Slow stile, dal Quotidiano del Sud
Posted on 08. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Dicono che i processi civili, in Italia, durino mediamente 3 o 4 anni. Nella Repubblica autonoma di Basilicata, no. O almeno a Potenza no. Noi, evidentemente serviamo per alzare significativamente la media o siamo esclusi dalle statistiche.
Un paio di settimane orsono, infatti, nell’ambito della mia infausta attività professionale, mi è stata notificata un’ordinanza che rinviava una causa, già vecchia di nove anni, perchè troppo giovane, o non abbastanza vecchia, oppure, dai, perchè ce me erano di più vecchie, di un ulteriore anno.
Quindi la velocità della Basilicata, intesa come velocità su gomma, grazie alla corsia unica della Basentana, su linea ferrata, grazie al Freccia Rossa a vapore e su codice, grazie ai processi decennali, è quella di una tartaruga reumatica con l’aggravante di essere indolente.
Gradirei conoscere le persone alle quali rivolgere un sentito ringraziamento.
Se è vero, infatti, come dicono taluni ammiccando, che una classe politica è indecente nella misura in cui lo è il popolo che la elegge, è altrettanto vero che esistono tantissime eccezioni, gente costretta a emigrare o a tacere o a passare per strana, che non merita lo stato delle cose esistente. Ed è a nome di questi, fra i quali non voglio annoverarmi per l’evidente conflitto di interesse (che sono bello e bravo non posso dirmelo da solo anche se è lo sport nazionale più praticato), che oggi chiedo alla classe politica intera se ha mai confessato a Dio onnipotente i suoi peccati. Come dire un attimo di dubbio sulla propria adeguatezza, un rimorso, un serio pentimento per quanto fatto, male, e non fatto, tanto. Un gesto che li riabiliti almeno da un punto di vista morale. No, nessuna punizione, ci mancherebbe, nessun risarcimento, figuriamoci, solo un passo indietro, finalmente umile, etico, cristiano.
A tale gesto, poi, dovrebbe accompagnarsi un minuto di silenzio da parte dei tanti che hanno sguazzato nella mediocrità, chiedendo un favore, elemosinando un diritto, barattando la propria dignità di cittadino per un vantaggio o una raccomandazione.
Sarebbe una rivoluzione.
Il concetto di democrazia, in fondo, è stato male interpretato: non significa, infatti, che tutti possono ambire a tutto, giammai. Significa solo che tutti hanno uguali diritti, partono senza vantaggi sugli altri e, poi, arriva prima chi è più bravo, con la conseguenza, rimarchevole, che ce ne avvantaggeremmo tutti, a essere guidati da chi vale di più.
Noi costituiamo uno Stato a parte. Uno Stato dove i miliardi del terremoto e il petrolio hanno partorito un non luogo, dove per bonificare un sito inquinato ci vogliono vent’anni così come per fare un piano paesaggistico; dove per indignarsi per l’invasione delle pale eoliche ce ne sono volute 1500, dove se una strada non ha buche per cento metri si ringrazia Iddio per tanta grazia, dove una superstrada dura due secoli, dove un processo si eredita come la casa o come un debito e dove, quando arriva una sciagura, si gioisce perchè ci saranno soldi pubblici da spartire.
Sì, siamo un’isola, forse non propriamente felice, come usava dirsi, ma lo siamo, la terza grande isola della Repubblica italiana.
PS: appello al ministro Bonafede. Con la prossima riforma della giustizia pare che i processi civili subiranno un’accelerazione mai vista. A prescindere dal come, che pure meriterebbe un approfondimento, dal momento che un ricorso al posto di una citazione difficilmente sanerà le ferite della giustizia, per dire, quello che interessa è se questa riforma riguardi pure la Repubblica di Basilicata, oppure, come sempre, noi si debba viaggiare a scartamento ridotto anche per la giustizia. No, giusto per sapere, sai com’è, tante di quelle volte fossimo inclusi nella riforma potremmo ritenerla una strenna per il Santo Natale.
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