Ode per un vaccino
Posted on 09. apr, 2021 by L.P. in Argomenti

Dopo diverse sollecitazioni ho deciso di prenotarmi per il vaccino, in quanto iscritto, di diritto, alle fasce più deboli (non si direbbe ma è così; io per primo coniai, per me medesimo, l’espressione “non sono mai stato così bene come da quando sono malato). A margine la soddisfazione per una cosa che funziona (noi italiani rimaniamo sempre stupefatti davanti a quello che altrove è normalità), mi è sembrato davvero troppo poter scegliere finanche la data e la fascia oraria.
Ho, vigliaccamente, optato per l’ultimo giorno disponibile, all’ultima fascia oraria, nella convinzione che tardare al massimo l’assunzione del vaccino mi preservasse di più dai rischi e nella speranza che un paio di settimane in più possano dare più certezze di quelle poche esistenti.
L’ho fatto controvoglia: un po’ per la paura degli aghi che mi squinterna fin da piccino, un po’ perché da quando ho deciso per me non ho mai fatto per esempio un vaccino influenzale, quindi diciamo per principio o coerenza o cocciutaggine, un po’ infine perché non ho fiducia nelle qualità salvifiche del vaccino.
Ma l’ho fatto perché, dicono, va fatto e punto. Come un militare che esegue un ordine senza concedersi una spiegazione.
Sono infatti affascinato dalla vita militare, dove l’obbedienza cieca pulisce le coscienze e libera la mente, prevedendo che altri pensino e si flagellino la coscienza per te, facendo assurgere appunto l’obbedienza a principio regolatore, una delega del proprio raziocinio ad altri; ma sono anche affascinato dall’anarchia più totale, dove non esiste regola che non debba essere violata proprio in quanto regola.
La via di mezzo mi fa semplicemente schifo.
Quindi amo Zeman e aborro Allegri, per dire.
Sogno una giornata schematizzata al punto da immaginare anche i minuti da dedicare a una cosa secondo un elenco prestabilito (anima militare) ma non riesco a rispettare neanche il primo impegno (anima anarchica).
E così via.
Quindi ho prenotato il vaccino da buon soldato della Repubblica Italiana (tutti in piedi) ma facile che diserti l’appuntamento. Oppure accadrà che ci andrò a fare il vaccino rispettando quella tabella di marcia militaresca che tanto vorrei mi organizzasse tutta la vita, per una volta, finalmente.
Chissà.
Capace anche che nel frattempo, in questo mese, scoprano che al posto del vaccino vale uguale un tappone in bici di 150 km e allora festeggerò con i pantaloni che mettono in evidenza il pacco e proteggono il didietro, la vecchia maglietta della KAS e il sorriso dei giorni epici perché mai mi è accaduto di dover fare quello che mi piace fare.
Bene non mi resta che ringraziare chi mi ha letto nella consapevolezza che quando si scrive, è vero che si soddisfa una esigenza interiore, ma il gradimento altrui rimane la più grande gratificazione.
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