L’Italia è un paese per ragazzacci.
Posted on 19. gen, 2023 by L.P. in Argomenti
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L’Italia è un paese ben strano. La conflittualità è talmente alta che si preferisce che vada tutto a rotoli se soltanto per ipotesi la responsabilità fosse addebitabile agli avversari. Nel centro sinistra, infatti, oggi, la speranza è quella che Meloni sbagli, che il governo toppi, anche clamorosamente, che le cose vadano a catafascio, anche se per tutti, purchè si possa dire, esultando, non sono capaci, dobbiamo governare noi.
Credo sia un fenomeno tutto italiano, una eterna guerra fra bande di tifosi, immature come solo i fanatici sanno essere, portata alle estreme conseguenze. Quindi il giudizio costante, perenne, sarcastico, accompagnato da sorrisi soddisfatti, tipici di chi la sa lunga e lo aveva ben detto prima, verso l’avversario, per la cui sconfitta si è capaci anche di pagare la benzina a quattro euro a litro, un sacrificio che può alla lunga ripagare, pensa te!
Evidentemente questa è una guerra fra sordi e ciechi, fra dementi, fra adolescenti mancanti di intelligenza, perchè solo uno stupido può assurgere a livelli di masochismo nazionale di tal fatta.
Ma ne siamo malati tutti, anche io lo ammetto, sento di soffrire, sebbene in maniera edulcorata, della stessa malattia.
Per esempio, se scartati, in qualsiasi contesto, reagiamo male, se ci preferiscono qualcun altro, ci sentiamo feriti nell’orgoglio. Malati di protagonismo ma immersi in una realtà in cui la competizione è il mezzo per emergere, la conflittualità all’ordine del giorno e lo schema del branco quello che riesce meglio.
C’è sempre un gruppo di persone che si mette assieme per emarginare tizio, fagocitare caio, eliminare sempronio.
La politica ne costituisce l’esempio più fulgido. Tizio che stava con caio, si litiga per un tozzo di pane e si associa a sempronio per far fuori caio che a sua volta mette assieme x e y per rendere vana l’azione di Tizio e Sempronio.
In tutto questo, a mancare, in una specie di latitanza ormai quasi pari a quella del suo specialista Messina Denaro, è la virtù, la competenza, il valore assoluto che, se esistente, viene riconosciuto solo se si tratta di un compagno di avventura e se il suo talento lo usa contro gli avversari.
Anche nei contesti più sobri, semmai ricchi di altro, penso alle associazioni culturali, il fenomeno è lo stesso: ci si scanna per la presidenza o robaccia del genere, si emargina chi non fa professione di lecchinaggio, chi ha un’idea diversa e pretende pure di condividerla.
A risolvere la situazione non basta neanche che una delle due parti trionfi sull’altra, per il motivo che, già prima del trionfo covano movimenti interni che tendono a ribaltare quelle gerarchie a loro volta basate non sul consenso ma sull’esercizio del potere.
Come popolo, insomma, portiamo ancora i pantaloni corti, da intendere o come fanciullezza perenne o come eterni giocatori di calcio, ai quali non dispiace commettere falli odiosi o corrompere l’arbitro.
E questo sarà, alla fine, il vero motivo della fuga cosiddetta dei cervelli, ma meglio dire delle persone serie, che a un’eterna competizione a perdere, preferiscono una vita più positiva, meno egoistica e più solidale.
Sono loro che hanno vinto, con la rinuncia alla loro terra, col sacrificio personale, dimostrando, con l’eleganza nobile della discreta riservatezza, che la vera rivoluzione la si fa coi comportamenti, con responsabilità e senza barare.
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