L’arte di vivere precariamente.
Posted on 24. mar, 2023 by L.P. in Argomenti

Che a voi sembrerà pure comodo non avere regole e vivere in perenne precarietà. Eppure vi assicuro che è provante, difficile e infelice.
Basta dare un’occhiata a una giornata più o meno tipo di un terrone lucano come me.
Mi alzo di buon’ora perché da Potenza devo andare a Matera per una causa. Appena fuori di casa a darmi il buongiorno è il cantiere della torre Guevara, fermo da tempo, dopo aver ridotto i già esigui parcheggi e promesso mirabilie. Fermo, chiuso, come ogni opera pubblica italiana, a maggior ragione da Roma in giù, che si rispetti. Le motivazioni della chiusura non vengono rese pubbliche per il semplice fatto che dei cittadini non frega niente a nessuno, men che meno a quelli che campano, nel senso proprio di stipendio, per aver avuto il consenso dei potentini.
Vabbè, ci ho fatto l’abitudine, a quel triste macchinario fermo in mezzo al cantiere e anche alla recinzione che ogni tanto il vento forte mette a dura prova.
Dunque a Matera; prenderei il treno, quello ad alta velocità che ci mette mezz’ora, come un padovano qualsiasi che deve andare a Venezia, ma no, a me non spetta, perché generazioni di politici lucani, ivi inclusi primi ministri, ministri, vice ministri di lungo corso, non sono stati capaci di fare il miracolo, né, invero, ci ha pensato lo Stato di suo perché evidentemente aveva altro per la testa.
Quindi ci vado con la macchina. Parto presto perché l’unica strada che porta a Matera è una gimcana fra due e quattro corsie, con restringimenti, deviazioni e trucchi vari. Sono mesi e mesi che fanno lavori. Chissà quanto ci impiegheranno, e tutto perché i progettisti dell’epoca avevano la vista corta e immaginarono che un divisorio fra le corsie di marcia fosse un lusso inutile per quei contadini dei lucani.
Nota di colore, anzi note di colore: nel corpo delle carreggiate chiuse al traffico, quelle centrali, in genere, il manto stradale si è spaccato per far venire fuori ciuffi d’erba; credo si tratti di un messaggio della natura che, pare dire, alla fine vince sempre lei sull’uomo. Certo sembra di percorrere quelle strade abbandonate e ormai chiuse al traffico, in genere segmenti sostituiti da nuove curve o nuovi rettifili, dove l’erba pareggia i conti con la pavimentazione stradale, roba di quasi apocalittico, ma, diamine, siamo sempre in Basilicata, suvvia e quindi tutto va bene. L’altra nota è che a un certo punto ti trovi in un tratto di strada drittissimo, già completato, dove fanno un bell’effetto i cartelli stradali di limitazione della velocità a 40 KM all’ora. Si tratta, credo, di refusi (si può dire?) dei recenti lavori, non rimossi, forse, per vedere se un austriaco di passaggio non arrivi addirittura e comicamente a rispettarli.
Noi lucani, che abbiamo fatto il militare a Cuneo, nati, come dire, imparati, lo sappiamo e ce ne freghiamo, ma la sensazione che danno i segnali è che si tratti di un tratto di strada dove possono attraversarla gli elefanti o comparire fantasmi.
Alla fine si arriva a Matera, non rispettando i limiti e con un po’ di culo, in poco più di un’ora.
Devo andare in tribunale. Di fronte al palazzo di giustizia, tutti in piedi, c’è un grande parcheggio che non costringe alla bestemmia. O meglio, c’era. Oggi è tutto chiuso per lavori in corso. Non ci sono soluzioni alternative allo girare intorno e sperare che qualcuno esca di casa. Ovviamente lo trovo a un paio di chilometri in pieno divieto di sosta anche perché, pur distando non più di cento metri dal tribunale in linea d’aria, devo fare una specie di circumnavigazione della bella e desolata stazione. Ho una forma di sciatica che mi rende provvisoriamente e parzialmente disabile, ma chissenefrega, avranno pensato, che rimanessero a casa se non son capaci di camminare. Pregevole.
Alla fine comunque, essendo partito per tempo, quasi a presagire ostacoli di ogni sorta, arrivo più che in orario. Ora io ho un atteggiamento autistico nei confronti della puntualità. Soffro come un cane se non sono puntuale. Mi illudo che della stessa strana malattia soffrano gli altri terroni e puntualmente mi sbaglio. Specialmente se si tratta di magistrati.
Il magistrato, infatti, non è mai puntuale, perché sa che se non c’è lui la fiera non ha inizio. Non ho mai capito dove nasca una tale indifferenza per le esigenze degli altri, ma so che è ben radicata, tanto che quando ne trovi uno puntuale sei talmente sfigato che quella volta sei tu a non essere in orario, magari di cinque minuti, fatali, però, perché si proceda senza di te. E sì, perché un miracolo dei processi è che questi si celebrano quando dice il giudice e chi c’è c’è, chi non c’è si fotte. Questo è un motivo per il quale l’avvocato muore di infarto e il giudice mai. Ma tanto a chi frega? A nessuno, men che meno agli avvocati che della sudditanza al magistrato hanno fatto un credo, tante di quelle volte gli manchi di rispetto e ti fa perdere la causa, hanno il vizio di pensare, indifferenti beffardamente ai loro sacrosanti diritti.
Nel mio caso non sono capitato con l’eccezione e, dopo tre quarti d’ora di ritardo, il giudice ancora latita, mentre gli avvocati scalpitano senza polemizzare. Io vorrei restare, ma alle undici ho un’altra causa a Potenza, devo decidere quale causa affidare a un delegato, ma partono i nervi e decidono loro: a Matera non aspetto più, corro a Potenza. Viaggio inutile, insomma, e solo per la mancanza di puntualità del magistrato, che, chissà, forse stava ancora decidendo quali calze indossare.
Avrei voluto aspettare, dicevo, per porgere al magistrato le mie scuse per essere arrivato in anticipo, come dicevo a una compagna di scuola che arrivava sempre con un quarto d’ora di ritardo e che era così carina che neanche i professori più grevi e burberi la rimproveravano. Roba da non credere, non stessimo al sud.
E fin qui ce ne è abbastanza per cominciare a capire quanto costi vivere precariamente nella parte bassa della penisola.
Insomma mi rimetto in macchina e via, verso la giustizia potentina, immemore di quella materana e non per colpa mia.
Sulla Basentana ritrovo il sorriso, il panorama è bello, il sole caldo e luminoso e, poi, c’è il camion di tal Notaro di Saviano che sul retro ha scritto “che follia imitarci”, che mi costringe a 50 all’ora sulla corsia unica, quando, nonevèro, avrei tranquillamente toccato i cento, io che austriaco non sono; la bassa velocità mi spinge a scribacchiare su facebook, leggere le notizie e fischiettare una canzone. Roba da mille euro di multa, ma, insomma, ci sarà pure un vantaggio a essere terrone?
E alla fine, in perfetto orario, nonostante lavori in corso, magistrato non rispettoso, corsia unica, Notaro da Saviano, parcheggio inesistente, sono in Tribunale a Potenza, un eroe, insomma, irrispettoso delle norme, e meno male, chè altrimenti i clienti mi citavano per danni.
Sì, questa è la vita di un terrone, costretto alla precarietà perenne, sconfitto quotidianamente dalla tracotanza di chi può, coi pochi mezzi che la Basilicata offre, facendo quello che tanti altri fanno meglio, più facilmente e meglio pagati, nel resto d’Italia.
Vero non ho regole e quando incontro l’austriaco di turno, a Villach, che limita la velocità a sessanta solo perché lo dice un cartello, rido e penso ai cartelli scherzosi, residui di un cantiere, della mia terra e dico che anche loro, forse, dopo una settimana di Basilicata capirebbero che se non ti arrangi semplicemente non vivi.
Qui, se rispetti le regole, loro non rispettano te. Qui sei sempre un suddito con più di un re, che sia un politico, un magistrato o uno molto ricco. Qui, dove la precarietà è la regola, non ci sono servizi pubblici ma il da fare è lo stesso che altrove, o sei un fuori legge o esci pazzo. Sarà per questo che “potete fare le leggi che volete, tanto chi se ne frega? è il refrain non cantato dei meridionali; insomma, pareggiamo prima i conti col nord e poi vedremo cosa si può fare. O no?
26 centesimi per il servizio più due euro per la banca, un mesetto di attesa e il certificato è tuo.
Posted on 15. mar, 2023 by L.P. in Argomenti
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Viviamo una stagione, nonevèro, in cui il progresso macina chilometri su chilometri, si dimostra infaticabile e detta nuove norme comportamentali di tutto beneficio per l’umanità.
Al Comune di Potenza, infatti, non si fanno più le file agli sportelli, il che costituisce una conquista di civiltà, cavolo. Certo mancano le chiacchiere e le relazioni che una fila stimolava, tipo il “Ah!, sti socialisti” di una volta, ora devi raccontartelo da solo mentre, che so, vedi il TG e sfila un politico.
Le file allo sportello sono state sostituite dagli accessi telematici che funzionano pressapoco così:
il 28 febbraio fai la tua bella richiesta di un certificato, tipo di residenza, specificando che il certificato va rilasciato in carta libera, cioè senza la vecchia marca da bollo.
Dopo 17 giorni, che non sono uno scherzo, ma neanche l’eternità, suvvia, brontoloni del piffero, il Comune si ricorda di te e ti scrive una bella letterina, recapitata con tutte le cerimonie che una pec comporta, dove più o meno leggi che per il rilascio del certificato, sebbene esente da bollo, bisogna pagare i diritti di segreteria, e ci mancherebbe, non fosse che per la solerzia, pari a ben 26 centesimi. La richiesta che, alla fine, è ingiusta, ma non esosa, però va assolta attraverso un bonifico o bollettino postale, che comportano una spesa che va da un euro a due euro, importo che intascano le banche. Cioè la meccanizzazione a me, cittadino, comporta solo un tempo di rilascio di, finora, 17 giorni, ma che diventeranno chissà 25, 30, boh, e alle banche un cospicuo e ingiusto gruzzoletto. Una mediazione bancaria imposta come quando eri piccolo e il medico ti introduceva la supposta. Dire che sono soldi rubati è reato? Non lo so, ma è un cincinin liberatorio.
Nella lettera che ti avvisa dell’obolo bancario, ti si dice anche che per ritirare il certificato allo sportello, quando sarà pronto, non viene infatti indicata una data perchè cazzo non sappiamo neanche se arriviamo a domani, diamine, occorre prenotarsi telefonicamente, altrimenti …. boh! Ovvio che al telefono non rispondono neanche se ti raccomandi al Padreterno (giuro ho testato il servizio personalmente e non mi hanno risposto in un arco di oltre un’ora), quindi occorre sperare che il certificato ti venga recapitato per pec. E dico sperare perchè la comunicazione non dice niente. Quando?
E che palle, sempre con questa fretta.
Ma la meccanizzazione, se non sveltisce, e non sveltisce, anzi, perbacco, rallenta in maniera spericolata, se non fa risparmiare, se fa guadagnare solo le banche, che già, poffarbacco e baccone ti spellano di loro, a cosa piffero serve?
Mistero dei misteri.
Ora la domanda più pertinente è: funziona così solo il Comune di Potenza o tutti i comuni d’Italia funzionano così?
Ho la prova che molti Comuni non chiedono soldi, alias marchette bancarie o per diritti di segreteria, e rispondono nel giro di un paio di giorni massimo.
C’era un sistema che funzionava, per la verità, gratuito e velocissimo e quindi è stato prontamente dismesso. Non sia mai che una cosa funzioni bene in Italia. Quindi, ciccia.
L’Italia prona subisce e il Comune di Potenza si sta specializzando in cilentanizzazione dei comportamenti, cioè, con calma, per piacere, seppur pagando e quando cazzo ci piace a noi.
Che dire? Niente, solo che cotanto efficiente scassamento del sistema riproduttivo è nel suo genere un’eccellenza.
Viva il Comune di Potenza, esempio di pubblica amministrazione efficiente, dove la burocrazia ha i connotati delle officine di un tempo, quando entrarvi comportava una buona dose di coraggio e una pazienza biblica, e dove o si è soddisfatti o non si è rimborsati.
Per dire, of course.
E il ministro ordinò: cagatevi addosso.
Posted on 09. mar, 2023 by L.P. in Argomenti

Allora, dobbiamo farli cagare sotto, in maniera tale che, poi, potremo chiedere loro di fare qualsiasi cosa. Vedrai, alla fine, pure ci sarà qualche frescone che fra due o tre anni, da solo nella sua autovettura, ancora indossa la mascherina. Le risate che ci faremo.
Possiamo farli stare a casa, qualcosa si inventeranno, che so, cantare e suonare sui balconi, hi hi.
E se qualcuno, solitario, andrà a correre sulla spiaggia, gli molliamo dietro poliziotti, carabinieri e guardia di finanza, ah!, cavolo, che goduria.
Ho sempre sognato di fare il bene del mio paese divertendomi come se gli italiani fossero tanti omini della Lego.
E poi, vuoi mettere, questo immane gioca jouer, che spettacolo:
Tutti a casa!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
mascherina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Lavare le mani!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Distanze!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Amuchina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
smart working!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Tachipirina!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Vigile attesa
Paraparippipiripiripò Paraparippipara
Bravi, vedo che vi state divertendo, ma ora il ritmo incalza, facciamo un altro giro:
Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
Di nuovo, Vaccino!
Pippipiripapippi piripapippi piripapò
E’ bellissimo. Mamma come mi diverto.
Claudio Cecchetto – Gioca Jouer – YouTube
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