per eccellenza, quello che ospita il Vaticano, il cui popolo va a messa la domenica, si confessa e si comunica, il che è quanto dire.
Ma rimanendo alla religione e alla sua fonte primaria e cioè il Vangelo, mi piace ricordare il passo più anarchico, fra i tanti, e cioè quello che racconta di un Gesù infuriato che entra nel tempio e rovescia i tavoli dei cambiavalute, fa saltare in aria le sedie e caccia i mercanti, rinfacciando a tutti di aver trasformato la sua casa in una spelonca di ladri. Che soddisfazione! Gesù che si ribella al potere costituito, alla finanza dell’epoca, al sistema economico, dando a tutti del ladro e scacciandoli dal tempio, immagino a sonore pedate nel sedere. Un pò come se oggi un novello Gesù, alias un figlio di un povero artigiano, di un falegname vittima delle tasse, della grande produzione e della crisi economica, per esempio, entrasse in parlamento e ristabilisse giustizia. Un’apoteosi, altro che sardine. Altro che “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”. Il riscatto di un popolo di vittime, dell’incompetenza e del ladrocinio.
Certo, sia chiaro, non tutti sono dei ladri in parlamento, anzi ci sarà pure qualche galantuomo, ma se è vero che nel parlamento tutto si fa tranne che preservare la democrazia dalle infiltrazioni malavitose, beh!, o qualcosa non funziona o non gliene frega niente o sono totalmente inetti, e, fra tutte le soluzioni, non c’è n’è una buona, insomma.
Ma memori del gesto di Gesù, noi italiani, cattolici professanti, tutti potenziali santi, potremmo effettivamente invadere il parlamento, i comuni e le regioni e scacciare l’intera classe politica che, se non collusa con la malavita, sicuramente è del tutto incapace, di risolvere i problemi, di tutelare la democrazia, di infondere speranza, di dare il buon esempio, riuscendo nella non facile impresa di allontanare tutti dalla cosa più bella che ci sia: la politica.
E ora, dopo aver scritto qualcosa probabilmente di autenticamente e realmente ribelle (altro che sardine) nella certezza che, come all’epoca di Gesù, la maggioranza della gente penserà che è da matti ritenere, ovvero pensare che sia folle contestarlo, che il tempio della democrazia sia diventato o stia diventando una spelonca di ladri, o, al meglio, una tana di incapaci privilegiati, non mi rimane che sperare di non finire crocifisso o bandito dalla società, oppure soltanto guardato con sussieguoso disprezzo.
Amen.
L’abbattimento del nemico politico per via giudiziaria, dal Quotidiano del Sud
Posted on 22. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Senza ombra di dubbio alcuno, a sinistra hanno armi politiche da conflitto atomico.
La sinistra è da sempre impegnata, anche con profitto, infatti, all’abbattimento dell’avversario per via giudiziaria; è una sua prerogativa.
Salvini sta all’opposizione, ma il governo, cosciente della propria fragilità, fa i compiti anche per domani provando a levarsi di torno chi, sondaggi alla mano, ha quasi il doppio dei voti.
Stavolta il fronte è quello dello sbarco dei migranti, il secondo, quello della Gregoretti, beninteso, perché per il primo i 5 Stelle fecero fronte comune, dando atto che le decisioni erano state prese d’intesa. Ma per la Gregoretti, no, eh eh! Fece tutto da solo il ministro cattivo. Loro, i 5 Stelle, non ne sapevano niente, perché, sia chiaro, loro al governo ci stanno così, quasi per caso e quello che accade quotidianamente, sebbene abbia una valenza mediatica immediata ed eclatante, non è detto che lo sappiano; men che meno che li riguardi, visto che, se non fossero stati d’accordo col ministro, avrebbero potuto/dovuto manifestarlo ufficialmente.
Ma tant’è, ora che governano coi nemici di prima è cambiata l’ottica, il punto di osservazione, l’interesse particolare: se a scottare è la sola posizione di Salvini, e chissenefrega, anzi, dall‘ntesta, così ce lo togliamo di torno.
Il voto, però, sull’autorizzazione a procedere è ancora dubbio. Infatti se PD e 5Stelle, ovvero le iene di oggi, bramano di cibarsi del cadavere politico di Salvini, tanto potrebbe non essere di interesse per i renziani, anch’essi sotto scacco giudiziario.
E quindi la politica e i processi continueranno, imperterriti, a sconvolgere le decisioni degli italiani, secondo un copione ormai noto.
Nessuno, invece, guarda al vero problema italiano che è quello della delinquenza organizzata quale infiltrata principale della politica, in maniera perfettamente trasversale. Qui la giustizia deve davvero intervenire per fare quello che i partiti non sono in grado di fare; o meglio che evitano di fare fino a quando si può.
Fanno sorridere, infatti, quei partiti, oggi tocca a Fratelli d’Italia, domani toccherà a qualcun altro, che, di fronte alle notizie giudiziarie, scaricano i loro colonnelli cacciandoli dal partito.
Ad accettarli senza una primaria verifica della trasparenza richiesta e necessaria, sono bravi tutti, basta che abbiano consenso elettorale, salvo, poi, cadere dalle nuvole, senza essersi interrogati sulla natura di quel gran consenso. Nati ieri, eterni ingenui, i leader dei partiti italiani credono sempre in Babbo Natale. Eppure si dichiarano anche e contemporaneamente garantisti, il che dovrebbe indurli ad aspettare la sentenza, come spesso alcuni partiti fanno ricorrendo al brodino dell’autosospensione. Ma se lo cacci subito, garantista non sei, se credi nelle indagini, strano non te ne sia accorto prima, insomma difficile da bersela tutta in un solo sorso sta robaccia.
Ma oggi come oggi è più grave non aver consentito uno sbarco di migranti irregolari, che portare la malavita organizzata nella politica. Quindi a morte Salvini per via della Gregoretti, salvando tutto il resto del governo che ora ha amici diversi e potenti, e viva quei segretari che credono nella Befana e negli investigatori, sempre da garantisti, beninteso.
Sbaglierò, ma non se ne salva uno, di politico, giuro.
Fantapolitica, dal Quotidiano del Sud
Posted on 20. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Fantapolitica
Data la conclamata inconsistenza dei ministri e vice ministri dei 5 Stelle, viene da pensare che siano scelti ad arte così miseri. L’esempio lo offre Bonafede, capace di manifestare urbi et orbi la sua ignoranza in diritto e scherzarci pure sopra. Viene da pensare che, appunto, l’inconsistenza-incompetenza sia un pre-requisito per fare carriera nei 5 Stelle.
Queste scelte, quindi, se sono studiate, devono essere strategiche e, per essere tali, devono provenire da chi ha intelligenza viva e obiettivi ben determinati.
Del resto chi sceglierebbe una comparsa per un ruolo da protagonista se non per poterlo manovrare a proprio piacimento?
Fantapolitica, sì, senza dubbio.
E che si tratti di una fine strategia lo comprova il fatto che i 5 Stelle stanno comunque leninisticamente occupando i posti di potere che contano. Pare, infatti, per esempio, che i 5 Stelle abbiano in mano nientepopodimenoche l’Inps, che, peraltro,viene in questi giorni rivoltato come un calzino, con la dirigenza che viene totalmente stravolta.
Fantapolitica, ci mancherebbe.
Ma, conquistato il potere, i 5 Stelle stanno perdendo di credibilità nell’elettorato e il consenso cala.
Ed ecco che nascono le sardine, un improbabile movimento di persone che stanno bene, non hanno problemi, che contestano l’opposizione -pensa che trovata- carichi di slogan e vuoti di contenuti.
Nate dal nulla hanno riempito le piazze senza avere nulla da proporre se non la guerra alla destra.
Verrebbe da pensare che la stessa mente che partorì i 5 Stelle si sia inventate le sardine per recuperare quello che stanno perdendo i grillini.
Fantapolitica, niente altro che fantapolitica.
Le sardine, poi, sono i soli a manifestare a favore dell’Europa, cosa peraltro inutile, visto che in Europa ci stiamo.
Quindi gli strateghi hanno un bel piede nel governo e nella macchina che conta e si stanno coprendo le spalle lanciando le sardine, che, evidentemente, saranno dei fantocci da gestire come i ministri 5 Stelle.
Fantapolitica, mannaggione, che fantasia.
E se non è fantapolitica e, quindi, le scelte dei ministri e i loro vice, risultassero mirate, consapevoli e frutto di un ragionamento, beh!, allora permettetemi di dire che, forse, alla fine, è meglio la fantapolitica. Almeno saremmo vittime di menti sopraffine e non di ministri per caso.
Una coppola ti cambia la vita, dal Quotidiano del Sud
Posted on 16. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

L’Italia non offre stimoli positivi, tutt’altro.
Ispira, invece, schemi e strategie basateesclusivamente su una furbizia egoistica, per la verità tutta italiana, ma della quale dovremmo cominciare a vergognarci.
L’esempio massimo è dato dalla politica.
A prescindere dai ministri che non hanno neanche compiuto un corso di studi completo, ce ne sono di altri che, pur se laureati e impegnati nella materia di propria competenza, dimostrano, per la verità anche con una certa dose di sfacciata impudenza, una ignoranza per alcuni versi mortificante.
Quindi il saggio potrebbe pensare che sia più utile portare una borsa e fare la trafila partitica con abnegazione e assoluta dedizione, in attesa di poter poggiare il sedere su una poltrona importante, che ripiegarsi a studiare, impegnarsi per migliorarsi, provare ad eccellere.
Questa classe politica, poi, potendo mettere le mani in pasta, promuove i propri fidi portandoli a scalare le vette dell’alta amministrazione, intessendo una rete di ignoranze fedeli, dai posti di primario negli ospedali ai titolari di cattedre negli atenei e via discorrendo.
La scuola, che ha cessato la sua funzione da parecchio tempo, continua a forgiare i giovani per le migliori interpretazioni nella vita della più satanica versione della furbizia. L’università, che deve fare i conti con le sue scarse finanze, infine, regala esami e competenze su carta, pareggiando i valori fra chi è bravo e chi è bravo a far altro.
Gli stimoli, pertanto, sono dei peggiori e con questi presupposti diventa difficile immaginare una ripresa, una riforma, un comportamento decente.
Il popolo dei furbi avanza, conquista territori prima negati loro con decisione, finendo per dare spettacolo, come quello del ministro Bonafede da Bruno Vespa, un siparietto che neanche il miglio Totò o il miglior Sordi avrebbero potuto inscenare per fare satira sull’italiano medio.
Il modello sociale, però, è accettato da tutti e chi non ci sta vive male o va via. Si è fatto a gara a immiserire parole e concetti come meritocrazia, eccellenza, merito, valore, finendo per attribuirli a chiunque venisse proposto a una massima carica. La coppola che migliora.
Certo, una coppola ti cambia la vita, ma non pensiate che sia facile arrivarci. Questi sono, nel loro genere, geniali; la loro furbizia, o anche intelligenza, sono talmente deformate e perverse, che non sono facilmente scimmiottabili. Hanno, poi, una conformazione tutta speciale: culi con ventose per non lasciare mai la poltrona, bocche fameliche per arraffare ogni ben di dio, stomaci di ferro per digerire di tutto, coscienze impermeabili, orgoglio e dignità in tracce, perché l’obiettivo giustifica i mezzi.
Il rischio è che comincino pure ad accoppiarsi tra di loro, ponendo le basi per una nuova razza di invincibili, quelli che domineranno il mondo di domani.
-Ma che dici, è già da tanto che dominano il mondo.
-Pardon, mi ero perso dietro le parole crociate.
Un’Assemblea Costituente, dal Quotidiano del Sud
Posted on 15. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

La nostra Costituzione, obiettivamente, è vecchia. Non solo, ma, come dice Odifreddi, è stata scritta da costituenti tutti ormai passati a miglior vita. Sarebbe necessaria una revisione, se non proprio una nuova versione, che tenga conto delle esigenze di oggi, dei valori insopprimibili più attuali, dei poteri nuovi, come quello della finanza, delle grandi ingiustizie, della rappresentanza, dell’esperienza europea e dei limiti di autonomia che l’ Europa, appunto, prevede, insomma una Costituzione scritta da viventi, visto che è per i viventi.
Inutile, però, dire che, come nel secondo dopo guerra, dovrebbe essere istituita una Assemblea Costituente, cioè un’assemblea composta da persone eminenti, di gran cultura giuridica, di grande spessore che non abbiamo nulla a che vedere con il governo. E questo per il semplice motivo che un governo avrebbe la tentazione di farsi una costituzione a proprio uso e consumo, cosa ancora non ammissibile in un paese democratico che affida a poteri diversi le varie funzioni statali.
E anche per il non trascurabile motivo che si correrebbe il rischio di vedere qualche articolo proveniente da una testa come quella del ministro Bonafede che ancora non ha capito bene cosa sia il dolo e cosa la colpa, figuriamoci quindi se si dovesse parlare di principi costituzionali, o di un Renzi, che, in materia, ha già dato.
La Costituzione, ma anche le sue revisioni parziali, sono una cosa seria e non può essere affidata al Parlamento la loro redazione, perchè, semplicemente, indegno di questo compito.
Ve la immaginate la rissa, gli improperi e le oscenità che il nostro Parlamento potrebbe partorire?
Sì, penso che lo immaginate alla grande.
Ciònondimeno la storia recente ci racconta che proprio i governi, per ben due volte, hanno provato a riscriverne qualche pezzo, talvolta riuscendoci e tal’altra incontrando bocciature, sonore, da quel popolo che proprio non ha inteso buttar giù un boccone così purulento.
Ma temo che i nostri governi, di qualsiasi colore essi siano, non abbiano questa raffinatezza democratica e se si decidesse di rivisitare la Costituzione, vorranno metterci le mani loro.
In fondo anche la legge elettorale non dovrebbero scriverla quelli che poi dovranno usufruirne. Come per la Costituzione la legge elettorale andrebbe affidata a personaggi al di sopra di ogni sospetto di interesse personale o partitico, per poi chiedere al popolo sovrano, chè tale rimane, nonostante tutto e fintantochè non se ne inventeranno un’altra, una ratifica referendaria.
Ma la sciatteria democratica impera e quindi saranno sempre e solo loro, i governanti del momento, a scriversi le regole del gioco che dovranno giocare, secondo un principio, non scritto, che con la democrazia, la logica e la trasparenza ha lo stesso rapporto che io ho con lo studio del sanscrito, per quanto mi piacerebbe assai studiarlo. Per dire, of course.
Non sapere di non sapere, dal Quotidiano del Sud
Posted on 14. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Di recente, il ministro Bonafede, con una ingenuità fanciullesca, si è avventurato in TV in una disquisizione di diritto penale sull’elemento psicologico del reato. E’ arrivato a sostenere che quando non si riesce a provare il dolo, cioe’ l’intenzione specifica di commettere un reato, la fattispecie degrada in reato colposo, cioe’quello che si commette per imperizia o negligenza, ma senza specificamente volerlo commettere.
Una affermazione del genere, all’esame di diritto penale, avrebbe comportato una bocciatura con pedata accademica di accompagnamento fuori dell’aula. Nel corso di una difesa avrebbe comportato risolini, sdegno e commiserazione generale, oltre a un danno per l’assistito.
Ma, e qui sta il miracolo italiano, la stessa affermazione detta da un ministro della giustizia diventa verbo. Infatti l’impavido Bruno Vespa, a fronte della spigliata oratoria del ministro, ha annuito, come a dire, si’ ho capito, perfetto.
La vicenda non merita particolari commenti, se non quello, trito, che se la scuola non forma più, figuriamoci l’università.
Fatto sta che Bonafede, l’avv. Bonafede, ha sdoganato definitivamente i ministri solo diplomati, ha palesato la poca valenza dei titoli universitari e riportato tutti coi piedi per terra: insomma, dicevano una volta le nonne “non perdere tempo dietro i libri, impara un mestiere”. E Bonafede l’ha fatto, scegliendo quello del guitto. Pardon, del guitto ministro, e scusate se poco.
Considerazioni finali: per fare il ministro della giustizia non occorre essere avvocati o giudici o professori di diritto, la storia della Repubblica ce lo ha insegnato. Non occorre neanche avere competenze specifiche. Ma se un medico dovesse affermare che il cuore sta dietro la fronte saremmo al ridicolo. Ecco Bonafede ha portato il governo al ridicolo. Soddisfatti, giammai rimborsati.
Jet lag lucano, dal Quotidiano del Sud
Posted on 11. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Avete presente il jet lag? Sì? Ecco, moltiplicatelo per dieci, no, per venti, ma sì, facciamo per trenta e siete pronti per un viaggio a Potenza e provincia.
La distanza, infatti, che divide Potenza dal resto del mondo è superiore a quella che divide Roma da Melbourne. Giuro! E ve ne darò le prove.
Albero di Natale, luminarie e presepe si mettono su l’8 dicembre, quindi per vederle a Potenza ci devi aggiungere qualche giorno, perchè l’8 dicembre, da queste parti, arriva un pò dopo, giusto un pò.
La ristorazione internazionale? Tipo Sushi, kebab e cheese-cake? Sono arrivati qualche anno dopo che nel resto d’Italia, sempre a causa di quel jet lag dovuto alla particolare situazione geografica.
Ma l’apoteosi del differimento del tempo, mantenendo la stessa data e lo stesso orario l’abbiamo toccata in politica, perchè da noi un candidato di Forza Italia è arrivato a governare 25 anni dopo l’esordio in politica di Berlusconi, e proprio quando la sua stella sta tramontando mestamente.
Talchè a Potenza corre più o meno il 1994, oggi è più o meno il 6 del mese di dicembre e l’inverno, quello freddo freddo, è alle porte.
I grillini governeranno fra dieci anni o forse più, quando altrove non ne avranno più neanche il ricordo e le sardine le vedremo solo in tv nella serie di cartoni animati dei “Pronipoti” di Hanna & Barbera, quale futuro remoto da sognare e di là da vivere.
Insomma con calma e per piacere. Ah, dimenticavo, per il Natale in piazza avremo nientepopodimenoche Bobby Solo, Mario Tessuto e Peppino Gagliardi. Vuoi mettere?
E’ il prezzo che si paga a essere lontani, inaccessibili, inarrivabili. C’è chi può e chi no. Noi possiamo.
Ma nessun problema, basta munirsi di scorte di melatonina e il più è fatto.
Piuttosto pensate a quanti viaggi nel futuro abbiamo la possibilità di fare. A Matera e Salerno per le luminarie, a Roma per vedere un’autostrada, un Freccia Rossa e i 5 Stelle e a Bologna per vedere le sardine.
E niente, è tutto un fatto di rotazione dei pianeti, altro che disfunzioni.
In nome del popolo italiano
Posted on 08. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Rimanendo in tema di giustizia, oltre alla eccessiva, spropositata, incivile durata dei processi, si registra, anche, il suo costo, aumentato in maniera proporzionale solo alla sua inefficienza.
Il dato è chiaro, il messaggio netto: meglio che non fate causa!
Di conseguenza, secondo una logica bieca e ingiusta, ogni revisione dell’impianto serve all’ufficiale scopo di fare sempre di meno giustizia.
Le esigenze da soddisfare, cioè, non sono quelle di un popolo che, tartassato da burocrazia e corruzione, chiede al giudice un minimo di soddisfazione, un minimo di ristoro e certezza giuridica, no, le esigenze sono quelle dello stato che, constatato che giustizia giusta non ne sa fare, crede di risolvere ogni problema punendo chi la chiede.
Di qui il campo giudiziario minato di decadenze, inammissibilità e sanzioni per chi perde una causa, a favore di quello stato che, una causa, te la fa durare tanto.
Lo spartito lo scrivono i magistrati, concependo riforme che tutto sono meno che regole che facciano bene ai destinatari della giustizia, e cioè i cittadini.
Mettici pure che il lavoro, al 60%, lo fanno fare agli schiavi -leggasi giudici onorari pagati come un raccoglitore di pomodori e con le stesse prospettive- e il quadro è perfetto, ed è quello di uno stato che ha deciso di usare la giustizia come un Autovelox, cioè per fare cassa.
Si è perso il senso del processo: da sistema per dirimere liti, quindi per ristabilire equilibrio nella vita dei consociati, a gioco costosissimo di società, un enorme Muppet Show, con pochi protagonisti, i giudici, e molte comparse, avvocati e cittadini.
Varrà la pena, una volta tanto, per esempio, chiedersi a cosa serva la Cassazione se una vicenda è vecchia di dieci e passa anni, se non a garantire ai magistrati di portare a casa lauti stipendi. All’economia, infatti, non serve, anzi fa male, al cittadino che si era illuso di risolvere un problema, neppure; quindi?
Un castello enorme nel quale si muovono come automi, e sempre secondo schemi che fuori del castello farebbero inorridire, migliaia di persone che sanno di non essere di utilità per nessuno.
Penso a quelle migliaia di cause che si tengono in ogni parte d’Italia di fatto solo per un loro smistamento, per esempio. Una penosa scenografia approntata per trasferire un fascicolo da un giorno a un altro, secondo un copione che vede la parte vittima sacrificale, l’avvocato comparsa e il giudice re della scena, anche se deve dire che la causa non verrà decisa perchè il ruolo è ingolfato. In quanti si saranno mossi, inutilmente, senza nulla produrre, anzi tanto consumando solo per la celebrazione di un insulso rito?
La giustizia, al 50%, è questo.
Poi, quando avrai dimenticato la vicenda, arriverà una sentenza, per la quale dovrai sborsare altri soldi, oltre quelli già versati. Perchè le sentenze si registrano, perbacco, cioè bisogna pagare il pizzo allo Stato, in proporzione al loro valore, dopo aver già pagato un buono contributo, spese di notifica, marche per copie, inchiostro, posta e gli auguri di Natale all’avvocato e le medicine per il nervoso o le pillole per dormire.
E, si badi bene, dopo tutto questo, e cioè anni, spese infinite, incertezza, ansia, paura e speranza, non avrai giustizia divina, ma umana, cioè fallibile, imperfetta, resa anche da chi, per due soldi al mercato mio padre comprò, e cioè un giudice onorario, uno che un concorso non l’ha fatto e che per quella sentenza prenderà una mancia.
Sembra davvero una cosa poco seria e lo è, perbacco, fino a quando lo scopo sarà smaltire l’arretrato e limitare le sopravvenienze e non rendere un servizio indispensabile.
Una generale presa di coscienza dello stato dell’arte forse sarebbe auspicabile, a meno che non ci sia di meglio da fare, tipo eseguire i cinque riti tibetani per 21 ripetizioni ognuno e per due volte al dì.
Slow stile, dal Quotidiano del Sud
Posted on 08. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Dicono che i processi civili, in Italia, durino mediamente 3 o 4 anni. Nella Repubblica autonoma di Basilicata, no. O almeno a Potenza no. Noi, evidentemente serviamo per alzare significativamente la media o siamo esclusi dalle statistiche.
Un paio di settimane orsono, infatti, nell’ambito della mia infausta attività professionale, mi è stata notificata un’ordinanza che rinviava una causa, già vecchia di nove anni, perchè troppo giovane, o non abbastanza vecchia, oppure, dai, perchè ce me erano di più vecchie, di un ulteriore anno.
Quindi la velocità della Basilicata, intesa come velocità su gomma, grazie alla corsia unica della Basentana, su linea ferrata, grazie al Freccia Rossa a vapore e su codice, grazie ai processi decennali, è quella di una tartaruga reumatica con l’aggravante di essere indolente.
Gradirei conoscere le persone alle quali rivolgere un sentito ringraziamento.
Se è vero, infatti, come dicono taluni ammiccando, che una classe politica è indecente nella misura in cui lo è il popolo che la elegge, è altrettanto vero che esistono tantissime eccezioni, gente costretta a emigrare o a tacere o a passare per strana, che non merita lo stato delle cose esistente. Ed è a nome di questi, fra i quali non voglio annoverarmi per l’evidente conflitto di interesse (che sono bello e bravo non posso dirmelo da solo anche se è lo sport nazionale più praticato), che oggi chiedo alla classe politica intera se ha mai confessato a Dio onnipotente i suoi peccati. Come dire un attimo di dubbio sulla propria adeguatezza, un rimorso, un serio pentimento per quanto fatto, male, e non fatto, tanto. Un gesto che li riabiliti almeno da un punto di vista morale. No, nessuna punizione, ci mancherebbe, nessun risarcimento, figuriamoci, solo un passo indietro, finalmente umile, etico, cristiano.
A tale gesto, poi, dovrebbe accompagnarsi un minuto di silenzio da parte dei tanti che hanno sguazzato nella mediocrità, chiedendo un favore, elemosinando un diritto, barattando la propria dignità di cittadino per un vantaggio o una raccomandazione.
Sarebbe una rivoluzione.
Il concetto di democrazia, in fondo, è stato male interpretato: non significa, infatti, che tutti possono ambire a tutto, giammai. Significa solo che tutti hanno uguali diritti, partono senza vantaggi sugli altri e, poi, arriva prima chi è più bravo, con la conseguenza, rimarchevole, che ce ne avvantaggeremmo tutti, a essere guidati da chi vale di più.
Noi costituiamo uno Stato a parte. Uno Stato dove i miliardi del terremoto e il petrolio hanno partorito un non luogo, dove per bonificare un sito inquinato ci vogliono vent’anni così come per fare un piano paesaggistico; dove per indignarsi per l’invasione delle pale eoliche ce ne sono volute 1500, dove se una strada non ha buche per cento metri si ringrazia Iddio per tanta grazia, dove una superstrada dura due secoli, dove un processo si eredita come la casa o come un debito e dove, quando arriva una sciagura, si gioisce perchè ci saranno soldi pubblici da spartire.
Sì, siamo un’isola, forse non propriamente felice, come usava dirsi, ma lo siamo, la terza grande isola della Repubblica italiana.
PS: appello al ministro Bonafede. Con la prossima riforma della giustizia pare che i processi civili subiranno un’accelerazione mai vista. A prescindere dal come, che pure meriterebbe un approfondimento, dal momento che un ricorso al posto di una citazione difficilmente sanerà le ferite della giustizia, per dire, quello che interessa è se questa riforma riguardi pure la Repubblica di Basilicata, oppure, come sempre, noi si debba viaggiare a scartamento ridotto anche per la giustizia. No, giusto per sapere, sai com’è, tante di quelle volte fossimo inclusi nella riforma potremmo ritenerla una strenna per il Santo Natale.
Prescrizione, barbarie o una conquista? Dal Quotidiano del Sud
Posted on 05. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

La prescrizione che si ferma con la sentenza di primo grado è una conquista della giustizia o una barbarie?
Il problema è mal posto.
Infatti bisogna innanzitutto dichiarare con voce stentorea e dignità d’occasione, che i processi italiani sono tanto ingiusti da aver meritato una norma costituzionale che ha stabilito, in linea di principio, che il processo deve essere innanzitutto “giusto” (pensa te!) e, quindi, fra l’altro, durare, se non poco, sicuramente non tanto.
Cioè la prescrizione dovrebbe essere una norma da applicare soltanto in via eccezionale e non quotidianamente, come invece accade.
In questo contesto si può parlare della riforma Bonafede.
Ecco, arrestare il corso della prescrizione alla sentenza di primo grado significa esclusivamente dire ai giudici: tranquilli, se vi stavano stretti i tempi -che è quanto dire- tranquilli, ora vi tocca finire solo il primo round, per il secondo potete pure prendervela comoda.
E l’incauto imputato, che spesso risulta innocente, rimane per una considerevole parte della sua vita in attesa che la giustizia maturi la convinzione della sua colpevolezza o innocenza.
Quindi una barbarie?
Sì, ma lo è anche vedere impuniti i colpevoli perché la giustizia è lenta.
Quindi?
Quindi ogni sforzo andrebbe speso per velocizzare i processi e punto. Il resto è un fantasioso prendere in giro la gente, come sovente lo stato prova con successo a fare, illudendoci che qualche geniale riforma stia per cambiare il corso delle cose.
Uno Stato giustizialista, perché è questa la piega che si sta prendendo, non è uno Stato serio, è addirittura poco democratico, anzi per niente. I nostri principi basilari sono di tutt’altro segno, portano al garantismo più totale. Se abbiamo cambiato idea, stabiliamolo e scriviamolo prima, per poi comportarci di conseguenza.
Ma se la scuola non forma più, e il processo è in avanti con gli anni, c’è da presumere che questa classe politica sia figlia della cattiva scuola, quella che non insegna a capire neanche quello che si legge. Talchè di cosa parliamo? –Ah, se non lo sai tu?
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