Wednesday, 31st May 2023

Un processo è …. per sempre, dal Quotidiano del Sud.

Posted on 09. ott, 2019 by in Argomenti

Un processo è …. per sempre, dal Quotidiano del Sud.

Qualche tempo orsono Renzi aveva dichiarato, non senza una certa sicumera, che se i suoi genitori fossero stati ritenuti colpevoli di qualche reato avrebbero meritato una condannaaddirittura doppia. Dichiarazione tanto supponente quanto stupida, non essendovi motivo di raddoppiarla solo per la sua presenza significativa in politica.

E infatti i giudici non l’hanno ascoltato, altrimenti si sarebbero beccati, i genitori del Matteo più famoso d’Italia, tre anni e sei mesi per le fatture false. Né Renzi ha ricordato il particolare.

Ma avendo, tutti, fiducia nella giustizia, aspettiamo l’esito del presumibile appello; passeranno un altro paio di anni, ma che vuoi che siano di fronte all’eternità.

Ed è proprio quest’ultimo l’approccio giusto alla giustizia italiana. La longevità dei processi, che porta un avvocato a lasciare andareun pezzo di cuore professionale ogni volta che una causa finisce, avendolo accompagnato per anni e anni, è una costante che nasconde una sua valenza terapeutica.

Vuoi mettere la fredda imperturbabilità che accompagna parti, difensori e giudici nel trattare questioni accadute nella notte dei tempi con l’irruenta passione di chi ha sofferto un’ingiustizia, sia essa civile, amministrativa o penale, soltanto ieri l’altro?

Si tratta, in effetti, non già di sciatteria o d’inettitudine organizzativa e/o legislativa, non di intenzione dolosa a tirarla per le lunghe, né di incapacità di qualche pigro o del politico di turno, macchè, si tratta di una scelta saggia, terapeutica, si diceva dianzi.

L’immagine di un’udienza di cassazione, coi magistrati lontani e sommersi da fascicoli tanto grandi quanto vetusti e polverosi, è l’icona del tempo che lenisce, che ripara, v’è mitezza e temperanza, misericordia e carità, nel portarla alla lunga. La giustizia, coi suoi tempi, recide i rami dell’indignazione, allevia i sintomi del disagio da ingiustizia, in una parola, livella tutto e tutti riportandoci al classico “scurdammc u’ passat”. Forse anche per questo costa tanto.

Infatti quando alla fine arriva la sentenza, i primi a cadere dalle nuvole sono i diretti interessati “Sa, è stata pubblicata la sua sentenza”, “quale?”, rispondono gli increduli storici clienti e tu lì a ricordare la vicenda, “ma credevo fosse stato archiviato tutto!”, “eh no, bello mio, prova a ricordare io ci ho lavorato per anni!”, ma a questo punto diventa una questione privata fra avvocato e cliente, nulla a che vedere con la missione della giustizia di risolvere al meglio le questioni che vivono al di fuori della legge. Questa missione viene stata raggiunta con l’apparente indolenza di chi è superiore, ma con l’inesorabile efficacia del venir meno degli interessi.

A Potenza se una causa non ha almeno dieci anni non viene decisa, secondo una risoluzione dirigenziale che prevede sentenze solo e primariamente per le cause vetuste; la conseguenza è che cause facili facili non vengono decise ma rinviate, ma anche cause importanti, pronte per la decisione o cause cui non necessita neanche l’ascolto di un teste, fino a che non compiano tutte, inesorabilmente, almeno dieci anni, siano cresimate e abbiano fatto la prima comunione.

Ed ecco che ritorna il confronto con l’eternità. L’uomo cristiano tende appunto all’eternità, dell’anima, giammai del corpo, la giustizia è il giusto allenamento, perché, parliamoci chiaro, l’eternità potrebbe anche risultare di una noia invivibile, quindi bisogna arrivarci con la giusta preparazione.

E’ lo “slow” che ritorna importante, di moda, se non proprio necessario, dopo decenni di “fast”: mangiare lentamente, masticare bene, ovvero, litigare davanti a un giudice con movimenti da moviola, ecco, questi sono i segreti per una vita serena e un eternità sopportabile. In fondo ci vuol poco.

Le clausole generali e la storia di un disservizio

Posted on 02. apr, 2018 by in Diritto e giustizia

Le clausole generali e la storia di un disservizio

Il giudice italiano non è vincolato dal precedente giudiziario. Cionondimeno presta particolare ascolto a quello che dice di volta in volta la Cassazione, facendone tesoro nella maggior parte dei casi.

Il codice di procedura civile tende sempre più a rendere inalterabile la decisione del Tribunale, avendo reso l’appello e il ricorso per Cassazione veri e propri giudizi impossibili, costosi e penalizzanti per chi li intraprende.

L’invito, subliminale e neanche tanto, è quello di dare il meno fastidio possibile, quindi di fidarsi della decisione del giudice di primo grado in maniera da sfoltire il lavoro dei sommi magistrati delle magistrature superiori e anche del grado di appello.

Le decisioni di primo grado, poi, vengono affidate in maniera sempre più massiccia a giudici onorari, la cui selezione costituisce un manuale vero e proprio della svendita nel commercio. E mi spiego: con uguali costi, uguale sostanziale inefficienza, uguale supponente presunzione, lo Stato italiano offre lo stesso scadente servizio, spendendo quattro soldi. Non solo, ma scrollandosi di dosso ogni pretesa di offrire un prodotto di qualità, dal momento che per fare il giudice onorario non si pretende neanche un dignitoso voto di laurea, o una certificata esperienza professionale, o il superamento di un test di quinta elementare.

Poi c’è la Cassazione che riesce a decidere bianco o nero, giallo o verde, libera di mortificare la certezza del diritto e garantendo che uguali situazioni vengano decise una volta in un senso e una volta in un altro.

Beati gli anglosassoni che, pragmatici quanto basta, sono vincolati dal precedente giudiziario che garantisce uguale trattamento per ogni singolo cristiano. Noi italiani, invece, siamo soggetti anche ai cambiamenti di umore o di pensiero del singolo magistrato. Nei prossimi mesi, per esempio, sarò impegnato in una causa di due dipendenti di una amministrazione pubblica che si sono visti negare un risarcimento dopo che un loro collega, nella medesima situazione, se lo era visto riconoscere. Il magistrato era lo stesso ed ebbe modo di dire in una epocale decisione che era ben conscio di avere deciso la stessa questione in una certa maniera, pochi mesi primi, ma “melius re perpensa” aveva cambiato idea.

Quando si dice la giustizia.

“E’ tutta colpa delle clausole generali del diritto”! Tuonò uno che aveva tanta esperienza. Quelle norme, cioè, il cui contenuto è tanto vago quanto modellabile alla bisogna; il tutto affidato alla interpretazione del singolo giudice, che declinato all’italiana porta, poi, a quegli scempi come quello appena raccontato.

Considerazioni, quelle suesposte, che portano gli operatori del diritto, come gli avvocati o gli studiosi, ove ancora portatori di un pensiero,  a ritenere che il sistema giustizia italiano è teoricamente evoluto, ma sostanzialmente corrotto. Ma, si badi bene, non corrotto nel senso propriamente italico del termine, cioè di scambio di beni per un risultato ingiusto, cosa che purtroppo viene pure registrata, ma corruzione nel senso di “andato a male”, marcito, depravato, informe, se non proprio putrido.

Ma del resto basta la considerazione che una causa debba durare obbligatoriamente almeno dieci anni, per esempio davanti al Tribunale di Potenza, perchè se una causa non ha compiuto almeno, appunto, i dieci anni, non può essere decisa, per poter definire la giustizia italiana un disservizio grave e pagato a caro prezzo, non solo per i contributi allo stato in termini di marche, di spese di registrazione e soldi, questi sempre meno, agli avvocati, ma soprattutto per la aleatorietà delle decisioni, per la mancanza della certezza del diritto e dei suoi tempi, per l’immancabile teatrino che ogni udienza costituisce, col balletto dei rinvii e tanto altro, rinvii, beninteso, che molto raramente sono il frutto delle richieste degli avvocati.

Probabilmente la mia visione della giustizia è condizionata dalla versione “lucana” della stessa, ma mi rifiuto di credere che la Basilicata, anche in questo caso, sia un’isola, stavolta infelice, continuando a essere convinto che se da qualche parte la giustizia davvero funziona, si tratta di eccezioni che confermano l’andazzo.

Lo Stato è responsabile di tutto questo, ma non paga mai, perché si è inventata una legge, ignobile, che rende ardua anche la tutela risarcitoria per la lunghezza dei processi.

Eppure la nostra Costituzione parla della solidarietà politica, economica e sociale, offendendo le intelligenze di chi è costretto ancora a studiarla, senza poter preferire un bel Tex o Diabolik o Topolino che, sia chiaro, sono molto più seri della carta costituzionale, icona della più squallida e incoerente italianità.

I marchingegni di una giustizia ridicola

Posted on 03. nov, 2017 by in Diritto e giustizia

I marchingegni di una giustizia ridicola

Fare l’avvocato non è mai stata attività semplice e possibile a chiunque.

Indiscutibilmente un rito facile, che metta al primo posto l’accertamento del merito, quindi del diritto sostanziale del quale si chiede tutela, consente al giudice di sopperire anche a eventuali “magagne” del difensore. E forse così era tanti anni fa.

Oggi, invece, i riti, sempre troppi, per la verità, sono diventati davvero complicati, sebbene la loro evoluzione abbia sempre trovato una logica nei fatti e una coerenza nelle intenzioni del legislatore.

Il processo è un autentico campo minato per esperti e il giudice, per lo più, sta lì a far scoppiare “le mine” sotto i piedi dell’avvocato e, quindi, sotto i piedi dell’utente.

Il difensore, pertanto, è chiamato a districarsi nel labirinto delle norme processuali più che in quelle del diritto sostanziale.

Se un tanto costituisca giustizia vera, è tutto da vedere, anzi è facile argomentare della sostanziale ingiustizia delle regole processuali che stroncano le liti sui diritti sul nascere,

ma, oggi come oggi, le cose stanno così ed è inutile discuterci sopra troppo.

Nell’auspicare, pertanto, una giustizia fondata su processi semplici, magari per il prossimo secolo, oggi conviene discutere sulla difficoltà di regole sempre più ostili e sempre più tese a deflazionare il contenzioso anziché a ripristinare secondo diritto quelle situazioni che danno inizio ai processi.

L’unica vera regola che potrebbe davvero deflazionare il contenzioso in maniera equa, senza cioè andare a pescare l’errore del difensore come attività specifica del giudice, sarebbe quella di processi veloci, o, meglio ancora, condotti in tempi “normali” e quindi non calcolabili in anni, ma in mesi.

Ma questa soluzione è l’unica rifiutata dai governi che si succedono i quali, invece, pensano che un processo potrà essere breve solo quando un giudice potrà averne da portare avanti solo pochissimi. Ma è invece accertato che i processi durano poco quando i tribunali funzionano, tant’è che ne esistono tanti capaci di risolvere le questioni in tempi rapidi, nonostante contenziosi enormi.

Tornano all’ordine del giorno i problemi sulla laboriosità dei giudici e sul loro numero. Sono davvero tutti laboriosi come richiede un sistema moderno e efficiente, o ancora, i giudici sono in numero sufficiente o sono pochi?

A queste domande non si usa rispondere e vai a capire poi perché. Si preferisce stabilire regole, per esempio, per le impugnazioni davvero ridicole, che prevedono principi stravaganti (penso al principio dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione) col risultato di partorire solo impugnazioni lunghe quanto romanzi, quando una volta, con processi più veloci, le impugnazioni erano contenute in quattro fogli, e questo a beneficio di tutti.

Di certo c’è che la vita dell’avvocato è diventata impossibile, devono essere sempre più bravi e infallibili e devono costare poco, o addirittura niente se sol si pensa che non è prevista alcuna maniera per garantire loro il pagamento dei compensi prima che la causa termini.

Una proposta seria potrebbe essere quella di pretendere, prima della pubblicazione della sentenza, la dichiarazione dei difensori di essere stati pagati con l’allegazione della relativa fattura, riuscendo anche, in tal guisa, a garantire una minore evasione fiscale, pena la mancata pubblicazione della sentenza.

Ma figuriamoci se potrà mai essere un pensiero del legislatore il pagamento del compenso all’avvocato. Questo può morire di fame o, se è bravo, guadagnare quello che vuole semmai anche frodando il fisco. Invece l’avvocato è essenziale nella difesa dei diritti, deve essere bravo e non deve avere troppi legacci o problemi a guadagnarsi il pane, dando un servizio alla comunità fondamentale nei paesi civili. Questo se si vuole giustizia e non solo la sua controfigura, come invece, usa in Italia, dove vige la giustizia spettacolo da prima pagina che non è neanche la lontana parente di una vera giustizia.

 

 

 

 

Il prezziario dei reati, editoriale del Roma di Basilicata

Posted on 10. ott, 2017 by in Argomenti, Commenti

Il prezziario dei reati, editoriale del Roma di Basilicata

Che la giustizia abbia da tempo intrapreso una deriva senza pari è un dato certo. La prova la otteniamo quotidianamente con le troppe sentenze di assoluzione per prescrizione, con decisioni sempre più povere di motivazione, superficiali, talvolta finanche zeppe di errori materiali, affidate, senza scampo, sempre di più a una magistratura onoraria che non offre alcuna garanzia di competenza, e infine con il netto prevalere di decisioni in rito che non affrontano più il merito delle vicende umane a lei sottoposte.

Fra l’altro la giustizia costa tanto e rende pochissimo, con tempi e efficienza in media ben lungi dal minimo sindacale, per dire.

Ma la perla legislativa della cosiddetta “giustizia riparativa”, davvero è sconvolgente. Ne abbiamo avuto una recente prova con la sentenza del Tribunale di Torino che ha fissato il prezzo per un reato di stalking, ben 1.500 euro.

La giustizia riparativa è, contrariamente a quello che pensa il legislatore italiano, che da anni dà segni evidenti di stravaganza, un complesso discorso che coinvolge vittima e responsabile del reato, li avvicina, li fa discutere, cerca di risolvere un conflitto e alla fine, solo alla fine, può consentire un risarcimento che elimini la responsabilità penale. Una sorte di privatizzazione della funzione sanzionatoria dello Stato, in un determinato ambito di reati, che, beninteso, non assolve al compito di deflazionare il contenzioso, bensì a quello, ben più nobile e preventivo, di responsabilizzare e rendere consapevole l’autore, mettendolo a confronto con la vittima, del disvalore sociale della sua azione.

Per il legislatore italiano, invece, un tanto nobile e complesso disegno socio-rieducativo è ridotto alla quantificazione del danno da reato, senza neanche attribuire alla vittima voce in capitolo, ma affidando a un giudice la determinazione del prezzo.

A Torino lo stalker ha offerto 1.500 euro per essere assolto, la vittima li ha rifiutati e il giudice ha sentenziato che bastavano.

Roba dell’altro mondo. Fra poco avremo un vero e proprio prezziario e chi vorrà, potrà decidere di compiere un reato avendo la disponibilità per farselo estinguere.

Sarà, infatti, decisamente poco credibile avere in Italia un prezziario differente da corte di appello a corte di appello, a meno che uno stalking in Calabria non valga addirittura meno di uno in Piemonte. Poi avremo anche le dovute differenze: immagino costerà di più stalkerizzare una persona in vista rispetto a una povera commessa, per dire, e ingiustizia sacrosanta sarà compiuta, secondo i canoni della giurisprudenza italiana, capace di risolvere i casi con soluzioni una in contrasto con un’altra.

Poi arriverà la Cassazione -tutti in piedi- che sentenzierà che se la persona è poco nota e disoccupata, semmai, il danno non supera i 600 euro, e prelibatezze giuridiche del genere.

Ma il mondo della politica è insorto: così non va, la legge va cambiata! Ma l’hanno fatta loro, è giusto ricordare, e quindi è doveroso aggiungere che non sono assolutamente capaci e che il loro esclusivo fine, spinti da una magistratura sempre più insofferente a trattare le cause, è quello di deflazionare i ruoli delle cause pendenti.

Una maniera come un’altra per fare somma ingiustizia in un paese che, invece, ne ha davvero tanto bisogno. Ma di giustizia sostanziale, non di finta giustizia, come la nostra dove un legislatore scadente e premuroso verso le esigenze delle toghe, ha costruito un campo minato per il processo, nel quale è facile saltare in aria con una dichiarazione di improcedibilità o inammissibilità, a ogni tentativo di seria difesa.

Un paese senza una compiuta giustizia è un paese misero culturalmente, tendente al dispotismo, sebbene porti la maschera della democrazia. Una deriva di questa grandezza la si combatte con una magistratura seria e responsabile, e non da prima pagina ovvero superficialmente sciatta e con una avvocatura che abbia coscienza del suo ruolo nella società. Diversamente sarà davvero notte fonda.

Ah!, a proposito, quanto costa una bella diffamazione? Datemi un numero che comincio a risparmiare.

La condanna

Posted on 06. ago, 2017 by in Letteratura, Letture, Racconti

La condanna

Il giudice aveva già deciso di dar ragione all’ente convenuto in giudizio da un suo funzionario. Mancava la statuizione sulle spese del giudizio.
Aveva ampia discrezionalità, sapeva che poteva scrivere quello che voleva; la legge non gli poneva particolari condizioni. In genere, in quel tipo di cause, le spese venivano compensate, e cioè veniva statuito che ogni parte avrebbe soddisfatto le ragioni del proprio avvocato. Ma avrebbe potuto condannare anche la parte soccombente a pagare le spese della parte vittoriosa.
Il giudice posò gli occhiali e ci penso su.
Avrebbe potuto condannarlo non foss’altro che per educare la gente a non adire la giustizia con tanta facilità, ma sapeva che non sarebbe stato giusto.
Era tentato, insomma, ma qualcosa lo frenava.
Usare il suo potere per svolgere una funzione diversa, pedagogica, non gli apparteneva, a differenza di tanti suoi colleghi molto inclini a sentirsi veri padreterni in terra.
Sarebbe stata la sua prima volta.
Aprì il frigorifero e prese una birra, andò a sistemarsi dietro la finestra e indugiò a guardare i passanti.
Finì la birra e tornò alla scrivania. Impugnò la bic nera e scrisse: condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giustizia liquidandole in €. 15.000,00.
Una cifra spropositata.
Era eccitato, riaprì il frigorifero e prese un’altra birra.
Capì che fare il giudice poteva dare piacere insospettabili; sorrise soddisfatto e si dedicò ad altro.

Ve la racconto io la giustizia, atto secondo. Una giornata in tribunale di qualche tempo fa.

Posted on 06. giu, 2017 by in Diritto e giustizia

Ve la racconto io la giustizia, atto secondo. Una giornata in tribunale di qualche tempo fa.

Il mondo della giustizia è un mondo del quale, spesso a sproposito e anche dai cosiddetti addetti ai lavori, si parla da mane a sera. La crisi della giustizia, processi lenti, prescrizione breve, Berlusconi vittima (ma di che?), giustizialismo, no!, garantismo, pene certe, carceri piene, poche carceri, funiculì funiculà; ma niente può chiarire le idee meglio della conoscenza di come va un’udienza. Ne prendo una a caso, fresca fresca, quella di oggi. Il giudice non è un togato, ma un giudice onorario (dicasi onorario un giudice che fa il giudice senza aver superato un concorso, a quattro soldi, ma col cipiglio di un giudice vero e proprio). Al malcapitato onorario viene affidato un ruolo, e poi per l’occasione anche un altro –in sostituzione- per coprire una vacanza. Quindi il giudice terrà in uno stesso giorno due udienze; sembra efficienza, ma in effetti è solo una baraonda. Per un motivo noto solo al Grande Puffo, viene trattato prima il ruolo sopraggiunto. Di un tanto si viene resi edotti soltanto nella giornata dell’udienza, e sempre che tu stia presente dal primo minuto a sentire la breve introduzione del giudice onorario che in pochi secondi rappresenta come si procederà. Chi non si trova in quel preciso momento a sentire il giudice non capirà più un tubo della giornata. Insomma che si fotta, e trullallà. Beninteso, testimoni, avvocati, periti ecc. ecc., sono stati convocati per le nove e mezzo, che si tratti del ruolo ordinario o di quello aggiunto. La marea di persone a vario titolo interessate popolano l’aula di udienza fra uno sbadiglio e una passeggiata, mai troppo distante perché si potrebbe essere chiamati da un momento all’altro, e guai a non farsi trovare, perché, sia chiaro, la giustizia, quella contro di te, non ammette ritardi. Il ruolo aggiunto viene trattato con cipiglio e passione. Si arriva all’una ed è quasi esaurito, ma mancano i fascicoli del ruolo ordinario, e quindi scenetta nella scenetta, i cancellieri si litigano a voce alta su chi debba andare a prenderli. Viene quindi offerto, gratuitamente, uno spaccato di vita verace, a un pubblico attonito, sorpreso e vagamente confuso. Esaurita la contesa fra cancellieri, verso le ore 13:30 circa si può iniziare il ruolo ordinario, se non fosse che qualche avvocato si lamenta per il trattamento subito. Una delegazione di avvocati più o meno indignati si riversa del Presidente del Tribunale, e questi, lancia in resta, a capo di un codazzo di avvocati, in stile dott. Guido Tersilli (da “il medico della mutua” Alberto Sordi), si reca dal giudice onorario per aggiustare la situazione. Breve conciliabolo e tutto è a posto. Gli avvocati avranno giustizia, rispetto e la loro dignità è salva, chissà come, chissà quando, però. E si riprende l’udienza. L’ordine di trattazione dei processi non è chiaro: non è quello del ruolo (che pure sarebbe più o meno casuale), sembra quello del “chi ha fretta?”, senza certificazione dell’impegno che si rischia di perdere, oppure quello del “chi viene da fuori”, che è sempre un bel criterio, oppure quello del classico “qualcuno ha delle esigenze particolari da rappresentare?”; a questa domanda i più furbi, o disgraziati, a seconda, possono rappresentare una prostata difettosa, un imminente collasso, un infarto all’orizzonte, e sono accontentati. Semmai chi veramente è a rischio, per pudore tace, e sopporta. Poi c’è sempre l’avvocato che aspetta dalle nove e che appena esce per fare un bisognino si sente chiamare la causa, e deve tornare mentre si abbottona la patta, redarguito –accade, o se accade- perché non si è fatto trovare pronto all’appello. Poi l’udienza scivola fra un rinvio e un’eccezione, ma senza vita, senza pathos, senza niente di quello che serve alla giustizia. La strada della prescrizione è lì spianata davanti agli occhi e fa parimenti gola agli imputati e terrore alle parti offese. Forse alla fine verrà letta pure qualche sentenza, ma non è quello il punto. Questa giustizia fa letteralmente schifo. In udienza viene rappresentato un Muppet show quotidiano senza senso alcuno. Ovviamente il fatto più recente che viene giudicato ha almeno qualche anno sul groppone. Ma cionondimeno la giustizia mostra sempre il grugno e il cipiglio della severità, della sacralità (ho una toga!, dicono a turno giudici o avvocati) della tragicità. E invece è un teatrino neanche troppo divertente. Un rito vecchio, ansimante, polveroso, con interpreti stupidamente fieri di un ruolo che ormai è del tutto secondario nella vita di un paese, abituato a fare a meno della giustizia, ovvero ad accontentarsi di quella che provoca un arresto cautelare, semmai smentito, dopo qualche anno, da una sentenza assolutoria. Ma la colpa di chi è? Che domande. Del Fantasma Formaggino, perbacco.

PS: succede pure che qualcuno perda le staffe, durante queste cerimonie cerimoniose, ma tranquilli, passerà per pazzo. I saggi borbottano solo qualcosa, ma poi sorridono e si scusano per il disturbo.

Ve la racconto io la giustizia

Posted on 05. giu, 2017 by in Città di Potenza, Commenti, Diritto e giustizia

Ve la racconto io la giustizia

Un signore, che oggi ha circa 76 anni, qualche tempo fa cominciò una causa civile presso il Tribunale di Potenza. Dopo le schermaglie procedurali di rito il Giudice decise che la causa poteva essere decisa e all’uopo fissò la data dell’1/3/2013.

Quando arrivò l’udienza, però, il giudice disse che non poteva deciderla, perché ce ne erano di più vecchie e la rinviò al 25/9/15, più di due anni, cioè, di rinvio.

Ma l’udienza non si tenne perché pervenne avviso, da parte del giudice, prima della fatidica data, di un nuovo rinvio, al 9/6/17, quindi un rinvio di più di due anni ancora.

Il signore, data l’età e condizioni fisiche non ottimali, presentò una istanza, corredata da certificato medico, chiedendo umilmente una anticipazione dell’udienza.

Il Giudice negò l’anticipazione mostrando una inflessibilità direi teutonica.

Ora che sta per arrivare il giorno della conclusione è arrivato l’avviso di un nuovo rinvio, non teutonico questo, al 17/10/2018, per gradire.

In definitiva, al 2018, se davvero verrà decisa la causa, saranno passati cinque anni e mezzo solo dell’udienza di precisazione delle conclusioni, le altre precedenti a parte.

A questo punto il lettore può esprimere un suo giudizio pari a

10 se ritiene la giustizia italiana molto seria

8 se la ritiene sufficientemente seria

6 se la ritiene scarsamente seria

4 se la ritiene una schifezza

2 se la ritiene meno di una schifezza

0 se si rifiuta finanche di commentare.

Sarebbe da sostenere la possibilità di celebrare le cause all’estero, tanto se i lavoratori possono circolare liberamente perché non anche le cause?

 

 

La voglia.

Posted on 14. apr, 2017 by in Argomenti, Racconti

La voglia.

Quando il Presidente annunciò la data del rinvio, il vecchio avvocato storse la bocca: chissà se camperò altri tre anni, si ripetè borbottando.

All’uscita dall’aula si chiese come avrebbe fatto a morire senza sapere come andava a finire la vicenda del suo fedele cliente: sarebbe morto con una voglia, come quando si nasce; la sua anima avrebbe portato un segno indelebile di questo suo desiderio. Si sorrise e fece ritorno a casa, sedette a tavola, si legò il tovagliolo attorno al collo e si tuffò in un piatto di spaghetti.

L’Orlando molto poco furioso. Editoriale del Roma Cronache Lucane

Posted on 04. apr, 2017 by in Argomenti, Diritto e giustizia, Politica nazionale

L’Orlando molto poco furioso. Editoriale del Roma Cronache Lucane

Il ministro Orlando si e’ candidato alla segreteria del PD dall’alto del suo rapporto di fiducia con l’ex premier Renzi. Renzi lo scelse per riformare definitivamente la giustizia, si’, quel trabiccolo che si barcamena fra una prescrizione e un arresto cautelare, con contorno di processi civili lunghi e costosi. Orlando e’ stato confermato da Gentiloni, chissa’ se per rispetto o sottomissione a Renzi, per mancanza di alternative, per pigrizia o per ponderata decisione.

Orlando ora si candida in alternativa a Renzi. Facile pensare che sia una strategia per polarizzare parte dell’opposizione all’ex premier e nulla piu’. Ma potrebbe anche darsi che il ministro e’ cresciuto e da signor quasi nessuno, passando per una riforma solo annunciata della giustizia, sia pervenuto alla convinzione di poter guidare il secondo partito italiano.

Il suo curriculum, beninteso privo di laurea, ma di questi tempi una laurea e’ scomoda, inutile (meglio andare a zappare si diceva una volta), ma soprattutto sempre al vaglio di malpensanti che sono sempre al lavoro come i becchini, prevede appunto un bel fallimento nella riforma della giustizia. Non gli sono bastati circa quattro anni per rivoluzionare, alla Renzi, il pianeta piu’ machiavellico della nazione. Le soluzioni fin qui maturate trovano il disappunto dei magistrati; il che potrebbe anche essere secondario, visto quali sono i criteri adottati dalla prestigiosa categoria. Il problema e’ che la riforma e’ ferraginosa e melmosa. Sembra, come troppo spesso capita ai nostri politici, guardare al presente e non ai prossimi venti anni, come una riforma necessariamente dovrebbe.

Le linee guida sono dettate dalla cronaca giudiziaria quotidiana o degli ultimi anni, dalle polemiche correnti. Nascono, quindi, con un requisito sbagliato, cioe’ quello di non darla vinta a qualcuno, sottrarre strumenti processuali oggi molto in voga, ovvero condizionare un potere dello Stato. Una riforma dovrebbe essere altro, guardare molto lontano, basarsi su principi giuridici fondanti, laddove esistenti, risolvere preventivamente questioni costituzionali, avere un obiettivo di efficienza, giustizia e massimo diritto di difesa. Presuppone una scelta metodologica basata su fondamenta giuridiche solide. Insomma ci devono lavorare prima giuristi, fior di giuristi, e poi i politici, e anche in questo caso dovrebbe trattarsi di fior di politici, non gli ex portaborse che, dopo una onorata carriera da autisti qualificati, oggi occupano le aule del parlamento, salve le poche eccezioni, ovvio.

A ogni modo, in queste occasioni si palesa il deficit democratico italiano. Al popolo e’ sottratta qualsiasi decisione, perche’ dovremmo avere i nostri rappresentanti che le prendono per noi. Costoro, in Parlamento, devono votare o meno una fiducia, coi ricatti che questa comporta e senza dibattito alcuno, quindi, con buona pace dei doveri di rappresentanza nei nostri confronti, la cosiddetta riforma compete a pochissime persone le cui qualita’ di riformatori vengono bocciate metodicamente dalla Corte Costituzionale o dal Consiglio di Stato. Insomma, poteva andarci meglio. Intanto la giustizia fa acqua da tutte le parti e il restauratore Orlando vola verso alte mete politiche che, stanti i risultati del suo lavoro, ha poche chances di raggiungere.

Vabbe’, andra’ meglio alla prossima tornata. Affidiamoci a Dio, o al caso, e non se ne parli piu’.

Azzardi poetici

Posted on 26. mar, 2017 by in Racconti

Azzardi poetici

La musica si diffuse all’improvviso nelle aule di giustizia, dove si celebrava il nulla, fra rinvii, impedimenti, e sentenze ingiuste.

L’attempato avvocato non seppe trattenersi e si scatenò in uno sfrenato balletto.

Le reazioni furono diverse: un anziano avvocato storse la bocca disgustato; il giudice chiamò le guardie; la giudice si spaventò e chiamò il suo ragazzo col cellulare; il cancelliere sorrise di gusto; un giovane avvocato indicò il neo ballerino con sarcasmo agli amici; un testimone impallidì.

Ma nessuno ballò.

Volarono parole grosse. Le guardie arrivarono e arrestarono il ballerino. Lo portarono via. Ma la musica non smise di suonare. Appena fuori le guardie liberarono l’avvocato e gli chiesero “ma come si fa”?

E l’avvocato disse “basta seguire il ritmo e fottersene”.

E ballarono tutti e tre.

Il rinvio

Posted on 25. mar, 2017 by in Attualità, Letteratura, Letture, Racconti

Il rinvio

Il giudice sbirciò nell’aula e quando vide che si era creato il giusto clima di attesa, scampanellò e vi fece ingresso. Posò il codice, mormorò un “buongiorno” e si sedette. Un paio di avvocati fecero per avvicinarsi per perorare, probabilmente, situazioni particolari, come ottenere una precedenza in elenco di trattazione o altro. Li bloccò tutti con un cenno della mano e disse al microfono: “Signori è con profondo rammarico che devo prospettarvi l’impossibilità che l’odierna udienza si tenga regolarmente. Devo comporre il collegio per la concomitante assenza del giudice Paoloni, quindi provvederò a chiamare velocemente i processi ed a rinviarli nello stesso stato in cui venivano per la data odierna. Il rinvio è, per tutti i processi, al 30 giugno del prossimo anno, perchè purtroppo prima non si può. Mi scuso con gli avvocati, le parti e i testimoni, ma non posso farci niente”, “ma potevate avvisarci”, “io vengo da Salerno” “la mia causa viene rinviata da tre anni”; il giudice perse la pazienza: “non posso farci niente, come devo dirvelo. E ora silenzio in aula, o la faccio sgomberare.” –Insopportabili- pensò il Giudice. Quindi rinviò tutte le cause, riprese il codice e scomparve.

La miseria

Posted on 24. mar, 2017 by in Città di Potenza, Letteratura, Racconti

La miseria

“Ognuno dovrebbe rendersi conto della sua personale miseria, prima di giudicare quella degli altri”.

Queste furono le ultime parole dell’imputato prima che il giudice si ritirasse per deliberare.

Dopo appena dieci minuti il giudice fece rientro in aula e recitò un laconico dispositivo di sentenza che dichiarava l’imputato colpevole comminandogli una pena di quattro anni di reclusione.

L’ormai condannato sorrise discretamente, e, alzatosi in piedi disse rivolto al giudice “Io la ammiro, perché, quanto a stronzaggine, lei è un campione”.

Le guardie intervennero e lo portarono via, sebbene evidentemente non ci fosse pericolo alcuno per il magistrato.

La sentenza non era definitiva, pertanto il condannato si ritrovò fuori del tribunale a bighellonare. Entrò in un bar e bevve a sazietà birra fredda, poi, finiti i soldi, uscì e si incamminò verso casa.

Nel frattempo il giudice rimuginava sulle parole che gli aveva rivolto quell’irrispettoso delinquente e la presumibile figura che aveva fatto nella pubblica udienza. Già godeva fama di giudice severo, ma sentirsi chiamare stronzo era una infamante ingiuria che non buttava giù. Cionondimeno si rifiutava di chiedere personale giustizia per quel gesto, non voleva offrirsi allo scherno di colleghi e cancellieri, con contorno di avvocati. No, meglio non sollevare polveroni, tacere e far finta di niente. Ma non riusciva a rasserenarsi.

Chiamò la sua segretaria, sperando che la sua presenza lo riconciliasse col mondo, ma la gradevole collaboratrice non rispose al telefono. Allora le mandò un messaggio. Ma non ricevette risposta. La gelosia montò senza una ragione seria. Si incattivì ancora di più e sedette stravolto.

Poi ricordò la frase del delinquente sulla miseria e si accorse di quanto davvero fosse misero, nella sua cattiveria, nella sua mancanza di sentimenti, nella sua arida presunzione.

E pianse, pianse, a dirotto.

Quando si sentì scarico, però, riaffiorò la sua miseria, ma stavolta non lo colpì negativamente, gli servì come carica per la futura sentenza che lo aspettava. Quindi fece rientro in udienza più baldanzoso che mai.

 

Giustizia a 4 euro, editoriale del Roma Cronache Lucane del 10 febbraio 2017

Posted on 10. feb, 2017 by in Amenità, Argomenti, Città di Potenza, Diritto e giustizia

Giustizia a 4 euro, editoriale del Roma Cronache Lucane del 10 febbraio 2017

-Mi scusi, domani si terrà l’udienza penale del Giudice XYX?

-E’ in dubbio, il Giudice ha un impegno professionale concomitante. Purtroppo non posso essere precisa.

Un esempio di dialogo fra un avvocato e un cancelliere nel tal tribunale.

Ma il testo del dialogo necessita di una spiegazione.

Il Giudice in questione è un giudice onorario che, oltre a fare il giudice, fa anche l’avvocato. No, non vi allarmate, non lo fa nello stesso tribunale dove fa il giudice, questo il legislatore ce lo risparmia.

Ebbene il giudice in questione deve tenere la sua classica udienza penale, perché gli è stato affidato un vero e proprio ruolo, cioè un tot di cause da trattare e decidere come un giudice togato, uno cioè che ha superato un concorso. Non è retribuito con uno stipendio, ma con una miseria, senza nessuna delle garanzie, in genere, garantite ai lavoratori dipendenti. Si potrebbe pensare che i got siano sfruttati dallo Stato, depositario e controllore della legalità. Ma non è così, perché lo sfruttamento dei lavoratori per legge non può avvenire da parte dello Stato, perché se no “e che diamine”!

Il got, pertanto, può avere anche altro da fare, quantomeno per campare e, quindi, se nella stessa data ha una udienza penale e un impegno professionale da avvocato, deve decidere quale dei due lasciar perdere. Vista la responsabilità che gli compete come avvocato, probabilmente più grande di quella che lo Stato pretende per una udienza, dovrà prediligere l’impegno professionale e rinviare l’udienza.

Quindi la giustizia italiana viene dopo un impegno professionale di un giudice, seppur onorario, ma che svolge appieno tutte le funzioni della giurisdizione.

Ora se se ne viene qualcuno e ripete il solo ritornello dell’Italia Repubblica delle banane, io mi arrabbio! Perché non è così.

La giustizia in Italia è un concetto relativo. Se un giudizio può durare fino al maturare della prescrizione cosa si può pretendere da un giudice onorario, che probabilmente deve anche fare la spesa, solo perché rinvia una udienza? Nulla, e ci mancherebbe. Anzi tutta la solidarietà al giudice onorario, fa niente se avvocati, imputati, parti civili, testimoni, CTU faranno un giro a vuoto nel tribunale per il suo impegno personale.

Quanto allo Stato italiano, tutto impegnato a inventarsi una legge elettorale che abbia i requisiti minimi di costituzionalità, accontenti tutti i famelici partiti, anzi anche le singole correnti e quindi uno Stato davvero indaffarato con cose serie:

ha scelto di delegare la giustizia a giudici onorari che fanno anche altro, senza testarne la preparazione con un concorso, pur di risparmiare. Uno Stato che risparmia sulla giustizia è uno Stato irresponsabile. Uno Stato che riesce a posporre il servizio della giustizia agli impegni personali del giudice onorario è uno Stato carnevalesco. Un paese che sopporta tutto questo è un paese di ospiti, non di cittadini.

PS: presso il tal tribunale manca anche chi predisponga i fascicoli materialmente per la causa, la carta per le fotocopie e qualche altra cosuccia, per gradire. Ma non parlatemi di inefficienza dello Stato italiano, è solo una coincidenza.

Occhio per occhio, editoriale del Roma Cronache Lucane del 6/2/17

Posted on 06. feb, 2017 by in Argomenti, Città di Potenza, Diritto e giustizia, Regione Basilicata

Occhio per occhio, editoriale del Roma Cronache Lucane del 6/2/17

Un uomo che ha perso la giovane moglie in un incidente autolobilistico, si arma e vendica la sua morte sparando al suo assassino. Erano passati sei mesi dalla morte della moglie. La giustizia ancora non è intervenuta a giudicare l’omicidio colposo e ora non ce ne sarà più bisogno.

Siamo all’occhio per occhio.

È tutto normale?

Pare che sui social, nel frattempo, si era scatenata una corsa alla solidarietà che ha fomentato, anziché lenire, gli stinti di vendetta del marito.

Un omicidio volontario per un omicidio colposo.

Qualche domanda, più di qualcuno dovrebbe porsela.

In tempi nei quali la giustizia predilige far prescrivere i reati, sei mesi sono un battito di ciglia, ma, in un paese dove la civiltà giuridica ha valore e cittadinanza, per un caso così classico, potrebbero essere una eternità.

Ora abbiamo due giovani morti e uno che finirà i suoi giorni, o buona parte, in galera.

Fosse intervenuta una giustizia tempestiva saremmo a questo punto o si sarebbe evitata l’ennesima tragedia?

Ecco, sarebbero doverose piú riflessioni: una sulla giustizia italiana, un’altra sui pericoli dei social.

Io so  di casi in cui per discutere un incidente di esecuzione, che, tradotto, significa come dissequestrare un immobile, per esempio, a seguito di un provvedimento quantomeno fantasioso, ci vogliono i mesi. E qui siamo alla patologia della giustizia, perché se per sequestrare un immobile basta uno schiocco di dita di un Gip, non è concepibile che per restituire l’immobile senza contrasti di opinione per quello stesso Gip ci vogliano i mesi.

Quindi la giustizia, con tutte le sue prescrizioni, gli arresti fasulli e le inchieste da prima pagina, non funziona. E fin qui, noi italiani, la sappiamo lunga, ma se questa (in)giustizia si trasforma in giustizia fai da te, qualche campanello di allarme dovrebbe suonare. Invece pare che la cosa lasci quieti o indifferenti sociologi, editorialisti e giuristi, ministri e sottosegretari.

Quando ci si deciderà a rendere i processi seri, cioè rapidi e discreti, sarà comunque troppo tardi, ormai.

Sui social, invece, si spendono molte parole. Il controllo di quello che vi accade non esiste e chissà se potrà esistere mai, sebbene il numero di reati causa social sia preoccupante e in continuo aumento.

Anche in questo caso la giustizia arriva dopo, tardi e non riesce a prevenire. Ma chiunque provi a chiedere tutela preventiva di fronte a situazioni di conclamato pericolo, si rende conto come, in Italia, sia una autentica utopia. Del resto se la giustizia non funziona dopo, figuriamoci se può mai arrivare a prevenire reati per quanto facilmente prevedibili.

Un rimedio pare non esista se non una educazione all’uso dei social che avvenga fin dai primi anni dei loro utilizzo da parte dei giovanissimi, ma anche questo non sembra nell’agenda di nessuno che comanda.

E quindi si naviga a vista e continueremo a vivere nelle emergenze le piú varie, senza che nessuno si chieda se magari lui stesso non abbia una qualche responsabilitá perchè queste sono sempre degli altri e se questo lo pensano i nostri amministratori, siamo pressoché fritti.

Augh.

Riflessi di beatitudine

Posted on 21. mar, 2015 by in Racconti

L’udienza scorreva fluida come può essere fluida un’udienza di tribunale in Italia.

Gli avvocati si avvicendavano attorno a un bancone dietro il quale sedeva il giudice, un uomo mite, riservato, che parlava sempre sottovoce.

L’aula era grande, ma abbastanza affollata.

A un certo punto entrarono due poliziotti in uniforme che si sistemarono ai lati dell’aula come a controllare cosa accadesse.

Poi, all’unisono, controllarono gli orologi e fecero un segno con la mano chissà diretto a chi e per quale motivo.

Un attimo dopo si scatenò la musica e fece ingresso l’avvocato ballerino. Al giudice avevano raccontato cosa era accaduto l’anno precedente e sapeva anche che al ballerino avevano comminato una sanzione disciplinare, ma lui aveva riso dell’episodio condannando, dentro di sé, la reazione dell’Ordine.

L’avvocato, in mezzo alla sala delle udienze, ballava scatenato, i due militi controllavano che nessuno interferisse e lentamente cominciarono a seguire il ritmo finendo per unirsi all’avvocato. Il giudice si alzò e fra lo stupore generale si unì al trio.

Qualcuno chiamò, però, i carabinieri, che, seppure a malavoglia, arrestarono tutti.

Interruzione di pubblico servizio, fu l’accusa.

I cinque furono processati per direttissima e condannati a un anno di reclusione, ma con la pena sospesa, da un giudice anziano che celebrando il processo non la smetteva di scuotere la testa.

E così la giustizia italiana si riscattò da decenni di incredibili ritardi.

Dicono che alla lettura della sentenza i cinque si guardarono e sorridendo alzarono il pollice in segno di ok.

<ul><li><strong>woo_feat_page</strong> - </li><li><strong>woo_inc_feat_page</strong> - false</li><li><strong>woo_feat_pages</strong> - </li><li><strong>woo_inc_feat_pages</strong> - false</li><li><strong>woo_uploads</strong> - a:3:{i:0;s:75:"http://www.lucianopetrullo.com/blog/wp-content/woo_uploads/5-safe_image.png";i:1;s:72:"http://www.lucianopetrullo.com/blog/wp-content/woo_uploads/4-Luciano.jpg";i:2;s:69:"http://www.lucianopetrullo.com/blog/wp-content/woo_uploads/3-logo.png";}</li><li><strong>woo_show_featured</strong> - true</li><li><strong>woo_textlogo</strong> - false</li><li><strong>woo_gravatar</strong> - true</li><li><strong>woo_contactme</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_bio</strong> - </li><li><strong>woo_twitter</strong> - </li><li><strong>woo_highlights_tag</strong> - potenza</li><li><strong>woo_highlights_tag_amount</strong> - 6</li><li><strong>woo_featured_tag</strong> - </li><li><strong>woo_featured_tag_amount</strong> - 4</li><li><strong>woo_highlights_show</strong> - true</li><li><strong>woo_also_slider_enable</strong> - true</li><li><strong>woo_slider_heading</strong> - Sul Blog si parla ancora di...</li><li><strong>woo_recent_archives</strong> - #</li><li><strong>woo_excerpt_enable</strong> - false</li><li><strong>woo_contact_page_id</strong> - </li><li><strong>woo_featured_image_dimentions_height</strong> - 371</li><li><strong>woo_featured_sidebar_image_dimentions_height</strong> - 78</li><li><strong>woo_hightlights_image_dimentions_height</strong> - 75</li><li><strong>woo_video_browser_init</strong> - 5</li><li><strong>woo_slider_pages</strong> - </li><li><strong>woo_inc_slider_pages</strong> - false</li><li><strong>woo_automate_slider</strong> - false</li><li><strong>woo_intro_page</strong> - </li><li><strong>woo_inc_intro_page</strong> - false</li><li><strong>woo_home_sidebar</strong> - Select a sidebar:</li><li><strong>woo_page_sidebar</strong> - Select a sidebar:</li><li><strong>woo_blog_sidebar</strong> - Select a sidebar:</li><li><strong>woo_also_slider_image_dimentions_height</strong> - 144</li><li><strong>woo_single_post_image_width</strong> - 280</li><li><strong>woo_single_post_image_height</strong> - 380</li><li><strong>woo_archive_page_image_width</strong> - 200</li><li><strong>woo_archive_page_image_height</strong> - 220</li><li><strong>woo_themename</strong> - The Journal</li><li><strong>woo_shortname</strong> - woo</li><li><strong>woo_manual</strong> - http://www.woothemes.com/support/theme-documentation/the-journal/</li><li><strong>woo_alt_stylesheet</strong> - brown_boxed.css</li><li><strong>woo_logo</strong> - http://www.lucianopetrullo.com/blog/wp-content/woo_uploads/5-safe_image.png</li><li><strong>woo_custom_favicon</strong> - </li><li><strong>woo_google_analytics</strong> - <script type=\"text/javascript\">

  var _gaq = _gaq || [];
  _gaq.push([\'_setAccount\', \'UA-703470-4\']);
  _gaq.push([\'_trackPageview\']);

  (function() {
    var ga = document.createElement(\'script\'); ga.type = \'text/javascript\'; ga.async = true;
    ga.src = (\'https:\' == document.location.protocol ? \'https://ssl\' : \'http://www\') + \'.google-analytics.com/ga.js\';
    var s = document.getElementsByTagName(\'script\')[0]; s.parentNode.insertBefore(ga, s);
  })();

</script></li><li><strong>woo_feedburner_url</strong> - </li><li><strong>woo_custom_css</strong> - </li><li><strong>woo_home_top</strong> - About</li><li><strong>woo_home_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_page_ex</strong> - </li><li><strong>woo_popular</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_content</strong> - false</li><li><strong>woo_content_archives</strong> - false</li><li><strong>woo_resize</strong> - true</li><li><strong>woo_auto_img</strong> - true</li><li><strong>woo_home_width</strong> - 197</li><li><strong>woo_home_height</strong> - 100</li><li><strong>woo_thumb_width</strong> - 75</li><li><strong>woo_thumb_height</strong> - 75</li><li><strong>woo_cat_nav_1</strong> - false</li><li><strong>woo_ads_rotate</strong> - true</li><li><strong>woo_ad_image_1</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-1.gif</li><li><strong>woo_ad_url_1</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_image_2</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-2.gif</li><li><strong>woo_ad_url_2</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_image_3</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-3.gif</li><li><strong>woo_ad_url_3</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_image_4</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-4.gif</li><li><strong>woo_ad_url_4</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_image_5</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-4.gif</li><li><strong>woo_ad_url_5</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_image_6</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-4.gif</li><li><strong>woo_ad_url_6</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_archive_content</strong> - false</li><li><strong>woo_search_content</strong> - false</li><li><strong>woo_cat_menu</strong> - false</li><li><strong>woo_portfolio_cat</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_port_in_nav</strong> - false</li><li><strong>woo_port_prev_title</strong> - Thumbnails</li><li><strong>woo_port_prev_ins</strong> - Click on images below to load a larger preview.</li><li><strong>woo_ad_125_adsense_a</strong> - </li><li><strong>woo_ad_125_image_a</strong> - http://woothemes.com/ads/woothemes-125x125-1.gif</li><li><strong>woo_ad_125_url_a</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_125_adsense_b</strong> - </li><li><strong>woo_ad_125_image_b</strong> - http://woothemes.com/ads/woothemes-125x125-2.gif</li><li><strong>woo_ad_125_url_b</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_125_adsense_c</strong> - </li><li><strong>woo_ad_125_image_c</strong> - http://woothemes.com/ads/woothemes-125x125-3.gif</li><li><strong>woo_ad_125_url_c</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_125_adsense_d</strong> - </li><li><strong>woo_ad_125_image_d</strong> - http://woothemes.com/ads/woothemes-125x125-4.gif</li><li><strong>woo_ad_125_url_d</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_minifeat_height</strong> - 110</li><li><strong>woo_nav_exclude</strong> - </li><li><strong>woo_scroller_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_about_header</strong> - </li><li><strong>woo_about_text</strong> - </li><li><strong>woo_about_button</strong> - </li><li><strong>woo_button_link</strong> - </li><li><strong>woo_about_photo</strong> - </li><li><strong>woo_cat_box_1</strong> - false</li><li><strong>woo_cat_box_1_image</strong> - </li><li><strong>woo_blog_navigation</strong> - false</li><li><strong>woo_blog_subnavigation</strong> - false</li><li><strong>woo_blog_permalink</strong> - </li><li><strong>woo_blog_cat</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_featured_posts</strong> - 2</li><li><strong>woo_ad_header</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_header_code</strong> - </li><li><strong>woo_ad_header_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/468x60a.jpg</li><li><strong>woo_ad_header_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_top</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_top_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_top_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/468x60a.jpg</li><li><strong>woo_ad_top_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_content</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_content_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_content_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/728x90a.jpg</li><li><strong>woo_ad_content_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_300_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_300_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/300x250a.jpg</li><li><strong>woo_ad_300_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_blog_cat_id</strong> - </li><li><strong>woo_the_content</strong> - true</li><li><strong>woo_ad_mpu_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_3col_height</strong> - 150</li><li><strong>woo_ad_footer_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_cat_color_1</strong> - </li><li><strong>woo_pf_cat</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_home_normal</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_portfolio_image_width</strong> - </li><li><strong>woo_portfolio_image_height</strong> - </li><li><strong>woo_posts_image_width</strong> - </li><li><strong>woo_posts_image_height</strong> - </li><li><strong>woo_sidebar_ad_img_1</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-1.gif</li><li><strong>woo_sidebar_ad_href_1</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_sidebar_ad_img_2</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-2.gif</li><li><strong>woo_sidebar_ad_href_2</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_sidebar_ad_img_3</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-3.gif</li><li><strong>woo_sidebar_ad_href_3</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_sidebar_ad_img_4</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-125x125-4.gif</li><li><strong>woo_sidebar_ad_href_4</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_enable_all_category</strong> - false</li><li><strong>woo_bgr</strong> - darkblue.css</li><li><strong>woo_right_sidebar</strong> - true</li><li><strong>woo_archives</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_layout</strong> - blog.php</li><li><strong>woo_other_entries</strong> - 6</li><li><strong>woo_other_headlines</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_nav_footer</strong> - true</li><li><strong>woo_box_colors</strong> - </li><li><strong>woo_about</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_more1_ID</strong> - </li><li><strong>woo_more1_link</strong> - Click here for more info</li><li><strong>woo_more1_url</strong> - </li><li><strong>woo_more2_ID</strong> - </li><li><strong>woo_more2_link</strong> - Click here for more info</li><li><strong>woo_more2_url</strong> - </li><li><strong>woo_highlight_url</strong> - </li><li><strong>woo_cat_ex</strong> - </li><li><strong>woo_highlight_text</strong> - </li><li><strong>woo_feedburner_id</strong> - Feedburner ID</li><li><strong>woo_home_link</strong> - true</li><li><strong>woo_home_link_text</strong> - Home</li><li><strong>woo_home_link_desc</strong> - </li><li><strong>woo_header_layout</strong> - about.php</li><li><strong>woo_about_bio</strong> - </li><li><strong>woo_about_gravatar</strong> - </li><li><strong>woo_about_readmore</strong> - </li><li><strong>woo_ad_header_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_exclude_pages_main</strong> - </li><li><strong>woo_exclude_pages_footer</strong> - </li><li><strong>woo_featured_layout</strong> - large_no_ad.php</li><li><strong>woo_ad_block_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_block_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-300x250-1.gif</li><li><strong>woo_ad_block_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_related</strong> - true</li><li><strong>woo_image_width</strong> - 430</li><li><strong>woo_image_height</strong> - 170</li><li><strong>woo_feat_alt_width</strong> - 130</li><li><strong>woo_feat_alt_height</strong> - 85</li><li><strong>woo_image_single</strong> - false</li><li><strong>woo_single_width</strong> - 180</li><li><strong>woo_single_height</strong> - 120</li><li><strong>woo_ad_content_disable</strong> - false</li><li><strong>woo_homepage_image_link</strong> - false</li><li><strong>woo_footer_left</strong> - </li><li><strong>woo_inc_footer_left</strong> - false</li><li><strong>woo_footer_right</strong> - </li><li><strong>woo_inc_footer_right</strong> - false</li><li><strong>woo_minifeat_width</strong> - 218</li><li><strong>woo_pages_ex</strong> - </li><li><strong>woo_breadcrumbs</strong> - false</li><li><strong>woo_features_page</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_featured_tabs</strong> - </li><li><strong>woo_featured_category</strong> - Città di Potenza</li><li><strong>woo_featured_entries</strong> - 10</li><li><strong>woo_4col_height</strong> - 100</li><li><strong>woo_flickr_id</strong> - </li><li><strong>woo_flickr_entries</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_asides_category</strong> - Sport</li><li><strong>woo_asides_entries</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_ad_page</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_home_arc</strong> - false</li><li><strong>woo_tabs</strong> - false</li><li><strong>woo_popular_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_comment_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_video_category</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_content_feat</strong> - true</li><li><strong>woo_home_thumb_width</strong> - 247</li><li><strong>woo_home_thumb_height</strong> - 92</li><li><strong>woo_ad_top_disable</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_250_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_250_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-250x250.gif</li><li><strong>woo_ad_250_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_flickr_url</strong> - Flickr URL</li><li><strong>woo_2col_height</strong> - 200</li><li><strong>woo_1col_height</strong> - 200</li><li><strong>woo_block_image</strong> - http://www.lucianopetrullo.com/blog/wp-content/themes/livewire/images/300x250.gif</li><li><strong>woo_block_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_port_images</strong> - false</li><li><strong>woo_all_category_title</strong> - Categories</li><li><strong>woo_home_layout</strong> - 3_columns.php</li><li><strong>woo_archive_layout</strong> - 3_columns.php</li><li><strong>woo_show_carousel</strong> - false</li><li><strong>woo_feat_entries</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_home</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_mpu_disable</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_mpu_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_mpu_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/300x250a.jpg</li><li><strong>woo_author</strong> - true</li><li><strong>woo_home_one_col</strong> - false</li><li><strong>woo_feat_image_width</strong> - 540</li><li><strong>woo_feat_image_height</strong> - 195</li><li><strong>woo_thumb_image_width</strong> - 75</li><li><strong>woo_thumb_image_height</strong> - 75</li><li><strong>woo_single_image_width</strong> - 100</li><li><strong>woo_single_image_height</strong> - 100</li><li><strong>woo_post_size</strong> - false</li><li><strong>woo_single_thumb</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_footer</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_footer_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_footer_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-468x60-2.gif</li><li><strong>woo_twitter_enable</strong> - true</li><li><strong>woo_twitter_username</strong> - woothemes</li><li><strong>woo_about_enable</strong> - false</li><li><strong>woo_enable_blog_category</strong> - false</li><li><strong>woo_mid_exclude</strong> - </li><li><strong>woo_email</strong> - </li><li><strong>woo_vidpage</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_video_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_cat_thumb_width</strong> - </li><li><strong>woo_cat_thumb_height</strong> - </li><li><strong>woo_home_title</strong> - Latest from my blog...</li><li><strong>woo_portfolio_category</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_portfolio_posts</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_portfolio_resizer</strong> - false</li><li><strong>woo_twitter_user</strong> - </li><li><strong>woo_flickr</strong> - </li><li><strong>woo_delicious</strong> - </li><li><strong>woo_digg</strong> - </li><li><strong>woo_facebook</strong> - </li><li><strong>woo_linkedin</strong> - </li><li><strong>woo_lastfm</strong> - </li><li><strong>woo_youtube</strong> - </li><li><strong>woo_stumble</strong> - </li><li><strong>woo_content_home</strong> - false</li><li><strong>woo_content_archive</strong> - false</li><li><strong>woo_ads_inner_content</strong> - true</li><li><strong>woo_blog_category</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_home_secondary</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_cat_mid_1</strong> - false</li><li><strong>woo_menupages</strong> - </li><li><strong>woo_intro</strong> - </li><li><strong>woo_featpages</strong> - </li><li><strong>woo_ex_featpages</strong> - true</li><li><strong>woo_featheight</strong> - </li><li><strong>woo_addblog</strong> - false</li><li><strong>woo_blogcat</strong> - </li><li><strong>woo_catmenu</strong> - false</li><li><strong>woo_about_button_1</strong> - </li><li><strong>woo_content_left</strong> - false</li><li><strong>woo_content_mid</strong> - false</li><li><strong>woo_image_disable</strong> - false</li><li><strong>woo_not_mpu</strong> - false</li><li><strong>woothemes_settings</strong> - a:0:{}</li><li><strong>woo_button_link_1</strong> - </li><li><strong>woo_about_button_2</strong> - </li><li><strong>woo_button_link_2</strong> - </li><li><strong>woo_carousel_header</strong> - </li><li><strong>woo_scroller_category</strong> - Select a category:</li><li><strong>woo_thumbnail_1</strong> - </li><li><strong>woo_featured_1</strong> - </li><li><strong>woo_featured_1_linkout</strong> - #</li><li><strong>woo_thumbnail_2</strong> - </li><li><strong>woo_featured_2</strong> - </li><li><strong>woo_featured_2_linkout</strong> - #</li><li><strong>woo_thumbnail_3</strong> - </li><li><strong>woo_featured_3</strong> - </li><li><strong>woo_featured_3_linkout</strong> - #</li><li><strong>woo_thumbnail_4</strong> - </li><li><strong>woo_featured_4</strong> - </li><li><strong>woo_featured_4_linkout</strong> - #</li><li><strong>woo_show_mostcommented</strong> - false</li><li><strong>woo_logo_left</strong> - false</li><li><strong>woo_cat_nav</strong> - false</li><li><strong>woo_cat_list</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_ex_cat_footer</strong> - false</li><li><strong>woo_cat_list_footer</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_cat_box_footer_1</strong> - false</li><li><strong>woo_image_archives</strong> - false</li><li><strong>woo_archive_width</strong> - 140</li><li><strong>woo_archive_height</strong> - 90</li><li><strong>woo_ad_300</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_300_bot</strong> - false</li><li><strong>woo_exclude_pages</strong> - </li><li><strong>woo_exclude_cats</strong> - </li><li><strong>woo_steps</strong> - Select Format:</li><li><strong>woo_contact</strong> - Select a page:</li><li><strong>woo_blog</strong> - false</li><li><strong>woo_tabber</strong> - false</li><li><strong>woo_show_mpu</strong> - false</li><li><strong>woo_show_ad</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_below_image</strong> - /images/ad468.jpg</li><li><strong>woo_ad_below_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ad_leaderboard_f</strong> - false</li><li><strong>woo_ad_leaderboard_f_code</strong> - </li><li><strong>woo_ad_leaderboard_f_image</strong> - http://www.woothemes.com/ads/woothemes-728x90-2.gif</li><li><strong>woo_ad_leaderboard_f_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_alt_colours</strong> - default.css</li><li><strong>woo_aboutlink</strong> - </li><li><strong>woo_side_image</strong> - /styles/clean-light/images/ad-120x240.jpg</li><li><strong>woo_side_url</strong> - http://www.woothemes.com</li><li><strong>woo_ads</strong> - false</li><li><strong>woo_disclaimer</strong> - </li><li><strong>woo_exclude_pages_subnav</strong> - </li><li><strong>woo_subnav</strong> - false</li><li><strong>woo_feat_width</strong> - 280</li><li><strong>woo_feat_height</strong> - 210</li><li><strong>woo_smallthumb_width</strong> - 56</li><li><strong>woo_smallthumb_height</strong> - 42</li><li><strong>woo_homepage</strong> - layout-default.php</li><li><strong>woo_slider</strong> - false</li><li><strong>woo_tabber_pages</strong> - </li><li><strong>woo_inc_tabber_pages</strong> - false</li><li><strong>woo_intro_page_left</strong> - </li><li><strong>woo_inc_intro_page_left</strong> - false</li><li><strong>woo_intro_page_right</strong> - </li><li><strong>woo_inc_intro_page_right</strong> - false</li><li><strong>woo_mag_featured</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_mag_secondary</strong> - Select a number:</li><li><strong>woo_blog_navigation_footer</strong> - false</li><li><strong>woo_embed</strong> - false</li><li><strong>woo_home_featured</strong> - true</li><li><strong>woo_home_content</strong> - false</li><li><strong>woo_get_image_width</strong> - 190</li><li><strong>woo_get_image_height</strong> - 142</li><li><strong>woo_ad_200_adsense</strong> - </li><li><strong>woo_ad_200_image</strong> - </li><li><strong>woo_ad_200_url</strong> - </li></ul>