Il popolo dei cagnolini da salotto
Posted on 05. mag, 2021 by L.P. in Argomenti

La politica è inutile? Mi spiego meglio. Se la politica non ha un’idea di fondo, un obiettivo a lunga scadenza, cioè un immaginario paradiso da costruire, valori da proteggere, insomma ideali, è solo di intralcio. In altri termini senza ideali, al presente e alle sue urgenze meglio che ci pensi una persona competente, onesta e autorevole, come Draghi, si potrebbe esemplificare, e sempre che Draghi sia davvero il super eroe che dipingono.
La prova è sotto gli occhi di tutti, e mai come in questo periodo, le menate di Salvini o di Meloni, da un lato, di Letta o del 5 stelle di turno, dall’altro, sanno di cicaleccio stonato.
Il quadretto é più o meno questo: Draghi e qualche ministro che lavorano, e gli altri che sfilano in tv come fosse una passerella dove esibire lo slogan ultimo coniato.
Gli stonati refrain da un lato e la silenziosa laboriosità dall’altro.
E dico laboriosità, non altro, non sapendo ancora bene chi sia il vero datore di lavoro di questo governo.
Politica inutile, democrazia annullata, quindi, diciamo una nuova e riveduta versione di regime totalitario, dove è previsto un consenso bulgaro, la non discutibilità delle decisioni e un’opinione positiva indotta dell’attività di un governo senza un colore, un ideale, una politica, che deve suonare gradito agli ex idealisti di destra, sinistra, centro e mezze misure.
Funzionale e agghiacciante, come, proprio come nelle dittature.
Ne usciremo guariti e irregimentati, ma senza che la cosa allarmi, dolcemente, come conviene con un animale domestico, amato, obbediente e per niente smanioso di alcun protagonismo, tipo una bella cosa.
Augh!
Jet lag lucano, dal Quotidiano del Sud
Posted on 11. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Avete presente il jet lag? Sì? Ecco, moltiplicatelo per dieci, no, per venti, ma sì, facciamo per trenta e siete pronti per un viaggio a Potenza e provincia.
La distanza, infatti, che divide Potenza dal resto del mondo è superiore a quella che divide Roma da Melbourne. Giuro! E ve ne darò le prove.
Albero di Natale, luminarie e presepe si mettono su l’8 dicembre, quindi per vederle a Potenza ci devi aggiungere qualche giorno, perchè l’8 dicembre, da queste parti, arriva un pò dopo, giusto un pò.
La ristorazione internazionale? Tipo Sushi, kebab e cheese-cake? Sono arrivati qualche anno dopo che nel resto d’Italia, sempre a causa di quel jet lag dovuto alla particolare situazione geografica.
Ma l’apoteosi del differimento del tempo, mantenendo la stessa data e lo stesso orario l’abbiamo toccata in politica, perchè da noi un candidato di Forza Italia è arrivato a governare 25 anni dopo l’esordio in politica di Berlusconi, e proprio quando la sua stella sta tramontando mestamente.
Talchè a Potenza corre più o meno il 1994, oggi è più o meno il 6 del mese di dicembre e l’inverno, quello freddo freddo, è alle porte.
I grillini governeranno fra dieci anni o forse più, quando altrove non ne avranno più neanche il ricordo e le sardine le vedremo solo in tv nella serie di cartoni animati dei “Pronipoti” di Hanna & Barbera, quale futuro remoto da sognare e di là da vivere.
Insomma con calma e per piacere. Ah, dimenticavo, per il Natale in piazza avremo nientepopodimenoche Bobby Solo, Mario Tessuto e Peppino Gagliardi. Vuoi mettere?
E’ il prezzo che si paga a essere lontani, inaccessibili, inarrivabili. C’è chi può e chi no. Noi possiamo.
Ma nessun problema, basta munirsi di scorte di melatonina e il più è fatto.
Piuttosto pensate a quanti viaggi nel futuro abbiamo la possibilità di fare. A Matera e Salerno per le luminarie, a Roma per vedere un’autostrada, un Freccia Rossa e i 5 Stelle e a Bologna per vedere le sardine.
E niente, è tutto un fatto di rotazione dei pianeti, altro che disfunzioni.
Slow stile, dal Quotidiano del Sud
Posted on 08. dic, 2019 by L.P. in Argomenti

Dicono che i processi civili, in Italia, durino mediamente 3 o 4 anni. Nella Repubblica autonoma di Basilicata, no. O almeno a Potenza no. Noi, evidentemente serviamo per alzare significativamente la media o siamo esclusi dalle statistiche.
Un paio di settimane orsono, infatti, nell’ambito della mia infausta attività professionale, mi è stata notificata un’ordinanza che rinviava una causa, già vecchia di nove anni, perchè troppo giovane, o non abbastanza vecchia, oppure, dai, perchè ce me erano di più vecchie, di un ulteriore anno.
Quindi la velocità della Basilicata, intesa come velocità su gomma, grazie alla corsia unica della Basentana, su linea ferrata, grazie al Freccia Rossa a vapore e su codice, grazie ai processi decennali, è quella di una tartaruga reumatica con l’aggravante di essere indolente.
Gradirei conoscere le persone alle quali rivolgere un sentito ringraziamento.
Se è vero, infatti, come dicono taluni ammiccando, che una classe politica è indecente nella misura in cui lo è il popolo che la elegge, è altrettanto vero che esistono tantissime eccezioni, gente costretta a emigrare o a tacere o a passare per strana, che non merita lo stato delle cose esistente. Ed è a nome di questi, fra i quali non voglio annoverarmi per l’evidente conflitto di interesse (che sono bello e bravo non posso dirmelo da solo anche se è lo sport nazionale più praticato), che oggi chiedo alla classe politica intera se ha mai confessato a Dio onnipotente i suoi peccati. Come dire un attimo di dubbio sulla propria adeguatezza, un rimorso, un serio pentimento per quanto fatto, male, e non fatto, tanto. Un gesto che li riabiliti almeno da un punto di vista morale. No, nessuna punizione, ci mancherebbe, nessun risarcimento, figuriamoci, solo un passo indietro, finalmente umile, etico, cristiano.
A tale gesto, poi, dovrebbe accompagnarsi un minuto di silenzio da parte dei tanti che hanno sguazzato nella mediocrità, chiedendo un favore, elemosinando un diritto, barattando la propria dignità di cittadino per un vantaggio o una raccomandazione.
Sarebbe una rivoluzione.
Il concetto di democrazia, in fondo, è stato male interpretato: non significa, infatti, che tutti possono ambire a tutto, giammai. Significa solo che tutti hanno uguali diritti, partono senza vantaggi sugli altri e, poi, arriva prima chi è più bravo, con la conseguenza, rimarchevole, che ce ne avvantaggeremmo tutti, a essere guidati da chi vale di più.
Noi costituiamo uno Stato a parte. Uno Stato dove i miliardi del terremoto e il petrolio hanno partorito un non luogo, dove per bonificare un sito inquinato ci vogliono vent’anni così come per fare un piano paesaggistico; dove per indignarsi per l’invasione delle pale eoliche ce ne sono volute 1500, dove se una strada non ha buche per cento metri si ringrazia Iddio per tanta grazia, dove una superstrada dura due secoli, dove un processo si eredita come la casa o come un debito e dove, quando arriva una sciagura, si gioisce perchè ci saranno soldi pubblici da spartire.
Sì, siamo un’isola, forse non propriamente felice, come usava dirsi, ma lo siamo, la terza grande isola della Repubblica italiana.
PS: appello al ministro Bonafede. Con la prossima riforma della giustizia pare che i processi civili subiranno un’accelerazione mai vista. A prescindere dal come, che pure meriterebbe un approfondimento, dal momento che un ricorso al posto di una citazione difficilmente sanerà le ferite della giustizia, per dire, quello che interessa è se questa riforma riguardi pure la Repubblica di Basilicata, oppure, come sempre, noi si debba viaggiare a scartamento ridotto anche per la giustizia. No, giusto per sapere, sai com’è, tante di quelle volte fossimo inclusi nella riforma potremmo ritenerla una strenna per il Santo Natale.
Notizie dall’acquario, dal Quotidiano del Sud
Posted on 28. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Notizie dall’acquario?
Roger, negativo.
Ma è vero che si azzuffano fra amici?
Affermativo, fra avversari e fra amici, ma tutto nella sceneggiatura teatrale.
Avete indagato?
Negativo.
Meglio così, potrebbero venir fuori situazioni allarmanti.
Allora cosa si fa?
Rimanete in vigile attesa, ascoltate tutto, anche i bisbigli, le idee possono nascondersi nelle pieghe più minute, poi all’improvviso vengono fuori e fanno sfaceli. Ma fin quando non partoriscono idee è tutto sotto controllo.
Capo, io non vedo un’idea dai tempi dei Briganti.
Non esagerare, da allora hanno fatto la Basentana, ricordalo.
Vero. Ma poi basta.
Appunto. Speriamo che il letargo continui.
Del resto ci sono poche speranze.
Vero. Sarebbe un miracolo.
Ok. Allora noi comunque rimaniamo in ascolto.
Mi raccomando. Al primo segnale di idea lanciate l’allarme rosso, potrebbe essere letale. Ma fino a quando giocano a fare gli statisti, potete anche fumare una cicca.
Perfetto, capo.
A dopo, agente 07 e 3 10.
A dopo capo.
Passo e chiudo.
Pressappoco, circa, si sente in giro …, dal Quotidiano del Sud
Posted on 23. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Che, poi, le cose non stanno mai così come te ne è arrivata voce. Il “sentito dire”, ciononostante, è diventato il mezzo più autorevole del sapere. Passi quando si parla di gossip, ma quando si parla di sapere scientifico, tecnico, letterario, il “sentito dire” dovrebbe scomparire dal catalogo dei sistemi di apprendimento.
Non è così per tanti, però.
Mi capita di sentire avvocati cioncionare su questioni giuridiche per “sentito dire”, oppure perchè qualcun altro la “pensa così”, senza mai, e dico mai, riuscire a farsi un’opinione personale, purtroppo perchè privi degli strumenti di base e cioè del sapere.
Ma il fenomeno assume aspetti preoccupanti quando si parla dei politici. Questi sono un pò come i giudici, periti peritorum per legge, per definizione, per pigrizia, quella altrui.
Sanno tutto, almeno così danno a vedere; poi se scavi poco poco, t’accorgi che quel poco che tanto spavaldamente mostrano, è quel “sentito dire”, solo appiccicato, con la saliva, ma facile a staccarsi.
E’ l’epoca del superficiale, del pressappoco, del circa. Stuoli di dilettanti allo sbaraglio affollano le professioni, gli uffici, le direzioni generali, spesso anche gratis, o per pochi spiccioli.
Tante volte, poi, perchè non si pensi che cotanta superficialità sia servita senza contorno, a questo stato di impegno light, si aggiunge un surplus di pigrizia, che rende l’uomo armato solo di “sentito dire”, anche sfaccendato, inoperoso, allergico al lavoro. Altre volte il condimento preferito è la malizia, che sconfina, volentieri, nella malvagità e nella mania di onnipotenza. Forse proprio per questi signori hanno inventato la democrazia, che apre loro spazi infiniti di sottobosco parlamentare e non, dove far finta di, avendo sentito dire che, ma sempre, e qui c’è il miracoloso segreto, con la supponenza giusta per poter bluffare coi più.
Se lo Stato della burocrazia, della giustizia, delle professioni e della politica sono sempre più comatosi, la spiegazione sta in questo, e cioè nel fatto che il “sentito dire” dice poco e male e che non porta sapienza. Ma deve andare così. E se penso che anche l’insegnamento, spesso, è di questo tipo, penso che non c’è futuro.
Cioè, i veri bravi vanno via o fanno la fame o vengono ristretti in riserve, comunque limitati.
I professionisti del “sentito dire” impazzano e purtroppo governano pure. Viva l’Italia.
Qualità della vita, ma la vita di chi? Dal Quotidiano del Sud
Posted on 22. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Ehi, hai sentito? Potenza, ma anche Matera, è la città del Sud dovesi vive meglio. E tu a blaterare che non va niente bene e robaccia del genere. Da non credere. Ci avranno raccomandati? Voglio sperare di no, anche se il timore è fondato.
E sì, perché, pensa tu, per essere la migliore non avranno usato come parametro di certo i trasporti, questo è poco ma sicuro. Da noi, se non hai un auto sei bello e fritto. Gli autobus girano vuoti per decisione del consiglio comunale, che, in seduta pubblica, ha ritenuto di dover peggiorare il servizio al fine di renderlo inappetibile perché, hanno motivato, se nel Sahara non ci sono mezzi pubblici, allora è bene che non ce ne siano, funzionanti e funzionali, neanche a Potenza. Dice ma che c’entra il Sahara. Beh!, chiedilo a loro. Ma, di certo, se la solidarietà non è una parola a sproposito, la decisione mi sembra seria, di sinistra e da classica sardina.
Sì, le sardine, quelle che protestano contro l’opposizione che non governa. Unico caso al mondo, l’Italia, dove le manifestazioni le fa chi governa contro l’opposizione. Strambi, ok, ma mai banali.
Altro parametro che non avranno utilizzato sarà quello delle infrastrutture: non ne abbiamo, quindi, siamo belli così, “nature”. Hai qualcosa in contrario. No? E meno male.
Il terzo parametro non usato è quello delle barriere architettoniche. E hanno ragione, diamine. Perché le barriere stanno nella testa delle persone polemiche, quelle che non gli va mai bene nulla. Un gradino, una scalinata, e che vuoi che sia.
Non avranno usato neanche il parametro della disoccupazione, sicuro, e, quindi, dai, ci siamo, ora quasi quasi ci troviamo.
Ma allora hanno imbrogliato?
Ma che ne sai tu. Solo una raccomandazione, una parolina soffiata nell’orecchio, un pizzino, una telefonata a un amico.
Ma chi ci vuole così bene?
E che ti frega? A caval donato non si guarda in bocca.
Ok, va bene. Ma abbiamo vinto qualcosa?
Bella domanda. Non so. A occhio e croce, insomma, penso che qualcosa, beh, sì, qualcosa l’abbiamo vinta, tipo un pozzo in più, un tot di pale eoliche, un paio di inchieste di condimento, shekerate e, come oliva, il ponte di Montreale.
Siamo andati davvero bene.
Sì, che vuoi, a essere privilegiati si guadagna sempre.
Tutti presenti, dal Quotidiano del Sud
Posted on 15. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Alla stazione, alla partenza di Bocca di Rosa, c’erano tutti, dal Commissario al sacrestano, raccontava De Andrè, mancavano i politici. E certo, perché questi, i politici, non vanno alle stazioni ma alle inaugurazioni. Infatti, al taglio del nastro del ponte diMontreale c’erano davvero tutti, un esercito è parso, con amministratori vecchi e nuovi, tutti a festeggiare una delle opere più attese, ma anche solo una delle poche opere e basta.
A margine l’estetica (bello di sotto e brutto di sopra, come dire ha un bel corpo ma è brutto- da notare il sessismo all’incontrario, vera perla), a margine pure la rete di protezione e il guard rail che non protegge i passanti, ma forse la rete, ma che evidentemente rimane solo un fregio estetico di indiscutibile pregio, rimane la festa dei politici, quel dover esserci, farsi fotografare, apporre una firma. Devo immaginare fossero presenti davvero tutti, salvo qualche eccezione che nobilita l’assente, finanche o forse soprattutto, chissà, i responsabili di un’apertura davvero fuori tempo massimo.
Ecco, quella foto potrebbe diventare una foto segnaletica se i ritardi nel terminare le opere pubbliche fossero reato. Per dire, ovviamente. Ma il fatto che tutto, anche un ritardo scandaloso, finisca a tarallucci e vino e spumante e taglio del nastro e hip hipurrà e sorrisi e congratulazioni, non riesco a digerirlo. Sarà un mio problema di stomaco, è evidente. Così come questo voler esserci per forza, questo manifesto e spropositato presenzialismo, non ha un briciolo di eleganza.
Che, poi, diciamocela tutta, che c’è da festeggiare? Lo scampato pericolo che di un maggior ritardo di qualche ulteriore anno? O la grande impresa di aver ristrutturato un ponte malmesso? Suvvia. Oggi tutto diventa una celebrazione, una festa. Quindi si finisce per svilire proprio quelle che sono, davvero, occasioni da festeggiare, quei fatti eccezionali, rari, inconsueti, quelle manifestazioni del genio umano oppure quelle opere che possono fare la storia di una città, non una semplice ristrutturazione, peraltro sconclusionata, tardiva, che ha prostrato una parte della città per troppo tempo.
Dai, allora, cominciamo a festeggiare anche le responsabilità: di chi è la colpa del colossale ritardo? del maltempo? Bene, mettiamogli il muso e non usciamo più quando piove, snobbiamolo. Oppure la colpa è del fantasma formaggino? Magnifico, cancelliamolo dal nostro immaginario, ignoriamolo, non raccontiamone più le gesta. E, non appena individuato il responsabile, festeggiamo con cortei, sfilate e trombette, perché sarà, questa, davvero una giornata storica. Pensateci un attimo: “scoperto il colpevole del ritardo di un’opera pubblica, la prima volta in Italia! Lode agli investigatori. La Basilicata prima regione d’Italia ad averne individuato uno. La popolazione è in festa!”
Si scherziamoci su. In fondo pare serva per pareggiare i conti con la vanità, sempre in rosso. Ma la prossima volta, tipo fra trentasette anni, quando un’altra opera verrà ristrutturata o addirittura fatta da zero in questa città, giuro ci sarò pure io, Gigio Gigi, un cittadino qualsiasi, mi farò largo fra i politici per arrivare alla prima fila e farmi fotografare. E sarà anche questa una prima volta: un cittadino che festeggia al posto di un politico. Tiè.
Volontariato di Stato, dal Quotidiano del Sud
Posted on 12. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Un fenomeno in continua espansione, benchè affatto deformato o, se si preferisce, snaturato, è quello del volontariato. Si è sviluppato, infatti, fino a invadere campi nei quali tutto si sarebbe pensato tranne che sarebbero stati affidati a persone di buona volontà e, soprattutto, senza pagare una lira, oppure, organizzandolo in maniera sfrontata se non irresponsabile.
Io credo che il volontariato dovrebbe essere limitato a quelle zone dove non arriva lo Stato, per esempio o dove situazioni contingenti e personali impediscono che l’essere umano possa vivere come tutti. La raccolta e la distribuzione di indumenti o pasti, per esempio, agli indigenti, può trovare nei volontari ottimi ideatori ed esecutori materiali. Anche per offrire un servizio per così dire “in più” a chi ne avesse bisogno può essere materia di volontariato.
Ma quando uno Stato cede in subappalto i servizi che deve rendere per legge a volontari da non pagare o pagare simbolicamente, beh, allora c’è puzza di sfruttamento, mascherato da volontariato.
Per esempio, che presso gli ospedali servizi primari vengano affidati a volontari in pensione, che dovrebbero tappare le falle di un sistema allo stremo, senza che quella prestazione gratuita giovi ad altri che all’ente, non sta bene e per mille motivi. Innanzitutto non potrà essere preteso un impegno ancorato a obblighi contrattuali: se non sono pagato e oggi non ne ho voglia a lavorare non ci vado, per dirne una. Qualche ulteriore problema potrebbe essere causato da un servizio offerto da un lavoratore non organico all’ospedale, con ipotetiche conseguenze in riferimento alla eventuale responsabilità. Ma vi è di più. Il paziente potrebbe richiedere l’intervento del medico dell’ospedale, rifiutando la prestazione di un volontario? Mi viene da pensare e perchè no? Anche perchè il volontariato, come dice la parola, si basa sulle volontà e non risponde mai a uno specifico obbligo, mentre tale dovrebbe diventare un rapporto continuativo. Ma v’è di più, ancora. Un medico per lavorare per l’ospedale deve superare un concorso, il volontario no, finendo per fare le medesime cose e creando una evidente e ingiustificata disparità, fra medico e medico.
Poi c’è il mondo della giustizia. Questo senza l’apporto costante e indefesso dei giudici onorari soccomberebbe sotto il peso degli arretrati che, già coi giudici onorari, è poderoso.
Il magistrato onorario svolge le medesime funzioni del magistrato togato con l’unica differenza che il magistrato prenderà una pensione d’oro e il magistrato onorario no. Oppure mentre lo stipendio del magistrato è cospicuo, il gettone che prende il giudice onorario sa di mancia. Ma, lo ripeto, fanno le stesse cose. E, cosa ancora più grave, la giustizia costa tale e quale sia con lo stipendio del magistrato, sia che costi allo stato gli spiccioli del gettone dell’onorario.
Ancora. Gli onorari non superano un concorso, ma fanno giustizia uguale, non c’è un serio filtro per il loro reclutamento e finiscono per essere gli uomini di fatica della giustizia italiana.
Si rifiutassero tutti assieme di farsi schiavizzare, l’Italia processuale impazzirebbe, stando già in ginocchio.
Ma il fenomeno si allarga sempre di più e uno Stato accattone approfitta delle professionalità di tanti per affidare loro le sorti italiane in servizi essenziali, risparmiando un mucchio di quattrini. Ve l’immaginate un privato che accettasse di assumere un volontario che fa il lavoro di un normale dipendente, senza pagargli stipendio, contributi e Inail; passerebbe i guai. Lo Stato, ovviamente, no.
La cosa triste è che lo Stato approfitta e sfrutta senza vergogna. Fra l’altro creando le cosiddette sottospecie, e mi spiego: un magistrato onorario non verrà mai riconosciuto come vero magistrato, ma al più come precario, di conseguenza non godrà dell’autorevolezza che un magistrato deve avere, e finirà per ricevere un trattamento di serie B, dai cittadini, dagli avvocati e dai magistrati togati. Così per i medici volontari.
E’ lecito chiedersi, però, se sia giusto assumere responsabilità, correre rischi professionali, lavorare, senza quel riconoscimento previsto dalla Costituzione. Certo che non lo è e, questo italiano, è uno Stato miserabile che umilia professionisti, sfruttandoli e conservando inimmaginabili privilegi per i titolari.
Due ultime annotazioni. Negli anni 50, 60 e 70, sindaci e consiglieri comunali non venivano pagati e il gettone minimo e simbolico previsto veniva garbatamente rifiutato. E si trattava di gente che sacrificava il proprio lavoro per servire le istituzioni. Ecco, visto che i volontari vanno di moda, prevediamoli anche in politica. E infine, quanto manca al giorno in cui ci saranno poliziotti, netturbini e infermieri, professori e impiegati, tutti volontari, tutti a gettone e tutti morti d fame?
I comuni in rivolta, dal Quotidiano del Sud
Posted on 09. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

La notizia è che i Comuni della Basilicata, o almeno un buon numero di quelli della Provincia di Potenza, intesi come enti locali, i più piccini ma quelli che sono più vicini ai cittadini, hanno intenzione di organizzarsi per combattere l’invasione delle pale eoliche.
Queste, nelle loro diverse dimensioni, da quelle nane a quelleextra large, sono come un esercito conquistatore. Il mini eolico potrebbero fare la parte dei pedoni in una ipotetica scacchiera, quelle medie, alfieri, torri e cavalli, mentre le super pale, re e regina.
Di fronte una popolazione che, per volontà statale, nasce già battuta, solo pedoni, pare, infatti, peraltro disarmati, incapaci di un’andatura veloce, inermi di fronte alle piroette degli avversari, cui suona favorevole anche l’inerzia di altri più grandi enti locali.
La Basilicata pare abbia superato già la soglia del “sopportabile”in riferimento alle pale, cionondimeno l’avanzata dei barbari continua.
E dunque i Comuni hanno deciso di fare gruppo, mettere assieme competenze e popolazioni e combattere il nemico, o quantomeno cercare di farlo diventare meno onnipotente.
Parliamoci chiaro: con le pale chi si arricchisce non è il territorio, ma privati senza scrupoli. E chi deve sopportare ombra, rumore e paesaggio da “guerra dei mondi” (chi da piccolo aveva i libri della collana Utet “la scala d’oro” capisce a cosa mi riferisco), sono i lucani, privati anche di quel poco che gli era rimasto: pace, verde e paesaggio selvaggio.
Lo scotto che i lucani pagano alla gloria e allo stato è enorme e duplice: da una parte le estrazioni gratis (almeno per il momento pare) o comunque a prezzi scontati come fossimo sempre al periodo che segue la befana, con tutto quello che le estrazioni comportano in termini di sicurezza e salute, questioni a oggi irrisolte, dall’altro l’eolico più anarchico che si potesse immaginare.
Il primo complice responsabile, venduto al nemico, sembra la Regione Basilicata. Questa, fin dal 1999, aveva la possibilità di munirsi di un piano paesaggistico che avrebbe potuto contingentare, se non vietare, l’eolico, ma semplicemente non l’ha fatto. Una responsabilità enorme che, secondo me, ha causato danni altrettanto enormi e altri ne può ancora causare, talchè non mi sembra sbagliato immaginare anche un suo obbligo risarcitorionei confronti delle popolazioni; dall’altro intraprendere la strada del regionalismo differenziato che rimane possibile in materia ambientale. Con il regionalismo differenziato, cioè, ogni regione può diventare speciale, pattuendo competenze particolari in determinate materie, fra le quali, come detto, rientra quella ambientale.
Anche questo strumento è datato, ma la Basilicata non ha mai inteso ubriacarsi con il cosiddetto buco nero, e cioè il magma della conoscenza che spaventa, innanzitutto perché costa sacrifici studiare e poi perché magari le mani sarebbero rimaste un po’ più legate.
Il cosiddetto sistema Basilicata, il modello lucano, portato aesempio tante volte dalla sinistra italiana, oggi mostra le crepe e i disastri che ha provocato.
E quindi i Comuni hanno deciso di non lasciare niente di intentato. Hanno contro lo Stato, la Regione, fintantochè rimarrà passiva, ma sembrano arrivare barlumi di attivismo in materia, o almeno sono stati annunciati, e poi le società che investono, insomma hanno contro il mondo intero, ma hanno dalla loro parte le popolazioni che, unite, possono invertire finanche il senso di marcia delle lancette di un orologio.
I Sindaci promotori, costretti troppo speso a vestire i panni dei Don Chisciotte, per combattere contro i mulini a vento, si legga oggi “pale eoliche”, castigati da norme stupide e bilanci all’osso, sono diventati protagonisti, seri, nella difesa del territorio. E, se davvero riusciranno a mettere insieme le forze, senza distinzione di colore politico, e dovessero intaccare quel sistema che ci vede tutti soccombere a vantaggio di entità astratte e lontane, potrannocostituire la nuova frontiera della politica, per una volta ripiegata sui problemi della gente e, detto dell’Italia e della Basilicata, sarebbe, forse, davvero la prima volta, almeno da un gran bel pacco di anni.
Senso comune, non buon senso, dal Quotidiano del Sud
Posted on 05. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Mi sbaglierò ma a me sembra che stiamo vivendo l’autunno di una lunga stagione cominciata alla fine del secondo conflitto mondiale. E, come allora, c’è stanchezza, paura e gli sforzi fatti in questi ultimi anni hanno provocato, come disse Keynes alla fine della prima guerra mondiale “una eclissi -che io spero temporanea- delle nostre facoltà di sentire o curarci di ciò che esorbita dai problemi immediati del nostro benessere materiale”.
Non abbiamo combattuto una terza guerra, ma lo stato d’animo è uguale a come se la stessimo facendo già da qualche anno.
Lo spirito è lo stesso: uno schietto “mors tua vita mea” sorregge e dá forza a un senso comune che non è buon senso, tutt’altro. Questo si nasconde ed evita di fare cupolino di fronte all’imperante e ormai de-moralizzato senso comune, nè più e nè meno che ai tempi dei promessi sposi, come raccontava Manzoni.
Anche i saperi, la saggezza, il “prudente apprezzamento” del buon padre di famiglia, come richiamato dalle nostre leggi più importanti, sono scomparsi e il risultato è un vivere di giorno in giorno anche lì dove solo programmando e guardando lontano può sperarsi in un miglioramento. La politica è affidata a personaggi piatti, per lo più incapaci di provvedere a se stessi e quindi figuriamoci come si può pretendere che provvedano per gli altri.
Basta sentirli parlare, o vedere cosa producono in termini di leggi o riforme: minchiate assolute che chiamano riforme, non sapendo di bestemmiare.
La facilità con la quale la nostra pseudo-democrazia, meglio chiamarla oligarchia di partiti e finanza, affida le chiavi del governo a individui cui manca l’esperienza anche per faccende di nessun conto, è impressionante per quanto irresponsabile.
Ma questi fortunati sorteggiati indossano i panni degli statisti e disquisiscono, convincendo solo loro stessi, giocando ai ministri col culo degli italiani. Pensate, solo Alitalia perde miliardi all’anno, senza che un governo, negli ultimi vent’anni, abbia saputo metterci mano. Altrove funziona così? Non credo.
Senza i debiti di Alitalia è possibile che non ci avrebbero tassato anche l’aria che respiriamo, per esempio.
Da anni si parla di uniformare le spese degli enti pubblici, diverse da regione a regione, per esempio in campo sanitario, ma il risultato è solo quello che primario diventa il più raccomandato e che le liste di attesa per esami urgenti sono biblici. Una vergogna inaudita che sono riusciti a far passare come problemi insolubili con l’abilità del senso comune, non del buon senso, sia chiaro.
E quindi oggi secondo il senso comune è finanche normale che per ottenere una cartella clinica tu debba fare cento chiamate a un telefono che non risponde, senza poter protestare, perchè allo sportello non ci puoi andare, ma solo telefonare. Sempre per esempio.
E che dire delle prenotazioni, molto difficili da fare, tranne che non le si faccia tramite farmacie convenzionate.
La vita è diventata impossibile ed è più rasserenante rinunciare che pretendere quello che tocca.
Quindi, per tornare a Keynes, viviamo all’ombra delle nostre coscienze, offuscate dai bisogni primari del consumo per il consumo.
Poi ci distraiamo con le commissioni contro l’odio, che suscitano odio, ci indigniamo per il razzismo, ma facciamo buu allo stadio, ci commuoviamo per la Segre, ma facciamo i razzisti con la destra, rea anche solo di pensarla diversamente sul comma di un deliberato.
È vero, i soldi cominciano a mancare sul serio, ma la nostra spiritualità fa la fame da tempo immemorabile.
Se poi ci mettiamo che pure il Potenza
Quella volta che Eni tremó davanti al gladiatore, dal Quotidiano del Sud
Posted on 03. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Nel corso di una conferenza stampa il consigliere Pittella ha dichiarato che, quando c’era lui, a governare, l’Eni aveva tremato, a cotanto pavido comportamento costretto dalla strenua e ferrea difesa del territorio e degli interessi dei lucani posta in atto dalla sua giunta.
Registro il dato che, all’epoca, mi era sfuggito, ma sicuramente per colpa mia, ci mancherebbe.
Ma solo immaginare, sebbene in ritardo, il colosso petrolifero svestito della prepotenza tradizionalmente attribuitolgli e della sua attitudine a far tremare, piuttosto che il contrario, mi inorgoglisce, perbacco.
Noi siamo gente tosta, pfui, a noi non la si fa, non so se mi spiego.
Infatti le estrazioni, sotto il terrore dei governi di Basilicata e con l’Eni spalle al muro, ci hanno arricchito di occupazione, buon ambiente, salute, soldi e soprattutto infrastrutture; dai, si scherza.
L’unica strada seria, infatti, che attraversa la Basilicata è la Basentana, tale e quale da quando venne realizzata. Ovviamente ora ha qualche corsia in meno, ma che vuoi gli anni passano e riparare una strada così importante, ricca di ponti e belle vedute, richiede tempo, quindi pazienza.
La seconda arteria di un certo peso è la due corsie della Potenza-Melfi, nume ispiratore d incidenti stradali di ogni genere e specie. Entrambe, più o meno, sono più vecchie dell’arrivo delle royalties, che, quindi, non hanno contribuito a rendere la nostra terra normalmente percorribile.
Quanto ai Rivarossi di noialtri, e cioè ai trenini, a parte il bel muso del Freccia Rossa costretto a marciare in seconda perchè le linee non sopportano velocità superiori ai 70 km/h, sono paragonabili, e neanche, alle linee più vecchie delle metropolitane delle città meno attrezzate. Porti e aeroporti, no grazie, preferiamo sfruttare le linee limitrofe.
Il progresso che è arrivato, quindi, con le estrazioni è palpabile altrimenti che con infrastrutture, salute e occupazione. Potremmo scovarne i segni evidenti nei capodanno in regione, per esempio, o in altre situazioni che al momento mi sfuggono, e mi scuso per un tanto.
Ecco, l’Eni, costretta a tremare dalla paura, ha favorito la produzione di qualità di scetticismo, ironia in generale e supponenza nei politici i quali, a parole, sono tutti ostacoli insormontabili, ma nei fatti, sono buoni solo per le conferenze stampa.
Va bene, non fa niente, ci basta averli fatti tremare, una vittoria non da poco. Per il resto non ci attacchiamo ai soldi e a quello che coi soldi si può fare; siamo gente semplice, suvvia, ci accontentiamo di poco; una raccomandazione, una pacca sulla spalla e l’Eni che trema. Sì, basta e avanza.
La curva sud dei parlamentari, dal Quotidiano del Sud
Posted on 02. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

La vita si svolge su binari che talvolta si intersecano, talvolta corrono paralleli, come verso un’identica meta, e tal’altrasviluppano percorsi in maniera fantasiosa, con curve rettilinei e curve ancora. Ogni tanto c’è una stazione e i treni, che siamo noi, si fermano, si cambiano, si rifocillano, cambiano opinione, si associano, si alleano e via, verso un nuovo viaggio secondo un altro binario.
No, tranquilli, non si tratta di una crisi mistica o di un ragionamento che pretenda di essere filosofico, nulla di tutto questo, gli è che pensando agli italici avvenimenti, tutti compresi, mi è venuto di pensare a questa storia dei binari.
Infatti accade che un politico di sinistra (ometto la parola centro perché mi sembra davvero inutile, stante il radicalismo di facciata che colora i nostri partiti, radicalismo che crolla al primo rischio di perdere il potere, salvo farne nascere un altro immediatamente, dico di radicalismo: es. mai col PD, ma dopo poco tempo, mai con la Lega, il tutto senza cambiare neanche la cravatta), bene dicevo accade che un politico di sinistra, ebbene sì, combatta una battaglia affianco a un politico di destra (anche in questo caso ometto la parola, che per anni è sembrata magica, di centro). Pensavo a Gianni Pittella che, sotto la bandiera della sua napoletanità calcistica firma con altri parlamentari di fede opposta (almeno fino al momento in cui scrivo questo articolo) una interpellanza o interrogazione sulla presunta malafede o cos’altro degli arbitri, rei di aver favorito il pareggio dell’Atalanta nel confronto coi partenopei.
Ecco, quei binari che correvano uno da una parte e uno dall’altra, magicamente hanno cominciato a correre paralleli per una nobile causa calcistica.
Magari succedesse anche per battaglie politiche, forse, e il forse è da sottolineare, saremmo un po’ più civili, ma tant’è.
Sulla finanziaria si scannano, oggi, domani chissà, sui migranti pure, ma sul calcio no.
Ecco, la fede calcistica ha più valore di quella politica e anche religiosa: si può diventare buddisti e ritornare cattolici, oppure si può diventare musulmani, perdere la fede o ritrovarla, credere in Marx e rimanere delusi, diventando liberali, credere nel federalismo e poi no, nella Padania indipendente e poi vincere le elezioni in Basilicata, essere statalisti, capitalisti, e poi socialisti, credere nello stato sociale ma il giorno dopo accorgersi che no, che cazzo stavo pensando, odiare Bersani e poi amarlo, pensare che Renzi sia un bluff e poi ritenerlo il più abile di tutti, insomma si può tutto e il contrario di tutto, ma non nella fede calcistica, eh!, là no, perbacco, non scherziamo, diamine, qua si parla di cose serie, di cose di cuore, di anima e di testa: se sei dell’Inter o del Napoli, sarai sempre e felicemente dell’Inter o del Napoli.
La coerenza italica è strettamente ancorata al campionato di calcio, si esaurisce tutta lì e quindi come puoi pretendere di trovarne altrove?
Fenomeno bizzarro, se vogliamo, da studiare, va bene, perché no, ma cominciamo a farci seriamente i conti. La gente litiga, i politici ancora di più, con quel pizzico di esibizionismo da mostrare in tv, ma avete mai visto litigare due tifosi del Napoli sulla loro fede? Potranno discutere se Milik sia un bidone o un campione, ma il Napoli deve vincere, non so se mi spiego. Uniti nella battaglia, a fianco a fianco nell’urlare “chi non salta peperone è”, mano nella mano al giro di campo dopo una vittoria, o abbracciati stretti stretti al gol del centravanti. Cappero, c’è da imparare.
E allora perché non mettiamo a frutto la passione calcistica, quella che ci lega indissolubilmente più e meglio di un matrimonio? Niente più partiti, ma solo tifosi. Un parlamento di curve nord e sud e vedrete che le leggi saranno giuste, i politici non si sbraneranno fra di loro e cesseranno quei miracoli in base ai quali la legge di bilancio è contemporaneamente un capolavoro e una schifezza purulenta, perché sarà unanimemente celebrata come una rovesciata di Ronaldo. A unire tutti indissolubilmente sarà la fede calcistica, il giusto collante che non tradisce mai, altro che ideali, teorie politiche, o religioni, pfui!
-Ma come mai non ci avevamo pensato prima?
-E che ne so, qua si va sempre di corsa e le cose vere, belle, serie ci sfuggono sempre.
E per finire in bellezza, amici, la serie A sarà il Parlamento, la serie B, le regioni, la serie C i comuni e la serie D gli enti vari, comitati, Autorità e cose del genere, con tanto di promozioni e zona Champion. Tutti uniti, tutti con lo stesso scopo, far vincere l’Italia. Questo finale è un po’ salviniano e già berlusconiano, lo ammetto, ma considerato che mi viene da ridere solo scrivendo, spariamoci pure l’inno di Italia, tutti in piedi mi raccomando, mano destra sul cuore e andiamo a giocare un’altra bella partita. Del resto si sa che l’inno lo cantiamo solo alle finali del campionato del mondo.
Finanziaria in maschera, dal Quotidiano del Sud
Posted on 01. nov, 2019 by L.P. in Argomenti

Come ogni anno assistiamo alla carnevalata della legge finanziaria.
Diversamente non la si può chiamare, e non perchè siamo malati della malattia più italiana del mondo e cioè di disfattismo, ma perché i politici sono capaci di vestirla, e mascherarla, nella maniera più variegata possibile.
Prendiamo il premier che parla di un’ottima manovra “redistributiva”, alla Robin Hood, cioè, perché toglie ai ricchi (cosa?) per donare ai poveri (aricosa?). Oppure prendiamo qualcun altro che dice che è una manovra che rilancerà i consumi, non aumenta le tasse ed è profondamente giusta. Poi passiamo la barricata della maggioranza che governa e andiamo dalla parte dell’opposizione. Da queste parti la manovra fa ridere, è ingiusta e aumenta le tasse in maniera subdola ed esagerata, fa sentir il tintinnio delle manette per i commercianti e non per i grandi evasori, che tali sono e tali rimarranno.
Magnifico.
Come possa essere letta in maniera così differente, la stessa manovra, rimane un autentico mistero che, devo presumere, verràsvelato solo dal mio commercialista ai primi pagamenti.
Parliamoci chiaro: delle due l’una; una parte politica mente e una dice la verità. Oppure, versione light, mentono entrambe al 50%.
Eppure se scrivo 50, perbacco, è 50 e non 80 o 30. Perché, allora, quando un numero lo scrive il legislatore si può leggere 20 o 120 o 75 o 246?
Come posso avere fiducia di cotanta allegra e spensierata leggerezza?
Comunque che i politici mentano è fatto notorio. Che tutti lo sappiano, pure. Ed ecco spiegato l’incipit: questa manovra, né più e né meno delle altre è una carnevalata, che tizio veste da batmane Caio da fata turchina. Facile concludere che i politici siano tutti Pulcinella e che il carnevale della finanziaria sia, però, il carnevale meno festoso al mondo, perché, a parte la messa in scena, è sempre una tragedia.
La morale: una classe politica così è una calamità naturale; altrove avrebbe prodotto scioperi a oltranza, scioperi della fame, scioperi delle tasse, tumulti, disordini e manifestazioni, se non proprio la rivoluzione. Dalle nostre parti, con gli italiani che hanno tutti, bene o male, fatto il militare a Cuneo, diventa uno spettacolo da balera di quattro soldi, posti solo in piedi, senza bisogno di prenotazione, tanto lo spettacolo te lo mettono in busta paga.
Per il prossimo anno, possibile che le parti si invertano, ma lo spettacolo rimarrà sempre quello di carnevale: chi oggi denigra la legge, domani se ne farà portabandiera e viceversa. Ma, in fondo, del resto e giacchè rimaniamo il paese di Pulcinella, con tutto il rispetto per la maschera, vuoi che non si possa festeggiare il carnevale una volta di più?
Abbiamo bisogno di martiri, non di eroi, nè di guappi, dal Quotidiano del Sud
Posted on 31. ott, 2019 by L.P. in Argomenti
Nessuno si pone più l’obiettivo di combattere le ingiustizie.
Posto che tale categoria, quella delle ingiustizie, si è modificata negli anni arrivando a comprendere anche fenomeni prima ritenuti estranei alla dicotomia giusto-ingiusto, quali, per esempio, la lungaggine dei processi (non a caso, infatti, la costituzione parla di giusto processo, ben conoscendo come sia facile che esso diventi ingiusto, appunto), è acclarato, almeno credo, che la disoccupazione, l’inquinamento, la povertà, i privilegi, l’ignoranza, i disservizi, siano tutte conseguenze di macroscopiche ingiustizie, tutte ormai digerite quali disfunzioni strutturali e metabolizzate come mali necessari, senza che il sistema sia più messo in discussione alcuna.
Eppure i marxisti di una volta, giammai i suoi nipoti dell’odierna sinistra, ma anche i religiosi, sebbene da angolatura diversa, combattevano perché le ingiustizie scomparissero. I primi combattendo il sistema, i secondi mediante l’auspicata mutazione della coscienza di ognuno che favorisse una dimensione trascendente della vita, cioè combattendo le cattive coscienze e salvando, o rimanendo allo stesso indifferenti, il sistema.
Oggi il sistema non lo discute più nessuno e dio solo sa quanto, invece, sarebbe seriamente criticabile, fondandosi su consumi crescenti e su una finanza selvaggia che arriva a privare della libertà di scelta interi territori (vedi Basilicata per estrazioni ed eolico) ovvero a saccheggiarli impunemente.
Delle ingiustizie, vero cancro della nostra società, si parla, invece, solo come problemi anche importanti, ma non fondamentali, per i quali una soluzione prima o poi si troverà. Nessuno ha come obiettivo quello di eliminarle, le ingiustizie, combattendo le cause delle stesse: diseguaglianza sociale, indifferenza, discriminazione, povertà, le nuove forme di schiavitù, una democrazia bacata, una partecipazione civica solo a parole, ecc.
La capacità di metabolizzare disastri, sventure, omicidi, rapine, commerci di droga davanti alle scuole, corruzione, scandali di portata regionale siccome planetaria, guerre, distruzione sistemica di specie animali, della flora più importante, criminalità organizzata, tirannie, capi e capetti tanto crudeli quanto vanitosi, si è talmente perfezionata da inaridire cuori e coscienze.
Siamo semplicemente indifferenti a tutto quello che capita attorno a noi, che sia vicino, vicinissimo o lontano, purchè non riguardi la stretta sfera dei nostri sentimenti.
Da tale aridità nasce una politica incompetente, autoreferenziale, brava solo a riprodursi, incosciente e irresponsabile.
Ne seguono, quali prodotti biologici consequenziali puri, facce toste a iosa, presuntuosi doc, saccenti del nulla, eccellenze della vanità.
Ma non c’è morale alla fine di queste brevi considerazioni. Il 68ha combattuto le ingiustizie e creato i mostri di oggi, ha seminato per l’attuale desertificazione, non per una messe rigogliosa, ha illuso e poi deluso. Sarà che contro il sistema, qualunque esso sia, non si può vincere. Ma almeno combattere si può. La bandiera bianca che da anni è issata sulle nostre coscienze e sventola imperturbabile, non ci fa onore. Una resa inspiegabile ma che non può essere definitiva.
Ecco, più che di statisti ed eroi dell’ultima ora, c’è bisogno di martiri, nuovi testimoni di valori dimenticati. Sì, lo so, non vannodi moda; oggi vanno di moda campioni, star, modelle, politici, miliardari, peccatori e bestemmiatori seriali, altro che martiri.
OK, come non detto.
L’abbraccio mortale del PD, dal Quotidiano del Sud
Posted on 30. ott, 2019 by L.P. in Argomenti

Insomma l’alleanza fra giustizialisti e giustizialisti light non funziona. L’aver gridato “In galera! In galera!”, non ha entusiasmato nessuno.
Il fatto è che se tu, 5 Stelle, per anni, mi indichi il diavolo, individuandolo nel il PD, ottenendo la mia stima, la mia fiducia e, soprattutto, il mio voto, e poi, ti metti d’accordo proprio col PD e dichiari che “oh, come si governa bene col PD, altro che Lega”, rischi di passare per un affabulatore da quattro soldi, perdi la credibilità conquistata e imbocchi la strada dei numeri decimali.
Non solo. Ma se mi hai abituato agli streaming, quindi alla trasparenza più assoluta, poi non prendi a comportarti come qualsiasi partito della prima o seconda repubblica.
Se quella diversità, palesata oltre che minacciata, la compromettiper rimanere al governo, alias per il bene del paese, o alias “la politica è mediazione”, mentre fino a ieri la politica tutto era meno che mediazione, e poi quella stessa mediazione la intavoli con tizio e con caio, ma anche con sempronio, alternativamente, superficialmente, stupidamente, non puoi pretendere che il gregge continui a seguirti.
E se poi, infine, viene fuori che il reddito di cittadinanza non ha prodotto un posto di lavoro e che lo percepiscono anche gli spacciatori, vuol dire pure che la genialata del secolo era una bufala mastodontica e offensiva della dignità di ogni italiano.
Quanto al PD.
La sua autoreferenzialità, la sua supponenza, la sua perfida malizia politica, che lo porta sempre al governo attraverso canali ancora sconosciuti, ma che tutto sono tranne che canali amanti dell’Italia, sono sue caratteristiche strutturali che, da partito del popolo e per il popolo, lo hanno fatto diventare partito delle oligarchie, italiane ed europee.
Il risultato umbro è un po’ di tutto questo: un fantastico, macroscopico, ineffabile autogol, il frutto schietto, cioè, di quello che riescono a produrre in termini di idee e azioni gli odierni governanti associati.
La Lega ci ha messo poco di suo. Dagli errori estivi poteva uscire distrutta, ma con cotanti avversari ha recuperato alla grande.
Ora, alle prossime regionali, il governo attuale segnerà un’altra sconfitta, è già scritto, e si tornerà alle urne, vincerà la destra, ma finirà ancora per implodere, bacata dalla propria conclamata insipienza politica, che rimane purtroppo e gravemente solida, e assalita dagli avversari europei, che, senza scrupolo alcuno, proveranno a impoverirci armati della più selvaggia finanza e il gioco riprenderà, col PD al governo, ma senza 5 Stelle, nel frattempo sparpagliatosi per l’orbe terraqueo della politica italiana.
No dai, speriamo che non si ripeta tutto ancora una volta. Speriamo, dai.
Sì, speriamo, tanto non costa niente.
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