Una democrazia da buttare nel cestino
Posted on 31. mar, 2022 by L.P. in Argomenti

Abbiamo un bel dire che viviamo in uno stato democratico.
Se finanche i “gestori” della nostra democrazia, inneggiando a Draghi hanno parlato del governo dei migliori, a margine se sia vero o meno, hanno, così facendo, dichiaratamente aperto il governo a una presunta aristocrazia.
Come ben sappiamo questa aristocrazia bypassa tutti i passaggi democratici, esattamente per provare quanto per nulla democratico sia un governo dei migliori, o presunti tali.
Il che, in astratto, non sarebbe certo un male. Anzi.
Tutta la nostra società è in qualche maniera aristocratica. Si fanno i concorsi per scegliere i migliori, violentando quel principio di uguaglianza che ci vorrebbe tutti con pari opportunità, sebbene sia una bugia autentica, perché, vivaddio, siamo tutti diversi, e chi più chi meno meritevoli di qualche riconoscimento.
Se volessimo davvero essere democratici, invece dei concorsi, dovremmo fare i sorteggi.
Quell’uno vale uno tanto declamato, tanto pericoloso è, davvero, usato solo in politica.
Per fare politica, infatti, non si fanno concorsi e il Parlamento di aristocratico non ha nulla: non devo essere migliore per rappresentare il popolo, con la conseguenza che potrei rappresentarlo, scarso di mezzi, invero, davvero male. Il Parlamento, che dovrebbe fare le leggi, cioè lo strumento del vivere insieme, civilmente e giustamente, è quindi composto da autentiche comparse che non devono dimostrare nulla.
Di conseguenza, la politica, costruita su un egualitarismo pericolosissimo, in democrazia, tende a deprezzarsi, a perdere spessore, e, per autoalimentarsi, avvelena anche l’aristocrazia restante di tutto il sistema, alterando i concorsi e favorendo carriere di galoppini anziché dei migliori.
Tornando al governo dei migliori, questo non lo è affatto, perché parto della democrazia, appunto, e di un livello di potere superiore che concepisce l’aristocrazia solo a livelli superiori agli Stati, che, invece, per essere meglio asserviti, vengono composti da gente che non deve dimostrare niente o le cui carriere sono artificiosamente costruite per etichettarle come quelle dei migliori, presunti, ovviamente.
Anche il mondo del lavoro è costruito su basi aristocratiche, ma la compulsiva opera di demolizione della politica fa sì che incarichi, anche rilevanti, siano affidati ai galoppini di sempre travestiti da professionisti.
Quindi la peggiore democrazia e un’aristocrazia truccata, per ottenere, come risultato, il peggior periodo storico che la politica abbia vissuto.
La prova è tutta anche nelle vicende politiche regionali, dove accade davvero di tutto, le facce toste si sprecano e i media fanno da cassa di risonanza dello squallore più becero.
Bisognerebbe, insomma, farla finita con la democrazia e favorire una corretta forma di aristocrazia, dove classi sociali, funzioni, poltrone e incarichi siano distribuiti secondo il valore, che sia da intendersi come intelligenza, rigore, lealtà, competenza, valori che, questa politica democratica, intesa nel senso di scadente, non può neanche riconoscere, rimanendole sconosciuto l’esatto significato.
Insomma, quelli cui può ben dirsi “non è cosa tua”, vanno emarginati dalle stanze che contano. E non risulti blasfemo quello che dico, chè, di fatto, è quello che ha fatto Mattarella scegliendo Draghi e i ministri, sebbene la scelta risulti discutibile assai nel merito.
La stagione della democrazia è finita, e nel peggiore dei modi se è vero, come lo è, che uno Stato come l’Italia non è più in grado né di autodeterminarsi, né di operare scelte che abbiano un senso di giustizia sociale.
Giù la maschera. Questa democrazia è deleteria.
Conferenza stampa di Bardi a margine di un testo implicito.
Posted on 31. mar, 2022 by L.P. in Argomenti

Ebbene, ho dovuto mettere le toppe. Ma il lavoro, concluso con la fattiva collaborazione dei partiti, che hanno fornito i nomi degli assessori, si è concluso egregiamente, e, si badi bene, nell’esclusivo interesse del popolo lucano.
Solo per Cupparo sono intervenuto di persona. Sapete com’è, lui è un soldato e obbedisce solo al generale. Lui è così riservato, umile, raffinato nel linguaggio, coerente, che avrebbe voluto, da tempo, passare la mano. Sì, so che lui afferma di non essersi mai dimesso, infatti io le sue dimissioni non le ho mai viste, ma la parola vale più di qualunque impegno scritto e vi assicuro che lui avrebbe davvero voluto dimettersi, ma io gliel’ho impedito.
Perché?
Per favore nessuna domanda specifica, le domande a un governatore devono essere generali, per mille bocche di leoni.
Quanto a Leone, a proposito, indefesso lavoratore del Bardi uno, gli è stato ingiunto di fornire la ricetta della pasta al forno palmizia della sorella del suo collega, del quale mi sfugge il nome.
I nuovi assessori sono tutti giovani e tosti, tranne, per certi versi, tal Latronico, che mi dicono avere esperienza sufficiente per darsi alla visione dei cantieri, ma un pizzico di saggezza serve sempre.
Abbiamo considerato anche l’elemento femminile e se ci siamo limitati a una sola assessora è solo perché vale per tre e quindi abbiamo rispettato ogni legale e naturale proporzione.
Se starò di più a Potenza?
Le ho detto solo domande generali, diamine di un giornalista sfacciato.
A chi dice che Galella è un ultras risponderò, col garbo che mi appartiene, chissenefrega.
Se ho posto il veto su Rosa? A prescindere dal fatto, perdindirindina, che non è una domanda generale, devo dirle che non so chi sia. Ha fatto parte della giunta per oltre due anni? Non mi consta, lei era presente alle sedute della giunta? No? E allora?
Insomma, toppa o non toppa, abbiamo una bella giunta che saprà interpretare un ruolo da protagonista in questo futuro denso di insidie, abbiamo accettato la sfida (fuori microfono: vado bene? -alla grande) e credo davvero che la vinceremo, con l’appoggio di tutti, col senso di responsabilità che ci ha sempre accompagnato e con la fiducia nelle nostre competenze (fuori microfono: ma sei sicuro? -Sì. Continua! -Bah!).
E ora, Ambrogio, gradirei firmare un paio di decreti, qualche ordinanza e un paio di verbali, chè mancherò qualche giorno. Quanto alla giunta, comincerà presto a muovere i primi passi, già mi sembra gattoni benino, ma ancora non parla, ma si fa capire, ah!, se si fa capire, sembra venir su molto bene, questi giovani sono di un’altra categoria, chattano prima di parlare, che roba.
NB: a scanso di equivoci e come avvertimento per i maldestri, l’articolo è frutto di fantasia.
-Giura!
-Giuro!
-Non ci credo mai!!!!
Le grandi interviste di Fred Mulligam. Fred intervista Bardi.
Posted on 29. mar, 2022 by L.P. in Argomenti

Fred Mulligam intervista l’eroe del momento Vito Bardi generale e governatore.
F: A proposito, generale o governatore, cosa si sente di essere di più?
B: Fred, mi meraviglia, è una domanda stupida, io sono Vito Bardi e mi sento Vito Bardi, generale o governatore, questo è davvero secondario.
F: Ma allora come devo chiamarla?
B: Chiamami semplicemente Vito.
F: va bene, Vito dicevo …
B: Ma Fred dove trova tutta questa confidenza? Mi chiami col giusto titolo!
F: Sì, mi scusi. Allora Generale ..
B: Governatore, Fred, oggi sono Governatore.
F: Bene, Governatore…
B: e Generale.
F: Sua Maestà?
B: Sì, mi piace, credo sintetizzi bene le mie innate qualità.
F: Sua Maestà, allora, i lucani, ma non solo loro, anche i calabresi e i pugliesi, si chiedono come mai ha distrutto una giunta per rifarla uguale, passando per un’altra giunta che non aveva i numeri?
B: Fred, mi segua. A me piacciono le costruzioni Lego. Quando ho costruito un castello, poi mi annoio, e allora lo distruggo e comincio a farne un altro. Capita, però, che non mi piaccia troppo, allora prima che prenda una forma concreta, lo butto giù e riparto da zero. E’ un po’ la metafora della mia vita, ecco.
F: Notevole! Sua Maestà, un’altra curiosità è questa: ma se Cupparo si dimette sempre, perché lo ha rinominato?
B: Semplice. Io sono un motivatore e Cupparo troppo umile. Le sue dimissioni sono il segno di attaccamento alla sua terra che vorrebbe servire sempre meglio. Io l’ho capito e quindi me lo tengo ben stretto.
F: Rimarchevole! E Baldassarre, Acito e Bellettieri, come l’hanno presa? Non si sono sentiti strumenti nelle sue mani?
B: Ma no. Sono grati della mia attenzione. Veda, la mia nomina, per quanto temporanea, breve, li ha segnati per la vita. In fondo meglio un giorno da assessore che niente, dice il proverbio.
F: Ah! Non lo conoscevo.
B: Neanche io, l’ho fatto or ora, come la giunta.
F: Sua Maestà, mi dica, in tutta sincerità, quanto durerà questa giunta e questa maggioranza?
B: Una vita, o un giorno, chi lo sa. Il mio umore è cangiante, ma se non mi annoio, può durare anche tanto.
F: E’ vero che a Roma hanno composto ogni dissidio?
B: Falsità. A Roma fanno bene il cacio e pepe, punto. Ho fatto tutto io.
F: Bene, allora, Sua Maestà, siamo alla prova del nove. Mi ripeta i nomi dei nuovi assessori.
B: Allora, F … F … Fa….
F: Fanell…..
B: Fanelli!
F: Magnifico. Poi?
B: Ga… ga… ga…, mannaggione questo mi sfugge sempre, ga…
F: Gale….
B: Gale… Galeazzi!
F: Ma no, Galell….
B: Galello!
F: Galella!
B: E vabbè ora per una vocale.
F: Vada avanti.
B: Rosa!
F: Questo lo ha fatto fuori.
B: Chi lo ha fatto fuori?
F: Ma Lei.
B: IO? Vabbè, mi è passato di mente. Ma ora basta mi sono stancato. Voglio tornare a casa. Mi aspettano per cena. Ciao Fred.
F: a presto Sua Maestà.
B: Chiamami Vito.
F: Va bene Vito.
Il buon governatore Sc’vèik
Posted on 22. mar, 2022 by L.P. in Argomenti
L’opera dell’intelligenza, per quanto utile, encomiabile, rilevante, rimane noiosa. Niente a che vedere col genio che, dell’intelligenza, riesce a farne a meno.
La genialità è frutto di intuizione non filtrata dalla ragione, semmai inconsapevolmente alimentata, ma nulla più. Altrimenti non si giustificherebbero tanti geni che, poi, alla fin fine, muoiono disperati, abbandonati, poveri e pazzi. Anzi, difficilmente il vero genio riesce a mettere a frutto la sua produzione, se non ne rimane addirittura inconsapevole, infatti, la vive di passaggio, già pronto per la prossima.
La premessa giova a giustificare il seguito, formandone parte integrante, reciterebbe un qualsiasi contratto redatto da un qualsiasi operatore del diritto.
Orbene, il gesto di Bardi che scappa dall’assemblea consiliare all’inglese, che caccia Fratelli d’Italia dalla giunta, salvo poi contrattarne il consenso per non tornare miseramente a casa, non può essere sussumibile, nonevèro, nell’alveo dell’opera dell’intelligenza, giammai, nessuna persona anche meno che mediamente intelligente avrebbe fatto tutto ciò, bensì è da riportare nell’ambito più ristretto e più nobile della genialità.
Chi, infatti, schiavo della ragione, avrebbe potuto mai prendere e andarsene mentre i consiglieri discettavano di alta politica (vietato scompisciarsi di risate!)? Temo che nessuna persona intelligente avrebbe potuto farlo. Solo l’assoluta sapienza del genio può evidenziare un gesto apparentemente vigliacco rendendolo sublime. In quel gesto, come in un buon rosso, possono essere annusati gli aromi più raffinati: la follia dettata dalla assoluta libertà, l’insofferenza alle stupidaggini, la mancanza di tolleranza nei confronti di chi vola troppo basso, la leggerezza dell’anima, l’intransigente negazione del razionale, l’amore per il miracolo.
Ecco, il miracolo, ritornando alla premessa. Il miracolo, l’opera del genio, è l’unica cosa che scuote quello che l’intelligenza, alias ragione, costruisce giorno dopo giorno, ovvero la noia.
Evidente che, di fronte al genio, stupidità e intelligenza sono la stessa cosa, se non per certa stupidità, talmente stupida da diventare anch’essa geniale. Penso al Buon soldato Sc’vèik, del quale non si saprà mai se fosse geniale o totalmente stupido.
Perché la genialità è un mondo dove stupidità e intelligenza svaniscono, cioè dove il ragionare, poco o molto, è attività troppo umana per non essere affine che alla bassezza, dove il cervello non è più un muscolo da esercitare, ma una tempesta dalla quale fuoriescono saette, tanto abbaglianti quanto rumorose, che colpiscono più di una settimana di sole o un mese di pioggia, tali da rimanere scolpite appunto quali opere del genio assoluto.
Bene, Bardi è un genio. Se ci è arrivato tracimando la sua intelligenza o la sua stupidità, non sta a me saperlo, anche perchè saperlo non ha senso, perché la genialità non riconosce madri.
Ma ora è atteso alla prova più severa per la sua genialità: riconoscere a Leone la Presidenza del Consiglio, di modo che le lasagne della sorella del consigliere che lo sfamò in una desolata domenica delle Palme di triste lavoro, entrino a buon diritto nello Statuto Regionale, nella bandiera della Regione, e, quindi, nei nostri cuori.
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